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I difficili ostacoli per sostituire il gas russo

Germania, Olanda ed Italia hanno dichiarato a più riprese che l’autonomia dal gas russo richiede ancora due anni; solo nel 2024 si potrà farne a meno, sostituendo gas che arriva via tubo con gas liquefatto. Le implicazioni sono almeno tre: primo, o ci si adeguerà alle richieste del pagamento in rubli o sarà necessario avviare severe politiche di razionamento sin da subito; secondo, vi sarà più competizione sul mercato dove la capacità di liquefazione richiederà tempo per adeguarsi alla domanda europea aggiuntiva; terzo, vi siano sufficienti navi gasiere (Fsru), considerate l’opzione meno costosa e più rapida rispetto ai rigassificatori. 

Quanto a prepararsi al razionamento, era evidente che le rassicurazioni dei mesi scorsi del nostro Ministro della Transizione ecologica sulla capacità dell’Italia di far fronte alla domanda valeva solo fino all’inizio del prossimo inverno; oggi le scorte sono ai minimi, su livelli di poco inferiori rispetto alla media storica d’inizio della stagione più calda. Se avessimo provveduto a ridurre i consumi già nei mesi scorsi saremmo in posizione marginalmente più favorevole, ma avremmo preso consapevolezza per tempo che un razionamento sarà con grande probabilità necessario. Ciò avrebbe aiutato forse ad intraprendere alcune azioni necessarie per accelerare la sostituzione non solo del gas russo ma del gas di qualunque provenienza.

 La crescita delle rinnovabili non è infatti “impetuosa”, come ha dichiarato il Ministro. La richiesta di autorizzazione nei primi 4 mesi 2022 si è infatti molto ridotta rispetto all’ anno precedente, per il venir meno di alcune certezze. Tale dinamica si può in parte spiegare col fatto che nei primi mesi del 2021 le nuove norme avevano ridato fiducia agli operatori bloccati dalle lungaggini amministrative generando un’ondata consistente di richieste dopo lo stallo di molti anni, ma l’efficacia delle nuove norme è ancora tutta di dimostrare. 

Il Governo, inoltre, non ha chiarito la propria politica presentando un piano che sostituisca il vecchio Pniec, con nuovi obiettivi più ambiziosi per le rinnovabili, né indetto nuove aste. Il Pniec non era adeguato nemmeno a rispondere agli obiettivi europei Fit for 55 pre-guerra Ucraina, e a maggior ragione non è in linea con le nuove necessità. L’Italia del resto non sembra allinearsi con gli indirizzi impressi dalla Ue in risposta alla crisi russa: REPowerEU prevede che entro il 2030 la diversificazione delle fonti di approvvigionamento del gas riguardi solo 1/3 dei fabbisogni storici di gas russo, il nostro Ministro per la transizione ha dichiarato che saremmo in grado di sostituire con Lng il 75% del gas russo entro il 2024. Saranno investimenti che tenderanno a vincolarci a nuovi fornitori, per quanti anni? 

Quanto alle altre questioni, il tema delle disponibilità di Fsru si presenta critico: le tre navi gasiere richieste dall’Italia (una a noleggio) si aggiungono ad altre 5/6 richieste dai Paesi nord europei; la disponibilità di navi libere sul mercato secondo gli analisti è pari a 5 unità, forse altre 3 potrebbero essere liberate in tempi rapidi dai contratti che le legavano ad altri paesi; la realizzazione di nuove Fsru richiede tempi doppi per le difficoltà di approvvigionamento dei materiali per costruirle e quindi potrebbero arrivare non prima del 2027. 

L’elemento favorevole potrebbe essere il fatto che le navi disponibili non sono adeguate ai freddi mari del nord. Nel frattempo comunque i costi per il loro noleggio sono aumentati di oltre del 50% e la competizione per le Frsu spingerà i paesi più poveri (come Sri Lanka, Brasile, Panama) verso l’uso di fonti meno costose e più inquinanti.

*da InPiù, 10/05/2022

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