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I possibili effetti macroeconomici di Next Generation EU*

L’impatto macroeconomico più immediato, l’effetto “di domanda”, degli interventi prefigurati nella bozza del Piano a valere sulle risorse di Next Generation EU dipenderà da diversi fattori: l’entità delle risorse effettivamente mobilitate, la natura aggiuntiva o sostitutiva delle misure finanziate con i fondi del programma europeo rispetto a quelle già incluse nel quadro tendenziale dei conti, il grado di efficienza nella realizzazione dei vari progetti, il peso relativo delle varie voci di bilancio interessate (dato che sono caratterizzate da “moltiplicatori diretti” di entità diversa) (13)

Su orizzonti temporali più lunghi saranno determinanti gli effetti “di offerta” esercitati sul potenziale di crescita dell’economia dalle riforme e dagli investimenti in infrastrutture materiali e immateriali di supporto all’attività delle imprese private. Questi effetti sono potenzialmente molto importanti ma è difficile quantificarli ex ante. Come ha sottolineato recentemente il Governatore Visco, “per il rilancio dell’economia i piani di spesa pubblica per la transizione verde e digitale andranno accompagnati da riforme volte a migliorare l’ambiente economico in cui si svolge l’attività imprenditoriale in Italia; gli investimenti privati, la crescita delle imprese, l’innalzamento della capacità innovativa del sistema produttivo dipendono anche, in misura importante, da un deciso miglioramento dei servizi prestati dalle pubbliche amministrazioni” (14). 

Nell’audizione del settembre scorso, quando i programmi governativi non erano noti, in merito all’impatto più immediato di Next Generation EU (ossia senza considerare gli effetti “di offerta”) avevamo fatto riferimento a due scenari. Nel primo si ipotizzava che tutte le risorse potenzialmente disponibili (anche all’epoca stimate in circa 210 miliardi di euro) fossero utilizzate in modo efficiente per finanziare programmi di investimento aggiuntivi a quelli già inclusi nelle stime tendenziali; in questo caso il livello del PIL reale sarebbe potuto aumentare di circa 3 punti percentuali entro la fine del 2025. Nel secondo scenario si ipotizzava che solo il 70 per cento delle risorse venisse utilizzato per misure aggiuntive e che solo i due terzi di queste riguardassero progetti di investimento; in questo caso l’impatto cumulato sul livello del PIL nello stesso orizzonte temporale scendeva a poco meno di 2 punti percentuali. Entrambi gli scenari, in assenza di informazioni di dettaglio, scontavano l’ipotesi di una distribuzione uniforme nel tempo della spesa, tra il 2021 e il 2025. 

La bozza di Piano ora in discussione è più vicina al secondo di quei due scenari: prevede il pieno utilizzo delle risorse di Next Generation EU, ma limita a circa 124 miliardi di euro quelle destinate a finanziare progetti aggiuntivi e ipotizza che oltre il 70 per cento di tali risorse sia destinato al finanziamento di investimenti pubblici e di altre spese in conto capitale (15). Alla luce delle informazioni rese disponibili dopo l’audizione di settembre si può ora ragionevolmente ipotizzare che gli interventi sarebbero relativamente concentrati intorno alla metà del periodo di esecuzione del Piano. In questo scenario si può stimare che il livello del PIL possa aumentare fino a quasi 2 punti percentuali entro il biennio 2023-24, un valore sostanzialmente in linea con quanto indicato nella bozza del Piano sullo stesso arco temporale. 

Negli anni successivi l’impatto macroeconomico dipende essenzialmente dalla capacità degli interventi di agire favorevolmente sulla capacità produttiva del Paese. Come ricordato, le simulazioni di scenario da noi condotte non includono effetti dal lato dell’offerta, la cui valutazione è tipicamente incerta; lo stimolo esercitato dagli interventi pertanto si attenua con il ridursi dell’entità della spesa. La simulazione riportata nella bozza del Piano include invece rilevanti effetti d’offerta e mostra un ulteriore aumento dello stimolo esercitato dalle misure nella seconda parte del periodo considerato. 

Il conseguimento di significativi guadagni di produttività è possibile, è uno degli obiettivi di fondo di Next Generation EU ma richiede estrema attenzione alla qualità delle misure e delle riforme che le accompagneranno. Alcune valutazioni riguardo all’efficacia degli interventi di sostegno all’innovazione eseguiti in passato suggeriscono che l’adozione di nuove tecnologie e l’investimento in ricerca e sviluppo possono avere ricadute positive anche molto rilevanti sulla produttività totale dei fattori e sul potenziale di crescita dell’economia (16). Questi effetti andranno potenziati con quelli che potranno derivare dalle riforme della giustizia e della pubblica amministrazione, nonché dagli investimenti in capitale umano. 

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Lo scenario definito nella bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza è molto impegnativo in termini di capacità di progettazione e di esecuzione. Esso prevede interventi aggiuntivi rispetto al tendenziale per oltre un punto percentuale del PIL in media all’anno durante i sei anni del programma. Gli effetti moltiplicativi di tali interventi saranno tanto maggiori quanto più sarà efficiente l’impiego delle risorse; per questo serve una netta discontinuità con il passato, una struttura di governo degli interventi adeguata alla complessità dell’impresa. Le maggiori risorse rese disponibili dal programma europeo a condizioni vantaggiose andranno comunque restituite; se non saranno impiegate in maniera produttiva i problemi del Paese non saranno alleviati ma accresciuti dal maggiore indebitamento; l’attuazione del Piano va collocata nella prospettiva di una strategia di progressiva riduzione del peso del debito pubblico sul prodotto. 

Il solo aumento della spesa pubblica non è sufficiente a fornire il necessario incentivo a un aumento duraturo dell’accumulazione privata, indispensabile ad assicurare più elevati livelli di crescita. Serve piuttosto la massima attenzione nella definizione puntuale degli interventi e nella gestione della loro realizzazione. Occorre inoltre dare corso a un insieme di riforme che possa sostenere il processo di sviluppo oltre il breve termine, migliorando l’efficacia dell’azione pubblica, l’ambiente in cui si svolge l’attività di impresa, il funzionamento del mercato del lavoro. Su questo le indicazioni presenti nella bozza del Piano non sono ancora adeguatamente sviluppate. Si tratta però di una componente cruciale, da completare nei tempi molto stretti previsti nell’ambito di Next Generation EU

 

Note

13   Cfr. F. Busetti, C. Giorgiantonio, G. Ivaldi, S. Mocetti, A. Notarpietro e P. Tommasino, Capitale e investimenti pubblici in Italia: e etti macroeconomici, misurazione e debolezze regolamentari, Banca d’Italia, Questioni di Economia e Finanza, n. 520, 2019. 

14 – 15  I. Visco, Intervento al 27° Congresso ASSIOM FOREX, 6 febbraio 2021, pag. 6. https://www.bancaditalia. it/pubblicazioni/interventi-governatore/integov2021/FOREX-6-02.2021-Visco-IT.pdf.

Secondo il Piano, per la parte rimanente si tratta di risorse “destinate principalmente a incentivi agli investimenti delle imprese, a ridurre i contributi scali sul lavoro e, in misura limitata, a spesa pubblica corrente e trasferimenti alle famiglie”. 

16  Cfr. ad esempio E. Ciapanna, S. Mocetti, A. Notarpietro, The e ects of structural reforms: Evidence from Italy, Banca d’Italia, Temi di discussione, n. 1303, 2020. Secondo gli autori gli incentivi all’innovazione disposti nell’ambito del programma “Industria 4.0” dal 2016 hanno contribuito in misura signi cativa a stimolare la produttività totale dei fattori, determinando un innalzamento del prodotto dell’ordine di 1,5 punti percentuali nell’arco di un decennio. E etti rilevanti sarebbero derivati anche dalle liberalizzazioni nel comparto dei servizi e dalle misure per accrescere l’efficienza della giustizia civile. 

  

*Stralcio dalla relazione all’audizione sulla proposta di PNRR svolta l’08/02/2021 delle Commissioni riunite di Camera e Senato.

Relazione all’audizione per intero

**Capo Servizio Struttura economica della Banca d’Italia

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