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Il possibile, l’impossibile e il necessario.

Il G20 italiano: si è svolto nel bel mezzo della pandemia da Covid19, nel quadro di una profonda crisi del multilateralismo che vede l’influenza negativa e crescente di due grandi potenze politiche ed economiche, il cui tratto distintivo è soprattutto la mancanza di democrazia: Cina e Russia. Ma anche l’India è intervenuta con tutta la zavorra del suo governo nazionalista e conservatore.  Un confronto complicato che ha visto 20 Paesi con livelli di democrazia, trasparenza, sviluppo, visioni e politiche, talmente divaricanti, tanto da rendere quasi impossibile l’attuazione di quelle fondamentali scelte, necessarie ad affrontare efficacemente le sfide sempre più globali che si stanno palesando per l’intera umanità. 

Autoritarismi, egoismi e nazionalismi, sono stati i molti ostacoli che la leadership italiana ha dovuto affrontare e qualche volta aggirare.

Non pochi sforzi sono stati fatti, durante le lunghe negoziazioni, dagli sherpa e da coloro che volevano vedere realizzarsi reali passi in avanti nella assunzione di impegni di follow up, verificabili nel tempo, soprattutto nel tempo breve, che non coincide certo con il 2050 e tanto meno con il 2060, definito da Pechino. 

Fino all’ultimo si è rischiato un reale insuccesso, proprio per l’indisponibilità di Pechino, Mosca, Nuova Delhi a fare coraggiosi passi avanti unitari sui temi centrali come i cambiamenti climatici, e la distribuzione dei vaccini nei paesi in via di sviluppo.

Come sottolineato da Guterres, Segretario Generale ONU “La ripresa amplifica le disuguaglianze. Questo è immorale”.

Le economie avanzate, stanno investendo quasi il 28 per cento del loro prodotto interno lordo nella ripresa economica. Per i paesi a reddito medio, tale indice scende al 6,5 per cento. Per i paesi meno sviluppati, è meno del due per cento, una quantità del tutto insufficiente anche solo per mantenere l’attuale gap con le nazioni più ricche.

 Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) prevede che nei prossimi cinque anni la crescita economica cumulativa pro capite nell’Africa subsahariana sarà del 75% inferiore a quella del resto del mondo. Si sa che, purtroppo, nelle istituzioni internazionali i passi avanti sono troppo spesso lentissimi e contraddittori e soprattutto che il G20 non ha mai adottato posizioni realmente incidenti per affrontare queste contraddizioni.

Ma oggi, abbiamo un problema mastodontico: non si possono più aspettare i lenti rituali e le generiche dichiarazioni di principio delle diplomazie e dei grandi interessi finanziari, politici ed economici.

L’emergenza del Climate Change e quella sociale causata dalla pandemia da Covid19, si aggiungono ai crescenti divari economici e sociali nei paesi, e tra le nazioni; tempo non ne rimane molto e in assenza di impegni precisi si rischia di arrivare al punto di non ritorno sia sulle questioni climatiche sia su quelle sociali ad esse sempre più direttamente connesse. 

Lo hanno scritto, inascoltate (ovviamente), le donne di Noi Rete Donne in un bel documento in vista del G20: “Il G20 italiano ha il dovere adottare impegni per il rafforzamento delle istituzioni multilaterali che permettano una risposta globale, forte  e condivisa alla crisi pandemica e all’indebolimento della governance economica globale, individuando azioni, impegni di follow up, metriche e indicatori verificabili per la loro attuazione,  garantendo innanzi tutto l’accesso alla salute pubblica e al vaccino per tutti, ma anche l’assunzione di un piano di azione condiviso, che metta al centro l’inclusività della ripresa ed un profondo cambiamento istituzionale e operativo, che  valorizzi la capacità di resilienza, che le donne hanno saputo dimostrare in questa durissima fase”( il testo integrale del documento è in allegato). 

 

Per molto tempo ancora, il G20 italiano sarà l’ultimo coordinato da un paese europeo e da un paese che ha puntato a produrre un cambiamento e una svolta positiva nelle decisioni a livello multilaterale.

Nessuna decisione coraggiosa visionaria si è alla fine potuta prendere sui tre temi fondamentali scelti dall’Italia: People, Planet, Prosperity. Temi trasversali, al centro del lavoro di un intero anno da parte di ministri, sherpa, esperti, società civile. 

Una fatica di Sisifo per cercare di cambiare di segno gli impegni futuri per salvare il pianeta, renderlo più giusto e inclusivo. Ma come ha sottolineato il Segretario Generale ONU: “le speranze sono state disattese, anche se non sepolte”.

Sappiamo tutti, che i paesi del G20 rappresentano il 80% delle economie mondiali il’75% del commercio, il 60% della popolazione mondiale, ma anche l’84% delle emissioni di gas serra, derivanti dall’uso di fonti fossili di energia.

L’attività di preparazione del G20, avviata dalla Presidenza italiana, ha visto mobilitarsi 13 gruppi di lavoro, engagement Group (Women20, Youth 20, Business20, Labour20, Urban20 Civil20 Science 20, che hanno presentato le loro raccomandazioni prima del vertice dei Capi di Stato e di Governo. Tredici riunioni ministeriali, ed eventi speciali, con l’obiettivo di portare i risultati alla COP26 di Glasgow, presieduta in tandem da UK e Italia. 

Le 13 ministeriali hanno definito principi, raccomandazioni, procedure, di lavoro e impegni che, sicuramente non hanno quel respiro politico chiesto dal capo dell’ONU, anche se non possono essere sottovalutate. 

In tutto 20 Dichiarazioni e comunicati delle riunioni ministeriali e 29 altri documenti di altrettanti Gruppi di Lavoro rappresentano i punti di accordo di merito oltre le dichiarazioni finali. 

In particolare il  Fourth Progress Report on the G20 Action Plan, sostenuto dai Ministri delle finanze e dai Governatori delle Banche Centrali del G20 offre un quadro importante del lavoro messo in piedi, su tematiche trasversali complesse, connesse con gli impegni dei ministri delle finanze e delle banche centrali: “Nello spirito di mantenerlo come un documento vivo, gli FMCBG del G20 si sono inoltre impegnati a rivedere, monitorare regolarmente l’attuazione, aggiornare e riferire sul Piano d’azione del G20, come strumento di riferimento per guidare la nostra risposta”. Anche la G20 Sustainable Finance Roadmap, definisce un Action Plan, i soggetti e i tempi per l’attuazione dei singoli punti concordati.

Passi avanti importanti, ma non corrispondenti all’emergenza attuale.

Già prima dell’apertura del G20, il Segretario Generale ONU Guterres nella sua conferenza stampa a Roma, dichiarava: “Se vogliamo un vero successo – e non solo un miraggio – abbiamo bisogno di più ambizione e più azione. Ciò sarà possibile solo con una massiccia mobilitazione della volontà politica. E ciò richiede fiducia tra gli attori chiave. Oggi la fiducia scarseggia. Ci sono serie questioni di credibilità. Vediamo livelli pericolosi di sfiducia tra le grandi potenze. Tra i membri del G20. Tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo, comprese le economie emergenti”.

 

E a Glasgow, dove non ci sono solo i governi dei G20, la cosa è ancora più complicata e nonostante le mobilitazioni straordinarie dei giovani dei Fridays For Future, sembra che il mondo sia rimasto sostanzialmente sordo alle necessità di salvare il pianeta e i suoi abitanti.

La sfida è sotto gli occhi di tutti ormai. È tempo di cambiare. È tempo di un impegno globale ora. E’ tempo di rilanciare un multilateralismo serio e efficace per noi e per la nostra terra. Ma bisognerà trovare gli strumenti e, soprattutto le energie individuali, collettive, sociali e politiche, per obbligare i governi, le istituzioni internazionali a rispondere dei loro ritardi e ad assumere le necessarie difficili e spesso impopolari decisioni.

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