Pierre Carniti era un sindacalista di grande intelligenza e coraggio, caratteristiche che gli hanno consentito di guadagnarsi rispetto e credibilità anche fuori dal mondo sindacale.
Negli anni della sua attività nei metalmeccanici non fu solo il convinto assertore dell’esigenza di costruire un modello di rappresentanza unitario, come fu la Flm, ma seppe anche proporre l’idea di una contrattazione collettiva che si estendeva dai problemi presenti nei luoghi di lavoro (salario, riconoscimento professionalità, sicurezza, orario) fino agli interventi sugli assetti e sulle strategie delle imprese.
La crisi dell’industria primaria (siderurgia e chimica in primis) e delle grandi imprese manifatturiere come la Fiat e la Pirelli venne gestita dal sindacato con grandissimo senso di responsabilità. Erano i primi effetti della globalizzazione dei mercati e della competizione tra aree geografiche avanzate e paesi emergenti. Carniti fu tra i sostenitori convinti che rifiutava la difesa sterile dell’esistente e che contrattava anche le ricadute più dolorose delle ristrutturazioni su chi lavorava, e nel contempo cercava di definire modelli organizzativi e assetti produttivi in grado di valorizzare l’innovazione e di far crescere l’idea di competizione “alta” legata alla conoscenza.
Pierre fu convinto sostenitore della politica della riduzione dell’orario. La considerava uno strumento importante per redistribuire il lavoro, riducendo la fatica e difendendo l’occupazione. La sua determinazione incontrò lo scetticismo delle altre organizzazioni e la contrarietà delle imprese.
I risultati sul tema orario furono modesti ma il valore anche culturale di quella proposta era e resta molto alto. Non casualmente si ripropone oggi in una fase di riorganizzazione del sistema produttivo non dissimile da quello degli anni ’70, anche se prodotta da tecnologie e sistemi comunicativi diversi da quelli di quegli anni.
La sua «voglia» di unità non si realizzò né in categoria, né in Confederazione. Tuttavia ha segnato stagioni importanti nella difesa del lavoro e nell’estensione dei diritti di chi lo pratica. La contrattazione aziendale messa in equilibrio e connessione con i contratti nazionali ha contribuito a dare vita ad un modello di relazioni industriali unico in Europa. Quel modello prende vita negli anni della direzione di Carniti alla Fim prima e in Cisl poi. In sintonia con i segretari che hanno più di altri lavorato con lui: Lama, Trentin, e Benvenuto.
Il suo carattere all’apparenza burbero e la sua determinazione hanno dato grande efficacia alla sua comunicazione. Di lui una cosa mi colpì particolarmente: la capacità di difendere l’autonomia del suo sindacato e la sua personale. Dopo la dura vicenda della riduzione della scala mobile fatta per decreto dal governo Craxi, che ruppe i rapporti tra Cisl Uil e la Cgil (anch’essa peraltro divisa al suo interno) si aprì una fase molto difficile di relazione tra le organizzazioni.
La Cisl e la Uil avevano condiviso la decisione del governo e la componente comunista della Cgil (pesantemente condizionata dal Pci di Berlinguer) l’aveva osteggiata fino a sostenere il referendum abrogativo che venne promosso. Nella polemica aspra che ne seguì la Cisl e in particolare Pierre vennero accusati di subalternità al governo e di condivisione di appartenenza occulta. Pierre non rispose mai polemicamente, ripropose con la solita determinazione le sue opinioni e proseguì per la sua via dimostrando l’infondatezza dei rimproveri che gli venivano mossi. Anche in questo comportamento confermò il profilo fuori dal comune.
Per Pierre ho sempre avuto stima e grande rispetto.
*già Segretario Generale della Cgil