C’è o ci può essere un rapporto ovvero un link (per essere più attuali) fra ius soli, età pensionabile, diritti individuali e di welfare, oneri sociali e via enumerando?
Forse sì, ma molto dipende a chi si rivolge la domanda.
Intanto ognuno si ricorderà che mentre alla vigilia dello scioglimento delle Camere quello del riconoscimento della cittadinanza italiana ai nati in Italia da genitori stranieri ed ivi residenti era il tema pressoché esclusivo del dibattito politico, ora, in piena campagna elettorale, nessuno ne parla più, perché dovrà essere prerogativa e responsabilità del nuovo Parlamento. E le altre iniziative legislative e di rilievo politico no?
Certo non è una domanda alla quale può rispondere l’uomo della strada, il quale però può farsela quando apprende dall’ISTAT che negli ultimi anni si è verificato un consistente (e preoccupante a giudizio unanime) calo delle nascite, al quale tuttavia corrisponde il dato di 800.000 potenziali beneficiari immediati della cittadinanza italiana ai soggetti dotati dei requisiti richiesti dal disegno di legge sullo jus soli, ove fosse approvato.
L’ulteriore passaggio porta a domandarsi se un riassestamento ex lege della situazione demografica può essere benefico, medio tempore, non solo per i beneficiari del conseguimento della cittadinanza italiana, ma anche per lo Stato italiano, ad esempio per il bilancio dell’INPS che, secondo la Corte dei Conti, farà registrare per il 2017 un saldo negativo di 9,8 miliardi di Euro.
E’ chiaro che questo tipo di operazione è il contrario di un intervento occasionale stile “bonus”, ma dovrebbe essere gestito in un contesto di efficace lotta all’evasione contributiva e di formazione programmata della forza lavoro.
Ma è il contrario anche di un braccio di ferro su chi puo’ essere agevolato con uno sconto sull’età pensionabile ispirato all’asserita onerosità dell’attività lavorativa svolta.
La conclusione quindi sembra essere che il link c’è e il problema è come gestirlo in un quadro complessivo di politica economica e quindi di un coerente programma di legislatura con la prospettiva di tornare a distinguere le persone in base alla loro cittadinanza e non alla religione professata.