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Fiscalmente conviene essere autonomo e non dipendente

Le retribuzioni dei lavoratori dipendenti sono soggette all’Irpef, l’imposta sul reddito delle persone fisiche, imposta progressiva che aumenta il carico fiscale al crescere dell’imponibile. Oltre all’Irpef nazionale i lavoratori dipendenti, come i pensionati, sono soggetti anche alle addizionali regionali e comunali diverse per dimensioni e struttura da regione a regione e da comune a comune.

La struttura dell’Irpef nazionale con la presenza nei due scaglioni intermedi di detrazioni decrescenti all’aumentare dell’imponibile accentua il problema del fiscal drag già presente a causa dell’elevato tasso di inflazione.

Chi non risente dell’applicazione della progressività dell’imposta, dei problemi inerenti al fiscal drag ed è esente dalle addizionali locali sono i lavoratori autonomi che optano per il regime di flat tax. Per loro infatti vige l’aliquota unica del 15% e sono esenti dalle addizionali regionale e comunali.

La flat tax per gli autonomi fu introdotto nel 2016 con il limite di fatturato o di ricavi di 30.000 euro, con un reddito da calcolare in misura forfettaria (per un professionista il 78%, 23.400 euro).

Nella LdB per 2019 il governo giallo/verde Conte1 portò il limite di applicabilità del regime a 65.000 euro di fatturato, l’ultima legge di bilancio a 85.000 euro.

Il governo Meloni, inoltre, ha introdotto per il 2023 per gli autonomi in regime ordinario una flat tax incrementale al 15% sugli incrementi di reddito rispetto al maggiore dei redditi dichiarati nel triennio precedente (2020-2022), ridotto del 5%, fino a un importo massimo di 40 mila euro.

Qual è il vantaggio degli autonomi in termini fiscali rispetto a un lavoratore dipendente? Sui giornali si è letto di tutto, la CGIA di Mestre, solitamente seria, ha affermato che nonostante la flat tax un autonomo subisce complessivamente una trattenuta fiscale e contributiva superiore a parità di reddito rispetto a un dipendente. L’osservatorio della Cattolica e La Voce hanno dimostrato esattamente il contrario.

Il problema sta nel punto di partenza nel confronto. Va ricordato in primo luogo che la soglia della flat tax fa riferimento al fatturato non al reddito. Per passare dal primo al secondo occorre applicare l’indice di redditività, diverso a seconda dei settori. Per i liberi professionisti è pari a 78%, ma vi sono anche indici di redditività più bassi per settori nei quali è possibile scaricare, in caso di non opzione per la flat tax, più costi dal fatturato.

Nell’esempio qui presentato si considera l’indice di redditività dei professionisti e una aliquota contributiva del 26,23% valida per i liberi professionisti iscritti alla gestione separata Inps.

Si è sostenuto, anche da parte del governo, che i lavoratori autonomi subiscono un peso contributivo maggiore rispetto ai dipendenti dato che per questi una parte dei contributi è a carico dell’impresa. In realtà, a parte la teoria economica sulla traslazione dell’imposta, basterebbe guardare la definizione di reddito di lavoro della contabilità nazionale per rendersi conto che così non é. I redditi da lavoro dipendente sono definiti come il compenso complessivo riconosciuto da un datore di lavoro a un lavoratore dipendente e sono ripartiti in retribuzioni lorde e contributi sociali a carico dei datori di lavoro. Il fatto che i contributi sociali siano tutti a carico dell’impresa, tutti a carico del lavoratore o ripartiti, nulla cambia né ai fini dell’imponibile fiscale del lavoratore e, quindi della retribuzione netta, né ai fini del costo del lavoro. Il lavoratore avrà in ogni caso lo stesso reddito netto, il datore di lavoro spenderà in ogni caso lo stesso ammontare di costo del lavoro. Il lavoratore autonomo non subisce quindi una trattenuta contributiva maggiore di quella di un dipendente. Per un confronto si può partire dal reddito calcolato forfettariamente (78% rispetto al fatturato) confrontato con il reddito (costo del lavoro) del dipendente, oppure, come nell’esempio, direttamente dall’imponibile fiscale, ossia dai redditi meno i contributi. Quello che non si può fare è iniziare il confronto partendo da un lato (autonomi) dal reddito e dall’altro (dipendenti) dalla retribuzione lorda.

Nella tavola sono riportati per un raffronto la pressione fiscale sui redditi netti di importo simile di lavoratori metalmeccanici e di lavoratori autonomi nel 2023.

Lavoratori metalmeccanici   
LivelliImponibileAliquota*PDImpostaAliquota*RMImposta
QUADRI 8^63.53333,821.489,835,722.666,6
IMP. 7^50.45330,915.603,632,716.488,7
OPERAI/ IMP. 5^S – MEDIA37.37225,89.631,426,69.924,8
OPERAI/ IMP. 5^33.63523,47.859,224,08.071,1
OPERAI 3^26.73918,14.829,018,74.997,4
Lavoratori autonomi



FatturatoImponibileAliquotaImpostaAliquotaImposta
85.00048.91015,07.336,515,07.336,5
64.95037.37215,05.605,815,05.605,8
58.45433.63515,05.045,315,05.045,3
46.46926.73915,04.010,815,04.010,8

Nel considerare la pressione fiscale sui livelli metalmeccanici si sono considerate le addizionali del comune di Padova e della regione Veneto, e del comune di Roma e della regione Lazio che possono essere considerate i due estremi opposti del peso delle addizionali. Le più basse nel primo caso le più alte nel secondo.

La retribuzione imponibile dei quadri non trova confronto dato che l’imponibile di un professionista che aderisce alla flat tax con un fatturato di 85.000, pari alla soglia, è sensibilmente inferiore e confrontabile solo con l’imponibile di un impiegato di 7° livello. Il confronto tra i due vede l’impiegato metalmeccanico soggetto a una pressione fiscale pari al doppio di quella del professionista.

A livello di retribuzione media la differenza di imposizione fiscale è di 10 punti, pari a circa 4.000/4.300 euro l’anno.

La differenza si riduce sensibilmente per il livello più basso considerato, circa 3 punti pari a 800 euro l’anno nel caso di Padova, 1.000 euro nel caso di Roma, in buona parte dovuti alle addizionali.

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