Fin dalle prime battute questa campagna elettorale sta delineando un Paese ad un bivio: o proseguire lungo linea politica incarnata dal governo Draghi, assumendo tutte le scelte necessarie per affrontare le sfide che l’Italia ha di fronte fin dal prossimo autunno, o scegliere la strada incerta e avventurosa del centrodestra a guida Giorgia Meloni.
Un’alternativa netta che sembra contrastare con il discorso di Draghi al Meeting di Cl a Rimini, al termine del quale ha augurato che “L’Italia ce la farà anche questa volta, con qualsiasi governo, se non si dividerà”, da molti considerato una implicita legittimazione del possibile governo di centrodestra. Ma se riflettiamo sul senso strategico del suo intervento, scopriamo che il suo intento si regge su una analisi molto impegnativa e su una condizione dirimente. Dopo aver elencato i numerosi problemi affrontati nella sua esperienza di governo e il quadro delle questioni che il Paese ha di fronte, Draghi ha precisato: “Queste questioni, nel loro insieme presentano un passaggio storico drammatico che deve essere affrontato con profondità di analisi e coraggio di azione. Le decisioni che prendiamo oggi sono destinate a segnare a lungo il futuro dell’Italia”.
Alla luce di tale impegnativo compito, che richiede un’Italia forte in un’Europa forte, la condizione di non dividersi diventa imprescindibile, tanto che taluno ha intravisto, in tale presupposto, una sua indiretta disponibilità a tornare alla guida del governo, dopo il voto, nel caso in cui il risultato lo richiedesse. Anche per Draghi, dunque, questa elezione rappresenta un vero spartiacque che segnerà il futuro del Paese. Del resto, a ricordarci tale realtà, è comparso sui mercati finanziari un esplicito tentativo di speculazione finanziaria internazionale sul nostro debito, una sorta di punizione per la cacciata del governo Draghi.
Man mano che le prospettive si chiariscono il bivio di cui sopra appare sempre più radicalmente vero. L’Italia in autunno, di fronte a una possibile recessione internazionale, è chiamata a continuare, aggiornando e perfezionando la strategia di sostegno alla crescita tramite la prosecuzione del Pnrr entro la triplice transizione ecologica, energetica e digitale, ridando respiro alla produttività del sistema economico, aumentando la qualità e la quantità del lavoro ben retribuito, e l’ulteriore qualificazione dei servizi del welfare. Ciò in un contesto di difesa della Costituzione e di diffusione dei diritti civili e sociali.
L’alternativa proposta dal centrodestra a guida Meloni, profondamente segnata dall’ideologia della destra antieuropea, è frutto della sommatoria di scelte contraddittorie dei diversi partiti della coalizione (presidenzialismo, golden power, flat tax, revisione PNRR, blocco dei migranti), con effetti devastanti sul bilancio pubblico, nonostante le inconsistenti rassicurazioni della leader di Fratelli d’Italia. Una linea che rivela da subito il suo carattere di rottura degli equilibri costituzionali del Paese, una regressività sui diritti civili, e una curvatura corporativa in economia tramite promesse incompatibili con lo stato dei conti pubblici. Una linea aggravata dall’assenza di una classe dirigente in grado di guidare e governare il Paese, tanto che il tentativo di risolverla inserendo nelle liste alcuni politici settantenni di ieri, dimostra soltanto il vuoto pauroso della qualità del personale politico della destra.
L’esito di questa campagna elettorale si giocherà essenzialmente sulla capacità di rendere consapevole l’elettorato circa la vera posta in gioco. Non sarà un compito facile, perché la strategia di gran parte dei partiti tende ad occultare tale realtà sotto la coltre di irreali promesse che trasmettono una visione strumentale e distorta dello stato del Paese. Lo dimostra anche la reazione del popolo di Cl al Meeting di Rimini che, pur non essendo politicamente sprovveduto, ha applaudito, con analoga convinzione, sia Meloni che Draghi pur essendo le loro posizioni antitetiche.
A questa situazione sta cercando di opporsi la coalizione di centrosinistra guidata dal Pd di Letta, che sta impostando la campagna elettorale in termini di radicale contrapposizione alla destra di Meloni, con una serie di manifesti che, tramite il contrasto tra il rosso e il nero, pongono, sulle varie questioni in campo, le proprie posizioni in antitesi a quelle della destra. Non è detto che questa sia, in ogni caso, la posizione elettoralmente più redditizia, avendo presente che, spesso, lo scontro favorisce le posizioni più allettanti, ma va apprezzato il tentativo di privilegiare l’esigenza di verità sulla natura ed entità della posta in gioco a possibili vantaggi più immediati. Mentre la campagna elettorale si sta sviluppando in termini di crescente conflitto tra le tesi opposte, il suo esito rispetto al futuro della democrazia italiana, richiede la partecipazione attiva e convinta dei cittadini. per evitare brutte avventure che il Paese pagherebbe in modo forse del tutto impensabile.