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Gas e petrolio, le domande necessarie

Mentre cadono le bombe è difficile concentrarsi sulle conseguenze economiche della guerra. Ma con quelle conseguenze abbiamo a che fare fin d’ora e alcuni aspetti vanno chiariti. Tra questi c’è la questione di come le nostre bollette di gas ed elettricità saranno influenzate. Il prezzo delle bollette, che si era già impennato prima del conflitto, aumenterà ulteriormente visto l’ulteriore balzo dei prezzi internazionali soprattutto del gas naturale (non parliamo di quello che accadrebbe se il flusso di gas russo si interrompesse). Tre domande sono in proposito rilevanti.

Primo, in che modo l’aumento dei prezzi internazionali del gas si riflette sul costo delle bollette? I prezzi delle bollette sono in gran parte prezzi regolati. Ci pensa l’Arera (l’Autorità di Regolazione per l’Energia Reti e Ambiente) a fissare trimestralmente il prezzo di gas e elettricità. Per fissare questi prezzi Arera usa formule che tengono conto del costo di approvvigionamento della materia prima, dei costi di trasporto, eccetera. Le formule sono complicate (fan venire il mal di testa solo a guardarle). Ma, almeno per il gas (per l’elettricità le cose sono ancor più complesse), Arera usa come elemento di costo di approvvigionamento i prezzi del gas naturale sul mercato internazionale Ttf. Il che significa che il prezzo in bolletta non è determinato dai costi effettivi di importazione del gas, ma dai prezzi del gas per transazioni sui mercati internazionali.

Secondo, qual è allora il prezzo a cui l’Italia importa gas? Non si sa, però è possibile che, in questo momento, sia più basso di quello usato da Arera come costo dell’approvvigionamento. Le forniture di chi importa gas in Italia (Eni in primis) sono regolate da contratti a lunghissimo termine (pluridecennali). In questi contratti il prezzo del gas è indicizzato, ma non necessariamente al prezzo internazionale del gas (come, per esempio, quello del sopracitato Ttf). In passato i contratti del gas erano solitamente indicizzati al prezzo del petrolio e dei suoi derivati. Si è poi diffusa l’indicizzazione al prezzo del gas spot sui mercati internazionali, ma sembra che molti contratti in essere utilizzino ancora l’indicizzazione al prezzo del petrolio con un adeguamento molto ritardato nel caso i prezzi spot cambino di molto. In che proporzione non si sa, ma c’è chi dice che tra metà e due terzi dei contratti sono indicizzati al petrolio. In questo momento, c’è una bella differenza tra indicizzazione al gas e indicizzazione al petrolio. Per esempio, tra gennaio 2021 e gennaio 2022, il prezzo del petrolio è aumentato del 57 per cento, quello del gas del 389 per cento. Se una parte rilevante delle nostre importazioni è ancora indicizzata al petrolio il costo dell’approvvigionamento utilizzato da Arera potrebbe essere ben superiore a quello effettivo. Il che comporterebbe che famiglie e imprese starebbero pagando più del necessario a vantaggio delle imprese importatrici i cui profitti starebbero aumentando vertiginosamente.

Terzo, cosa si dovrebbe fare? Conoscere per deliberare, diceva Einaudi. Immagino che al governo qualcuno si sia occupato del problema. Ma serve, in ogni caso più trasparenza, perché ci sono di mezzo, potenzialmente, parecchi miliardi di euro che possono finire nelle tasche delle imprese importatrici o di famiglie e imprese. Qual è il vero costo delle importazioni italiane di gas? Quale percentuale dei contratti di fornitura è indicizzata al petrolio piuttosto che al gas? E quali indici, precisamente, sono utilizzati per l’indicizzazione? Una volta risposto a queste domande, ci si potrà chiedere se sia appropriato cambiare il sistema di fissazione dei prezzi delle bollette e, in subordine, se si debba farlo permanentemente o temporaneamente, vista l’eccezionalità della situazione. Ovviamente si deve evitare di creare deficit occulti in società pubbliche o semipubbliche. Ma ridurne profitti di importo altrimenti abnorme è realistico. Il governo francese ha deciso di calmierare il prezzo a cui Edf distribuisce l’elettricità, con una riduzione dei ricavi della compagnia di 8 miliardi, solo per un terzo compensato da una ricapitalizzazione, il che fa pensare che si cerchi di ridurne gli extra profitti. Si potrebbe sostenere che interventi di questo genere sono ingiustificati in un’economia di mercato: se hai comprato gas a un prezzo buono sei stato bravo e ne devi beneficiare. Ma, qui stiamo parlando di mercati regolati dove la concorrenza non opera. In ogni caso, il primo passo è quello di chiarire la questione con una maggiore trasparenza sui prezzi a cui l’Italia sta importando gas. Magari il problema non sussiste. O forse sì. Meglio chiarire.

 

*da Repubblica, 27/02/2022

  

 

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