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I paradossi dell’acqua*

Un pianeta senz’acqua?

In un racconto del 1958 di Gabriel García Márquez, Caracas rimane senz’acqua. Nella città paralizzata, mentre alcuni temono di morire di sete o per gli incendi che i pompieri non possono spegnere, altri continuano a sprecare l’acqua innaffiando i loro giardini. Il nostro pianeta è un po’ come la Caracas raccontata da García Márquez: il cambiamento climatico ci spaventa, l’acqua è sempre più scarsa, ma noi continuiamo a sprecarla ed inquinarla come se fosse abbondante e ad ignorare le sfide legate alla sua gestione sostenibile ed equa.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Salute, almeno 2.2 miliardi di persone nel mondo, quindi una persona su tre, non hanno accesso ad una fonte d’acqua pulita e controllata. Queste persone non hanno accesso alla manifestazione più ovvia e quotidiana dell’acqua, un rubinetto dentro casa, e sono costrette a bere acqua prelevata direttamente da fiumi o camminare ore per bere acqua da pozzi spesso inquinati. Consumare acqua non potabile ovviamente aumenta i rischi per la salute, perché l’acqua uccide. Più di un milione di persone muore ogni anno per malattie legate all’acqua. Muoiono perché l’acqua che bevono è contaminata da batteri patogeni, virus e parassiti come il colera, il tifo e la dissenteria. 

Questi numeri sull’ accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari sono forse i più tristemente conosciuti della crisi idrica globale. Ce ne sono altri meno noti, però altrettanto tragici, legati alla biodiversità di fiumi e laghi. All’incirca un terzo delle specie di pesci d’acqua dolce è a rischio estinzione. Solamente nel 2020, sedici specie d’acqua dolce sono state dichiarate ufficialmente estinte. L’inquinamento, la costruzione di dighe e la scomparsa degli ecosistemi aquatici, come le paludi, sono alcune delle cause di questa estinzione di massa. Oramai nel mondo rimangono solo un quinto delle paludi esistenti prima della rivoluzione industriale.

La crisi idrica è anche l’attrice protagonista nel dramma del cambiamento climatico: il ciclo idrologico, la pompa alimentata dal sole che fa muovere l’acqua sulla Terra, sta cambiando a causa dell’innalzamento delle temperature. I risultati sono inondazioni e siccità più frequenti ed anche più disastrosi e, in alcuni luoghi, una diminuzione di lungo periodo delle precipitazioni, che si traduce in una minore disponibilità d’acqua. Secondo l’ultimo rapporto dell’IPCC, le precipitazioni aumenteranno alle alte latitudini e diminuiranno nelle zone subtropicali, come l’area Mediterranea. 

Queste statistiche descrivono un pianeta dove l’acqua è in crisi. Le statistiche servono a farci capire la misura e la diversità delle sfide dell’acqua e a identificare risposte proporzionali a queste sfide; ma non bastano per descrivere la realtà. La scienza non spiega e studia la realtà solamente attraverso i numeri e le statistiche, ma anche attraverso altri strumenti. Quest’articolo utilizza uno di questi strumenti, il paradosso, per spiegare le origini della crisi idrica globale e provare a proporre delle risposte. I paradossi contraddicono qualcosa che sentiamo ovvio o che pensiamo di conoscere, e per questo ci sorprendono e accendono la nostra curiosità. A scuola usiamo i paradossi per stimolare la riflessione e mostrare le debolezze o l’incoerenza di alcuni ragionamenti o comportamenti. Nel mondo dell’acqua, i paradossi aiutano a connettere la scienza con la politica e, soprattutto, con le nostre scelte individuali. L’articolo individua tre paradossi dell’acqua: il paradosso del valore, il paradosso dell’offerta, ed il paradosso dell’acqua in bottiglia.

Paradosso del valore

L’acqua viene spesso descritta con parole positive: è l’origine della vita, è pura, è salute. Sul valore dell’acqua non ci sono battaglie culturali: tutti sono d’accordo nell’affermare che l’acqua è una risorsa di primaria importanza per l’irrigazione, l’industria, l’economia – ed ovviamente per la vita. Questo modo di pensare l’acqua è in evidente contraddizione con la crisi idrica globale appena descritta. Ecco il primo paradosso: l’acqua ha un valore smisurato a parole, ma non nei fatti. 

Per gli economisti questa situazione non è così sorprendente. In un famoso passaggio de La ricchezza delle nazioni, Adam Smith, uno dei fondatori dell’economia moderna, scriveva: “Nulla è più utile dell’acqua, ma difficilmente con essa si comprerà qualcosa, difficilmente se ne può avere qualcosa in cambio. Un diamante, al contrario, ha difficilmente qualche valore d’uso, ma in cambio di esso si può ottenere una grandissima quantità di altri beni.”

Il valore d’uso dell’acqua è smisurato perché senza acqua moriremmo. Tuttavia, visto che di acqua ce n’è tanta, un bicchiere in più non fa la differenza e non potremmo scambiarlo con niente. Al contrario, di diamanti ce ne sono pochi, quindi anche se i diamanti hanno un valore d’uso nullo, ogni diamante in più fa la differenza, quindi il loro valore di scambio è molto alto. Nella visione di Adam Smith questo spiega come una sostanza essenziale per la vita, come l’acqua, abbia un prezzo sul mercato infinitamente più basso rispetto a qualcosa di fondamentalmente inutile, come i diamanti.

Questo spiega perché l’economia e la finanza – le discipline incaricate di definire il valore nelle società occidentali – non si occupino molto di acqua: con l’acqua non si compra niente.  Il problema è che Adam Smith viveva in Scozia, un paese con abbondanza di piogge e di acqua. Nel mondo attuale, almeno quattro miliardi di persone si confrontano ogni giorno con la scarsità d’acqua. In questi contesti l’acqua ovviamente ritiene il suo valore d’uso, ma comincia ad acquisire anche un valore di scambio in funzione della sua scarsità. 

L’acqua diventa oro blu, diventa come i diamanti, ma non può essere gestita come tale perché l’acqua non ha prezzo. Il prezzo della bolletta dell’acqua pagata al fornitore non riflette il valore dell’acqua, riflette solamente i costi necessari per proteggere le fonti idriche, mantenere un sistema di infrastrutture capace di distribuire l’acqua, e pagare gli stipendi dei responsabili degli impianti di depurazione. In molte parti del mondo, il prezzo dell’acqua riflette anche meccanismi mafiosi per cui milioni di persone non collegate a sistemi di distribuzione dell’acqua si trovano costrette a comprare l’acqua da autobotti private, pagando anche cinque, dieci e venti volte il prezzo pagato dai residenti collegati al sistema di distribuzione. Questi sono veri e propri mercati dell’acqua, dove i principi di Adam Smith non sono più applicabili e dove l’acqua diventa merce di scambio da vendere al miglior offerente. 

Il mercato delle autobotti insegna che per iniziare a dare valore all’acqua, non ci possiamo aspettare automaticamente che il “mercato” si adoperi per farla arrivare al miglior offerente, a chi è disposto a pagare di più per quell’acqua. E non ci possiamo neanche aspettare che il “mercato” ci aiuti a proteggere le fonti dall’inquinamento. Invece di sconfiggere il paradosso del valore, non faremmo altro che continuare ad alimentarlo attraverso una visione unidimensionale del valore dell’acqua come equivalente al suo prezzo al litro. L’acqua non è come il petrolio, ed il suo valore non sarà mai solamente economico. La sezione conclusiva ritorna su questo punto per spiegare come gli incentivi di natura economica e i principi dell’efficienza sono una condizione necessaria ma non sufficiente per gestire l’acqua in maniera sostenibile ed equa e risolvere il paradosso del valore. 

Paradosso dell’offerta

Come faremo a soddisfare il bisogno d’acqua di nove miliardi di persone? Il secondo paradosso aiuta a riflettere su una delle classiche risposte a questa domanda: la tecnologia risolverà i nostri problemi.  Tecnologie come la dissalazione possono creare più acqua e soddisfare la domanda sempre crescente. La dissalazione è un processo industriale che trasforma l’acqua salata in acqua potabile. Il mare ricopre il 70% della Terra, quindi la dissalazione su scala mondiale ci permetterebbe di farla finita con la scarsità idrica una volta per tutte, anche in un mondo con nove miliardi di persone. 

In alcuni contesti la dissalazione è una tecnologia utile per confrontare la scarsità d’acqua e garantire l’accesso all’acqua potabile a comunità che non hanno altre fonti d’acqua. Eppure confrontare le sfide della scarsità idrica solo con la creazione di nuova acqua attraverso la dissalazione o altre soluzioni tecniche, come la costruzione di dighe, rischia di condurci in un circolo vizioso dove l’unica risposta possibile alla crescente domanda è continuare a creare più acqua. La storia idraulica di molti luoghi mostra come più acqua creiamo attraverso soluzioni tecniche, più aumenta la domanda d’acqua. Invece di raggiungere una situazione di equilibrio fra domanda e offerta, la creazione di nuova acqua incentiva i consumatori semplicemente ad utilizzare più acqua e a sprecarla, in un circolo vizioso senza fine alimentato dal “paradosso dell’offerta”: più acqua offro, più aumenta la domanda d’acqua.

Gli effetti di questo paradosso sono visibili in molte parti del mondo. I paesi con il consumo d’acqua pro capite più elevato sono anche i paesi che hanno investito di più nel creare l’acqua attraverso il processo di dissalazione. Questi paesi sono anche i più aridi del pianeta. Negli Emirati Arabi, ad esempio, ci sono settanta impianti di dissalazione che producono la metà dell’acqua potabile consumata nel paese. Eppure il consumo pro capite a Dubai è all’incirca di 500 litri al giorno, molto più alto rispetto alla già alta media europea di 200 litri al giorno o alla media di paesi con maggior disponibilità d’acqua come il Regno Unito.

Las Vegas è un altro esempio dove il paradosso dell’offerta ha creato una città idrovora che non si disseta mai. Negli anni trenta Las Vegas era in grado di soddisfare la richiesta d’acqua attraverso pozzi artesiani. Negli anni cinquanta venne costruito un acquedotto per prelevare l’acqua dal Lago Mead, il più grande lago artificiale degli Stati Uniti creato con uno sbarramento lungo il fiume Colorado, e servire la città in espansione. L’acquedotto diede un falso senso di abbondanza in una città desertica, contribuendo a far aumentare ulteriormente la richiesta d’acqua. Invece di tentare di limitare lo spreco e l’utilizzo d’acqua, Las Vegas nel 2015 ha costruito un altro acquedotto per prelevare ancora più acqua dal fiume Colorado, cadendo nuovamente nella trappola del paradosso dell’offerta.

Questo secondo paradosso dell’acqua si spiega pensando ad un’altra legge inflessibile dell’economia: la legge della domanda e dell’offerta. Quando una risorsa viene distribuita gratuitamente e senza trasmettere ai consumatori il costo legato alla sua gestione e distribuzione, questa verrà inevitabilmente consumata e sprecata. L’offerta d’acqua crea più domanda: più dighe e impianti di dissalazione costruiamo, più paradossalmente aumenta la richiesta d’acqua, specialmente quando quest’acqua viene distribuita senza porre limiti al suo utilizzo e senza trasmettere ai consumatori il costo di creare l’offerta. 

Paradosso dell’acqua in bottiglia

L’acqua in bottiglia è al centro del terzo paradosso dell’acqua. È la principessa del mondo di plastica in cui viviamo, ormai parte integrante di qualsiasi paesaggio. Secondo dati raccolti da The European House Ambrosetti, in Italia nel 2020 si sono consumate circa 8 miliardi di bottiglie di plastica (di cui solo 1/3 riciclabile), il 17% del totale europeo, la cui produzione ha generato oltre 1,2 milioni di tonnellate di CO2 (equivalente alle emissioni di un paese a basso reddito africano come il Chad). Anche la plastica riciclabile molto spesso non viene riciclata, e contribuisce all’inquinamento delle fonti idriche, degli oceani e dei suoli.

Sempre secondo i dati di The European House Ambrosetti, l’Italia è il primo paese al mondo per consumi di acqua minerale in bottiglia. Il consumo pro capite è di 200 litri pro capite all’anno, rispetto a una media europea di 118 litri. Nella maggior parte dei comuni italiani l’acqua del rubinetto è potabile e controllata, e viene depurata e distribuita con sistemi mantenuti grazie alle bollette che paghiamo per la fornitura dell’acqua. Ecco il paradosso: milioni di Italiani spendono ogni anno milioni di euro per acquistare qualcosa che già hanno. Un eschimese si farebbe vendere il ghiaccio?

Secondo la teoria economica della scelta razionale, un individuo non dovrebbe essere disposto a pagare per un bene che già possiede o al quale può accedere a minor costo. L’acqua del rubinetto costa un centesimo dell’acqua in bottiglia. Eppure continuiamo a preferire l’acqua in bottiglia, a conferma dell’anomalia economica dell’acqua. L’acqua non ha un prezzo fisso al litro, perché questo prezzo dipende dall’utilizzo che se ne fa, in che periodo dell’anno e in quale luogo: è il paradosso del valore appena descritto. Il marketing delle multinazionali dell’acqua in bottiglia conosce bene questo paradosso e lo usa per convincerci che l’acqua in bottiglia vale di più, molto di più, dell’acqua del rubinetto. Nel mondo del marketing, l’acqua in bottiglia è pura, salutare e sinonimo di benessere. Inoltre l’acqua in bottiglia è unica, perché proviene da fonti esclusive e nascoste, nelle Alpi oppure alle pendici di un vulcano in qualche isola del Pacifico. Quest’esclusività rende l’acqua in bottiglia scarsa, sconfiggendo così il paradosso del valore e convincendoci che vale la pena pagare tanto per averla.

L’acqua in bottiglia non è di per sé un male. Nei luoghi in cui non ci sono altre sorgenti d’acqua pulita, dove le falde acquifere sono state contaminate, o dove la qualità dell’acqua del rubinetto è bassa o non controllata, l’acqua in bottiglia è utile. Anche subito dopo un’emergenza, come un terremoto, l’acqua in bottiglia è essenziale per gli sfollati. Inoltre, alcune acque in bottiglia hanno veramente un sapore diverso, ma la maggior parte dell’acqua in bottiglia consumata in Italia e nel mondo proviene da fonti simili a quelle usate per l’acqua del rubinetto. 

Quindi, al di fuori delle situazioni di emergenza, l’acqua in bottiglia deve essere trattata come un bene di lusso il cui prezzo deve racchiudere tutti i costi ambientali legati alla sua produzione e consumo. Ad esempio, le emissioni legate al trasporto aereo da paesi lontani, la raccolta ed il riciclo della plastica e degli imballaggi, la rimozione delle microplastiche dai fiumi. Forse un prezzo che racchiuda tutti questi costi aiuterebbe a ridurre il consumo di acqua in bottiglia ed evitare gli enormi danni ambientali che comporta.

Risolvere i paradossi nell’epoca del cambiamento climatico

Come tutti i paradossi, anche i paradossi dell’acqua stimolano la riflessione; risolverli aiuta a rispondere alle sfide del cambiamento climatico e garantire l’accesso all’acqua potabile. Tre punti possono aiutare a risolvere i paradossi.

Per risolvere il paradosso del valore non dobbiamo cedere alla tentazione di trovare il prezzo giusto dell’acqua. Nel caso dell’acqua, il prezzo giusto non esiste e non ne rifletterà mai il valore. Le tariffe idriche sono fondamentali per garantire la manutenzione ed il funzionamento delle infrastrutture. Le tariffe possono anche essere uno strumento utile per indurre i consumatori ad usare meno acqua. Tuttavia sono solo uno strumento che aiuta a risolvere il paradosso del valore. Gli strumenti non-economici sono altrettanto importanti. L’ecologia, ad esempio, aiuta a riconoscere il valore dell’acqua per gli ecosistemi, e quindi aiuta a stabilire un limite fisico all’utilizzo umano, da rispettare per lasciare l’acqua nei fiumi e nei laghi necessaria alla biodiversità. La giurisprudenza aiuta a riconoscere il valore culturale dell’acqua. In Nuova Zelanda, il fiume Whanganui è una persona legale e rappresentata da due guardiani. Il Whanganui non è una proprietà, un bene economico o una risorsa: è parte integrante del popolo Maori e della sua storia e quindi deve essere protetto in quanto tale.

Per risolvere il paradosso dell’offerta, non possiamo più interpretare la richiesta d’acqua (o il fabbisogno idrico) come una variabile indipendente da soddisfare, ma come parte del problema e della soluzione. Prima di aumentare l’offerta, dobbiamo analizzare la domanda d’acqua, per capire dove sono gli sprechi, quali processi agricoli ed industriali usano l’acqua in maniera inefficiente e quali comportamenti individuali cambiare per ridurre il consumo d’acqua senza compromettere l’accesso. Le tecnologie capaci di creare acqua come la dissalazione ci aiuteranno a fronteggiare la crisi idrica, ma da sole non risolveranno i problemi di scarsità e accesso all’acqua.

Rispetto ai primi due paradossi, risolvere il paradosso dell’acqua in bottiglia richiede uno sforzo individuale. La risposta a questo paradosso è legata alle scelte di consumo, cioè alla lista della spesa che prepariamo ogni giorno. Durante il lock-down e la campagna vaccinale per contrastare il coronavirus, abbiamo imparato come la scelta individuale può influire sulla collettività. Misure strutturali, come ad esempio una tassa sull’acquisto di bottiglie di plastica in aree dove l’acqua del rubinetto è potabile, possono servire ma non saranno mai abbastanza. Per risolvere questo paradosso non dobbiamo fare ricorso solo all’economia o all’ingegneria, ma anche al marketing e alla psicologia. Dobbiamo cioè ricorrere agli stessi strumenti usati dalle aziende che vendono acqua in bottiglia, per comunicare meglio ai consumatori i danni ambientali causati dall’acqua in bottiglia di plastica ed i vantaggi, individuali e collettivi, legati al consumo dell’acqua del rubinetto. Quindi investimenti sulla comunicazione per mostrare e diffondere in modo trasparente i risultati sulla qualità delle acque pubbliche e i danni ambientali legati al consumo di acqua in bottiglia. 

La gestione dell’acqua è da sempre compito di ingegneri idraulici, ecologi e altre figure professionali tecniche. Per risolvere i tre paradossi, la gestione dell’acqua dovrà certamente coinvolgere questi esperti, ma dovrà anche tornare ad essere compito di tutti e tema di interesse e dibattito politico. Il sapere scientifico in materia di gestione dell’acqua deve essere accompagnato e sostenuto dal coinvolgimento dei cittadini nella protezione e tutela dell’acqua, dettato dalla determinazione di costruire un ambiente sano per noi e le generazioni future. 

Questo era lo spirito del famoso editto di Egnazio, un iscrizione cinquecentesca oggi al Museo Correr di Venezia ed originariamente collocata nel Palazzo dei Dieci Savi a Rialto, sede del Magistrato alle Acque:  “La città dei Veneti, per volere della Divina Provvidenza fondata sulle acque e circondata da una cerchia di acque, è protetta dalle acque in luogo di mura: e pertanto chiunque in qualsiasi modo oserà arrecar danno alle acque pubbliche venga condannato come nemico della patria e punito non meno gravemente di chi violasse le sante mura della patria. Il disposto di questo editto sia immutabile e perpetuo.” La tutela dell’acqua come livello più alto di responsabilità civile; perché senz’acqua, Venezia, come tutte le nostre città, non potrebbe esistere. E non potremmo esistere neanche noi.

1 Statistiche riportate per ‘access to safely managed drinking water services’, in: Progress on household drinking water, sanitation and hygiene 2000-2017. Special focus on inequalities. New York: United Nations Children’s Fund (UNICEF) and World Health Organization, 2019.

2 Prüss-Ustün, Annette, et al. “Burden of disease from inadequate water, sanitation and hygiene for selected adverse health outcomes: an updated analysis with a focus on low-and middle-income countries.” International journal of hygiene and environmental health 222.5 (2019): 765-777.

3 WWF. The world’s forgotten fishes. World Wide Fund for Nature -International (2021).

4 Davidson, Nick C. “How much wetland has the world lost? Long-term and recent trends in global wetland area.” Marine and Freshwater Research 65.10 (2014): 934-941.

5 IPCC, 2021: Climate Change 2021: The Physical Science Basis. Contribution of Working Group I to the Sixth

Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change [Masson-Delmotte, V., P. Zhai, A. Pirani, S.

L. Connors, C. Péan, S. Berger, N. Caud, Y. Chen, L. Goldfarb, M. I. Gomis, M. Huang, K. Leitzell, E. Lonnoy, J. B.

R. Matthews, T. K. Maycock, T. Waterfield, O. Yelekçi, R. Yu and B. Zhou (eds.)]. Cambridge University Press. In

Press.

6 Mekonnen, Mesfin M., and Arjen Y. Hoekstra. “Four billion people facing severe water scarcity.” Science advances 2.2 (2016): e1500323.

7 Secondo dati del Governo degli Emirati Arabi Uniti disponibili su: https://u.ae/en/information-and-services/environment-and-energy/water-and-energy/water-

8The European House Ambrosetti (2021) Libro Bianco 2021 Valore Acqua Per l’italia. 

*Riprodotto dall’edizione 2021 dell’Almanacco della Scienza – “Scienza, giustizia e diseguaglianze”di MicroMega

**Ricercatore associato all’Università diOxford; autore del libro “Oro Blu storie d’acque e cambiamento climatico”

 

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