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I numeri dell’industria del videogames in Italia

L’Italia si sta ritagliando sempre più spazio nel settore del gaming. Del resto, il mercato videoludico italiano segna numeri interessanti: nel 2016 si registra un giro di affari complessivo di 40 milioni di euro (nel 2014 era la metà, intorno ai 20 milioni). Anche il numero delle persone che lavorano in questo settore oggi (poco più di 1.000) è maggiore quasi del 50% rispetto al 2014. Si tratta di occupati in aziende di ridotte dimensioni: la metà circa degli operatori (47%) lavora in strutture che vanno da 1 a 5 collaboratori/collaboratrici. Il 42% degli studi di sviluppo di videogiochi ha invece più di 5 addetti/e.

Numeri che sono destinati a crescere, come spiegano dall’AEISVI (Associazione di categoria del videoludico italiano). Lo sviluppo dell’industria videoludica, iniziato con il lancio della prima console domestica di Nintendo, ha infatti conosciuto la sua svolta fondamentale con l’avvento dell’era Sony PlayStation già dalla metà degli anni novanta. Solo tra il 1995 e il 2003 sono state vendute oltre 89 milioni di console. Diversi sviluppi sono ovviamente venuti grazie ai miglioramenti tecnici e all’ampia diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione che hanno variato i format, utilizzabili su piattaforme diverse e concorrenti accessibili a qualsiasi consumatore:

  • console dedicate, con giochi appositamente sviluppati o per una specifica console o per una molteplicità di supporti
  • giochi per PC, ancora ampiamente utilizzati per programmi di intrattenimento o educativi
  • dispositivi portatili, che rappresentano piattaforme alternative per il gioco elettronico
  • online gaming, che rappresenta il fattore chiave dello sviluppo futuro grazie alle reti di telecomunicazioni a banda larga e del mobile

Nello specifico del caso italiano, poi, l’approvazione della cosiddetta Legge Cinema ha influito positivamente, introducendo per la prima volta:

  • incentivi di vario genere destinati agli sviluppatori e alle varie aziende del comparto con un fondo per lo sviluppo degli investimenti nell’audiovisivo di 400 milioni in tutto
  • la volontà politica di valorizzare il videogioco, sia come prodotto culturale sia per il valore economico di tutta la filiera

Gli eventi e le realtà del gaming in ItaliaChe il “Games in Italy” sia un settore vivace lo dimostrano anche gli eventi fieristici e le realtà aziendali del nostro Paese. Ad esempio, lo scorso settembre 2017 si è tenuta la Milan Games Week, appuntamento partecipato dalle aziende produttrici, dagli sviluppatori e dagli appassionati e appassionate di videogiochi. Ebbene, proprio in quella edizione sono state presentate più di 50 proposte ideate e realizzate da 48 studi associati all’AESVI. La stessa AESVI nell’agosto 2017 ha rappresentato l’Italia al Gamescon di Colonia, in Germania, con altrettanto successo di pubblico e di presenze.

Successi importanti per le idee italiane ci sono stati anche nella più recente kermesse dell’Italian Video Game Awards, giunta alla sesta edizione conclusasi il 14 marzo 2018, sempre a Milano. Prima denominata Premio Drago d’Oro, è dedicata ai migliori videogiochi pubblicati nel corso dell’anno.

Borsaitaliana ci racconta quali sono i principali produttori in Italia. Ci sono aziende affermate, affiancate da startup e realtà in forte espansione, che hanno saputo emergere puntando sulle nuove tecnologie. Un nome per tutti è Milestone (28 milioni di fatturato nel 2016). Nata nel 1996 e specializzata nei videogames per console e pc dedicati, in particolare, al mondo dell’automobilismo e del motociclismo, Milestone ha 170 dipendenti, in gran parte under 30, che hanno contribuito a realizzare alcuni dei prodotti più noti del settore anche in collaborazione con partner internazionali come Bandai Namco, PS4, Steam e Xbox One. Del 1996 è anche Artematica Entertainment, che sviluppa videogames per tutte le piattaforme, mobile incluso, distribuiti in tutto il mondo da partner del calibro di Warner Bros, Disney e Ubisoft. L’ultima realtà importante del panorama videoludico italiano che vogliamo citarvi nasce al Sud. Si tratta di SpinVector, che si occupa di gaming tradizionale, ma anche di ideazione di ambienti immersivi (simulatori, attrazioni, ambienti 3D interattivi) e life-size games, con le tecnologie 3D e di realtà aumentata.

Formazione e competenze per il gaming

Leggendo i dati dell’ultimo censimento dei game developer italiani dell’AESVI, la maggior parte degli operatori e delle operatrici dei videogames in Italia hanno competenze acquisite attraverso la pratica professionale. Tuttavia è probabile che nei prossimi anni si rilevi un aumento del livello di istruzione richiesti, come risultato delle numerose iniziative messe recentemente in campo da diverse Università e scuole private, che hanno avviato percorsi specialistici orientati allo sviluppo di videogiochi. In effetti sono in aumento gli operatori del settore con una formazione specializzata. Nel dettaglio:

  • il livello di istruzione più diffuso si conferma la licenza media superiore (40%)
  • sempre più consistente è però la quota di operatori con una formazione altamente specializzata, con master, dottorato o laurea magistrale (34%)

Per lavorare nel settore dei videogiochi occorre di certo conoscere le basi dei linguaggi di programmazione, a prescindere dal ruolo specifico che si intende svolgere. Saper programmare, infatti, implica la conoscenza di determinate strutture informatiche e tecnologiche che spalancano le porte del mercato del lavoro dei cosiddetti Orange Job

Le professioni dei videogiochi

Vi sono poi professionalità specifiche dell’industria del videogame, tra le quali ricordiamo il Game Programmer, il Game Designer e l’Artist & Animator, da declinare al maschile e al femminile: perché le donne si stanno avvicinando sempre più alla programmazione. E per fortuna! Come ha spiegato Monica Drusian, programmatrice di videogiochi della redBit Games, intervistata dal Corriere della Sera: “Il coding è un linguaggio tecnico, estremamente schematico ma che, una volta imparato, può essere parlato da tutti, uomini e donne. Le potenzialità creative di una donna, il suo punto di vista però è una prerogativa tutta femminile, i valori che le donne posso portare dentro sono molto specifici. Per esempio esistono molte applicazioni che hanno chiare ambizioni sociali, come quella contro il bullismo o quella contro la violenza alle donne”. Basti pensare che l’edizione 2016 di Codemotion, la conferenza dedicata alla programmazione (coding/programming), è stata inaugurata con l’intervento di una donna, Alaina Percival, CEO di Women Who Code, l’organizzazione no profit dedicata ad avvicinare le donne alla tecnologia, presente in oltre 50 Paesi in tutto il mondo.

Autore: We Can JobPer approfondimenti su formazione e lavoro visita il sito Wecanjob.it

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