E se non fossimo più nei “cambiamenti”, ma fossimo invece nel “già cambiato”? Siamo sicuri che sia giusto e utile aggrapparci alla speranza del non compiuto insito nel termine “cambiamento” e sperare che i fenomeni siano ancora reversibili?
I risultati di ricerca sui temi ambientali, sulla complessità,sul valore sistemico e non puntiforme delle azioni che compiamo, ci dicono che non stiamo più nella fase in cui è possibile il ritorno alle condizioni ambientali e climatiche dello status quo ante, cosa che il termine cambiamento può indurre a presupporre.
Molte ricerche di chimica e fisica di questi ultimi decenni e ancora di più gli studi sulla complessità, sinteticamente esprimibili con Ilya Prigogine (premio Solvay nel 1965 e Nobel nel 1977) e i suoi studi sui processi irreversibili nella termodinamica, ci hanno spiegato che non si torna indietro: una volta abbandonato l’equilibrio ‘A’, non è più possibile ripristinarlo.
La storia del mondo nei suoi cambiamenti lo dimostra: ogni cambiamento strutturale (formalmente espresso e percepibile) ha comportato una nuova vita del pianeta.
Dopo che con le nostre azioni abbiamo determinato nuove condizioni biologiche e di equilibrio e comunque condizioni di diversità, queste nuove condizioni cercano le loro nuove stabilità, i loro nuovi equilibri e i loro nuovi comportamenti.
È sotto gli occhi di tutti la tragedia dell’Emilia Romagna per dimensione, intensità e frequenza. La Regione del buon governo sta franando per le conseguenze dei mutamenti nati da regole e azioni sbagliate che colpiscono territori indeboliti nei processi insediativi e trasformativi. Essendo convinto della correttezza politico-amministrativa nel governo di questo territorio, bisogna concludere che sono stati amministrati correttamente principi e regole sbagliate.
Le recenti alluvioni non sono eventi isolati e imprevedibili, esprimono mutazioni che cercano nuovi equilibri nell’alternanza tra siccità e pioggia, in cui diminuiscono le precipitazioni nevose e in cui lo zero termico supera i 4000 metri di quota per molti periodi dell’anno sciogliendo ghiacciai e modificando flussi e consistenze della rete idrica superficiale e sotterranea. Non parliamo poi dell’innalzamento del livello degli oceani e dell’aumento del calore delle loro acque.
Entriamo nel vivo dell’ultima notizia. Il 14 maggio sono stati pubblicati i dati sul debito ecologico dell’Italia per il 2023; secondo questi dati, i prossimi 230 giorni sono tutti in debito ecologico con il Pianeta.
A metà maggio il giro di boa: dalla parità al debito, abbiamo sforato la sostenibilità nell’esercizio delle nostre azioni di vita. Siamo diventati insostenibili.
È l’Overshoot Day 2023, è il giorno del debito ecologico, è il giorno in cui ogni Paese inizia a chiedere all‘ecosistema Terra più di quanto può dare e a restituire CO2 e altri gas serra annessi in quantità superiore a quella che il sistema terra può assorbire.
È inutile pensare che questo non porti conseguenze strutturali. La politica dello struzzo non solo non serve, ma danneggia. Qualsiasi debito porta conseguenze negative, figuriamoci quando rappresenta (in giornate/anno) il 65,71%.
Ma non siamo i peggiori.
Se leggiamo il grafico che segue, abbiamo la visione di ciò che accade negli altri Paesi rispetto alla contrazione del debito ecologico:
A DICEMBRE SOLO IN 9, ITALIA POCO MEGLIO DI FCIA E
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Francia e Germania sono arrivate all’Overshoot Day dieci giorni prima di noi, la Spagna tre giorni, ma non credo che stiano festeggiando. Il Qatar (debito ecologico raggiunto il 10 febbraio) deve imparare che la corruzione risolve i godimenti congiunturali, e che deve vergognarsi di aver messo l’aria condizionata negli stadi (una parte per il tutto).
Nella media mondiale l’earth overshoot day del 2022 era caduto il 28 luglio, nel periodo 1971/75 a dicembre mentre nel 2023 a dicembre arrivano solo Giamaica, Equador e Indonesia.
Per informazione generale, il giorno del debito ecologico viene calcolato sui dati statistici del National footprint and biocapacity accounts delle Nazioni Unite che si riferiscono alla produzione di gas serra, alla produzione di energia, agricoltura, edilizia, gestione di ambienti urbani e forestali.
Abbiamo accennato al peso ecologico dell’Italia in giornate-debito, ma le cose non vanno meglio se le misuriamo sull’impronta ecologica. In media in Italia servono per ogni cittadino 4,3 ettari globali; la Terra ha a disposizione per ogni abitante 1,6 ettari globali, dal che si evince che ogni nostro connazionale avrebbe bisogno di un ”Pianeta Terra” 2,69 volte più grande.
Per capire come ci possiamo allegramente e dispendiosamente fare del male, riporto solo il dato dello spreco alimentare che raggiunge mediamente circa 67 Kg pro-capite. Dimezzandolo (e quindi risparmiando), guadagneremmo 13 giorni di debito ecologico.
Il motivo per cui ho iniziato proponeno di pensare seriamente al consolidamento delle mutazioni è questo: la quantità di debito del 2023 è sostanzialmente uguale a quella del 2022 ma i fenomeni negativi e le “anomalie” sono aumentati e peggiorati.
Per memoria riporto i dati mondiali dell’ultimo quadriennio riguardanti l’overshoot day: 2019 = 29 luglio; 2020 = 22 agosto (periodo della pandemia); 2021 = 30 luglio; 2022 = 28 luglio.
Anche quando abbiamo avuto piccoli vantaggi (se pur solo di pochi giorni), le negatività dovute alle mutazioni climatiche si sono acuite; i periodi di siccità e di pioggia, di caldo e di freddo hanno proseguito nei loro andamenti diversi, anomali e peggiori (rispetto ai parametri dello status quo ante) a dimostrazione che i cambiamenti sono strutturali e non congiunturali, e come diceva Prigogine i processi in termodinamica sono irreversibili.
Del resto il club di Roma (soprattutto con Tiezzi) aveva avvertito: i tempi storici che stiamo vivendo sono più veloci dei tempi biologici. Oggi i tempi biologici che la terra si prende per il suo RI-equilibrio sono più veloci dei tempi che noi ci stiamo prendendo per praticare lo sviluppo sostenibile; quello che è peggio è che i tempi del Pianeta Terra sono indifferenti alle nostre pene e ai nostri conflitti.