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A. Molle: I risvolti geopolitici della presidenza Trump per Italia e UE.

Con Andrea Molle, politologo della Chapman University, analizziamo le prospettive della presidenza della Trump.

Come descriverebbe l’evoluzione del rapporto tra Italia e Stati Uniti, dalla loro storica alleanza all’attuale contesto geopolitico? Quali sono stati i momenti chiave di questa relazione?

Il rapporto tra Italia e Stati Uniti ha radici profonde ed è stato segnato da numerosi momenti chiave nel corso della storia. Tra il XIX e il XX secolo, milioni di italiani emigrarono negli USA, formando una vasta comunità italoamericana che continua a contribuire alla società americana. Durante le due guerre mondiali, i legami tra i due Paesi si evolsero: nella Prima Guerra Mondiale Italia e USA furono alleati, mentre nella Seconda inizialmente si trovarono su fronti opposti. Tuttavia, dopo il 1943, l’Italia si unì agli Alleati nella “cobelligeranza”. Il dopoguerra vide un ulteriore rafforzamento dei rapporti, grazie al Piano Marshall, di cui l’Italia fu tra i principali beneficiari, e all’adesione alla NATO nel 1949, che consolidò il ruolo dell’Italia nella strategia statunitense durante la Guerra Fredda. Nel XX secolo, la relazione si è sviluppata anche attraverso intensi scambi culturali ed economici: l’influenza americana segnò profondamente l’Italia, mentre il fascino della cultura italiana conquistò gli Stati Uniti. Pur con occasionali tensioni, come la crisi di Sigonella, la cooperazione politica e militare tra i due Paesi rimane solida. Ne sono esempi le basi americane sul territorio italiano, la collaborazione nello sviluppo dell’F-35 e il ruolo di aziende italiane come Leonardo nella difesa statunitense. Visite ufficiali e sostegno reciproco in momenti critici, come nella lotta al terrorismo, dimostrano la solidità di un rapporto strategico e duraturo, basato su interessi condivisi e valori comuni.

Nonostante l’Italia sia un alleato strategico degli Stati Uniti, spesso è percepita come un partner subordinato. Quali passi potrebbero essere intrapresi per rafforzare la parità in questa relazione?

La costante instabilità politica dell’Italia ha spesso portato gli Stati Uniti a percepirla più come un attore subordinato o proxy che come un vero alleato strategico, diversamente da quanto accaduto con Francia e Germania. Durante la Guerra Fredda, questo atteggiamento era in parte influenzato dal timore che l’Italia potesse avvicinarsi all’Unione Sovietica, aprendo a Mosca una porta verso l’Europa occidentale e il Mediterraneo. Inoltre, per ragioni di clientelismo politico, la politica italiana ha talvolta accettato questo ruolo passivo in cambio di benefici economici e politici. Nonostante l’Italia sia riconosciuta a livello internazionale per il suo soft power, non è stata percepita pubblicamente dagli Stati Uniti come un partner militare o politico rilevante. Per raggiungere una maggiore parità nella relazione con gli Stati Uniti, l’Italia dovrebbe consolidare il proprio ruolo politico e diplomatico, sfruttando eventuali debolezze di Francia e Germania per assumere una posizione di leadership in Europa e promuovendo iniziative multilaterali su temi globali cari alla Casa Bianca. È fondamentale inoltre investire in settori strategici come tecnologia, energia e difesa, rispettando gli impegni NATO e rafforzando l’autonomia strategica del paese. Un ruolo guida in missioni internazionali e un maggiore peso nel Mediterraneo potrebbero aumentare la rilevanza dell’Italia nelle dinamiche globali. Parallelamente, valorizzare il soft power attraverso la promozione culturale e il dialogo con la comunità italoamericana consentirebbe di consolidare i legami con Washington. Infine, rafforzare le relazioni con altri attori globali e adottare una politica estera autonoma, non più a traino di altri paesi europei, potrebbero far percepire l’Italia come un alleato strategico e indispensabile per gli Stati Uniti.

La posizione geografica e il ruolo militare dell’Italia sono spesso sottolineati come strategici. Quali sono le implicazioni di questo ruolo nel rafforzamento dei rapporti transatlantici?

La posizione geografica dell’Italia, al centro del Mediterraneo, la rende un elemento strategico essenziale per la sicurezza transatlantica e per le operazioni militari statunitensi. Con basi cruciali come Sigonella, Aviano e Napoli, l’Italia rappresenta una piattaforma ideale per il controllo del Mediterraneo e per la proiezione della potenza americana verso il Nord Africa, il Medio Oriente e l’Europa dell’Est. Questo ruolo la pone in una posizione unica rispetto ad altri Paesi europei, ma Roma, per timore o per convenienza politica, non ha mai sfruttato appieno questo vantaggio. A livello militare, l’Italia contribuisce in modo significativo alle missioni NATO, ospitando infrastrutture chiave come il Joint Force Command di Napoli e partecipando attivamente a missioni internazionali in aree critiche come Afghanistan, Libia e Balcani. Inoltre, la cooperazione tecnologica con gli Stati Uniti, attraverso progetti come il programma F-35, rafforza i legami nel settore della difesa e consolida l’Italia come un partner militare e industriale di rilievo per l’Alleanza Atlantica. Questa centralità geopolitica offre all’Italia un’importante opportunità per rafforzare i rapporti transatlantici e svolgere un ruolo decisivo nel dialogo tra Europa e Stati Uniti. Tuttavia, per sfruttare al massimo questo potenziale, è indispensabile che l’Italia investa nella modernizzazione delle sue forze armate e adotti una politica estera più coerente, ambiziosa e determinata. Solo così potrà valorizzare il proprio ruolo strategico e accrescere il suo peso nelle dinamiche globali, colmando finalmente il divario tra percezione, desideri e reale influenza politica. Un processo certamente lungo e non privo di insidie, ma necessario per trasformare il paese in un attore di primo piano.

Giorgia Meloni è riuscita a costruire un rapporto positivo sia con Joe Biden che con Donald Trump. Quali elementi della sua leadership le hanno permesso di mantenere questa flessibilità diplomatica?

Giorgia Meloni è riuscita a costruire un rapporto positivo sia con Joe Biden che con Donald Trump grazie a una combinazione di pragmatismo ideologico, abilità comunicativa e flessibilità nelle priorità politiche. Ha saputo adattare il suo approccio alle diverse sensibilità dei due leader: con Biden, enfatizzando la cooperazione su temi globali come la sicurezza e il cambiamento climatico, e con Trump, concentrandosi su valori condivisi come il nazionalismo e la sovranità. La sua capacità di calibrare il linguaggio e di mantenere un profilo istituzionale, senza rinunciare alle sue radici conservatrici, le ha permesso di guadagnarsi il rispetto da entrambi. Inoltre, Meloni è stata inizialmente sottovalutata in quanto giovane donna di destra, soprattutto nell’ambito delle relazioni europee, dove politici come il Presidente francese Macron non l’hanno presa sul serio. Questo fattore le ha concesso un margine di libertà nelle sue mosse diplomatiche, permettendole di sorprendere gli avversari e consolidare il suo ruolo di leader credibile a livello internazionale. La sua flessibilità nelle priorità politiche, che ha mantenuto saldi gli interessi nazionali senza alienarsi nessuna delle due amministrazioni americane, ha rafforzato ulteriormente la sua posizione come interlocutore strategico tra Italia e Stati Uniti. Un altro aspetto che ha contribuito al suo successo diplomatico è la sua capacità di stabilire legami con importanti figure del mondo tecnologico e imprenditoriale, come Elon Musk. La sua apertura verso l’innovazione e il dialogo con figure influenti nel settore della tecnologia ha dimostrato la sua lungimiranza, consolidando la sua immagine di leader capace di navigare con successo in contesti economici e geopolitici complessi.

Meloni ha adottato politiche conservatrici, sia sul piano interno che internazionale. In che modo queste posizioni influenzano la percezione dell’Italia da parte dei partner europei e statunitensi?

Le politiche conservatrici adottate da Giorgia Meloni hanno avuto un impatto significativo sulla percezione dell’Italia sia in Europa che negli Stati Uniti. In Europa, la sua visione sovranista, in particolare su temi come l’immigrazione e la sovranità nazionale, ha generato frizioni con i partner più progressisti, come la Francia e la Germania. La sua posizione euroscettica ha contrastato con le politiche tradizionali dell’Unione Europea, alimentando preoccupazioni in alcuni ambienti, ma anche riscontrando consensi tra i Paesi dell’Europa centrale e orientale, più inclini a condividere visioni conservatrici simili. Negli Stati Uniti, invece, le politiche conservatrici di Meloni si sono allineate più facilmente con quelle di Donald Trump, che condivide l’accento sul nazionalismo e sulla sovranità. Ciononostante, con l’amministrazione Biden, Meloni ha saputo adattare il suo approccio, enfatizzando la cooperazione transatlantica, la sicurezza e il rafforzamento della NATO, mantenendo così buone relazioni con Washington nonostante le divergenze politiche. La sua partecipazione attiva nelle missioni internazionali e l’impegno nel rafforzare l’autonomia militare italiana hanno contribuito a consolidare l’immagine dell’Italia come partner strategico per gli Stati Uniti. In sintesi, le politiche di Meloni hanno portato a una percezione dell’Italia come un Paese come un interlocutore meno allineato con la visione franco-tedesca dell’Unione Europea, che piace poco a Washington indipendentemente dal partito di maggioranza. Nonostante questo abbia generato non poche difficoltà con alcuni partner europei, la sua abilità diplomatica ha permesso all’Italia di mantenere un ruolo centrale nella politica internazionale, adattandosi alle necessità di ogni contesto. La flessibilità nel gestire le relazioni con gli Stati Uniti, in particolare, le ha permesso di rafforzare i legami bilaterali, consolidando la posizione dell’Italia a livello globale.

Quali sono i rischi e le opportunità per l’Italia derivanti dalla sua crescente influenza come ponte tra Europa e Stati Uniti? 

Tra le opportunità, l’Italia ha la possibilità di rafforzare significativamente la sua posizione nelle relazioni transatlantiche, diventando un interlocutore chiave tra Europa e Stati Uniti. Questo le permetterebbe di promuovere scambi economici e tecnologici, favorendo investimenti dagli Stati Uniti e aumentando la sua presenza nel mercato americano. C’è poi l’importante tema dei dazi, dai quali l’Italia potrebbe essere esclusa, permettendole di acquisire un vantaggio economico impressionante rispetto ad altri paesi europei. Inoltre, grazie alla sua posizione strategica e al suo ruolo crescente, l’Italia potrebbe acquisire una maggiore rilevanza diplomatica e strategica in Europa, contribuendo alla definizione di politiche comuni su temi globali come la sicurezza, la difesa e la gestione delle crisi internazionali. Questo potenziamento della sua influenza potrebbe tradursi anche in una leadership più forte all’interno dell’Unione Europea, rafforzando il suo ruolo di mediatore tra le diverse istanze politiche del continente. Tuttavia, i rischi sono altrettanto rilevanti. Un potenziale pericolo è che l’Italia possa finire per isolarsi dai partner europei, in particolare su temi cruciali come la difesa, la politica estera e la gestione delle crisi globali. Alcuni Paesi europei potrebbero temere che l’Italia, avvicinandosi troppo agli Stati Uniti, comprometta i legami storici e bilaterali con l’Europa, oltre ad azzerare il loro ruolo di mediazione con Washington, rischiando di indebolire gli sforzi per rafforzare l’autonomia dell’Unione Europea dalle scelte politiche della Casa Bianca. In questo scenario, l’Italia potrebbe trovarsi in una posizione scomoda, dove i benefici delle relazioni transatlantiche non sono bilanciati dalla solidarietà europea. Esiste poi il rischio di una crescente dipendenza dalle dinamiche esterne, in particolare dalle politiche statunitensi. Se l’Italia dovesse consolidare troppo il suo ruolo di “ponte” tra Europa e Stati Uniti, potrebbe diventare vulnerabile ai cambiamenti nelle politiche americane, che potrebbero influire negativamente sulla sua autonomia strategica. Ad esempio, un possibile cambiamento di priorità nell’amministrazione statunitense potrebbe mettere l’Italia nella condizione di dover adattarsi rapidamente, senza avere la stessa influenza sulle decisioni cruciali. In sintesi, l’Italia ha indubbiamente l’opportunità di consolidare il suo ruolo internazionale e di guadagnare una posizione di rilievo nel panorama geopolitico globale. Tuttavia, per farlo con successo, dovrà navigare attentamente tra i rischi legati alla subalternità nelle dinamiche internazionali e l’importanza di mantenere un equilibrio che le permetta di preservare i suoi legami con l’Unione Europea, senza rinunciare alla sua autonomia nelle scelte politiche e strategiche.

Con un’eventuale amministrazione Trump, quali potrebbero essere le principali sfide per l’Italia in ambito commerciale, difensivo e geopolitico?

Con l’insediamento della nuova amministrazione Trump, l’Italia potrebbe trovarsi ad affrontare una serie di sfide in ambito commerciale, difensivo e geopolitico. In primo luogo, l’Italia, che vanta un forte surplus commerciale con gli Stati Uniti, potrebbe subire l’impatto delle politiche protezionistiche previste da Trump, in particolare l’imposizione di dazi su alcuni settori chiave dell’economia italiana, come quelli del Made in Italy. Questo potrebbe ridurre la competitività delle esportazioni italiane negli Stati Uniti, creando difficoltà soprattutto per le piccole e medie imprese, che dipendono fortemente dal mercato americano. Sul fronte della difesa, gli Stati Uniti hanno storicamente esercitato pressioni sugli alleati della NATO affinché aumentassero il loro contributo alle spese militari. Trump, in particolare, ha sollecitato gli alleati a raggiungere la soglia del 5% del PIL, un obiettivo ben al di sopra dell’attuale impegno italiano, che è sotto il 2%. L’Italia potrebbe trovarsi quindi sotto forte pressione per incrementare il suo finanziamento alle forze armate, ma le difficoltà a soddisfare questa richiesta potrebbero derivare sia dalle limitazioni di bilancio interne che dai vincoli imposti dalla politica economica dell’Unione Europea, che rendono complicata l’adozione di un simile aumento delle spese. Dal punto di vista geopolitico, l’approccio bilaterale che caratterizza la politica estera di Trump potrebbe mettere l’Italia in una posizione difficile. Se da un lato l’amministrazione americana potrebbe spingere per un rafforzamento delle relazioni dirette con l’Italia, dall’altro l’approccio di Trump potrebbe entrare in contrasto con la tradizionale spinta multilaterale dell’Unione Europea. L’Italia, infatti, dovrà bilanciare le sue relazioni con gli Stati Uniti, cercando di non compromettere l’unità dell’UE e di evitare la marginalizzazione delle politiche comuni europee. Questo scenario potrebbe creare tensioni tra le alleanze transatlantiche e le dinamiche internazionali più ampie. Per beneficiare di questa nuova “relazione speciale” con gli Stati Uniti, l’Italia dovrà gestire con grande attenzione questi temi. Un approccio equilibrato, che preservi la solidità dei legami con Washington senza compromettere il ruolo strategico dell’Italia nell’Unione Europea, sarà fondamentale per navigare con successo il futuro geopolitico del Paese, evitando di trovarsi in una posizione di subalternità o di isolamento rispetto ai partner europei.

L’Unione Europea affronta crescenti tensioni interne e una competizione per il primato geopolitico. In che modo l’Italia può bilanciare il suo ruolo europeo con il rafforzamento dei legami con gli Stati Uniti?

Come ho ricordato più volte, l’Italia, con la sua posizione geografica strategica, ha il potenziale per diventare un interlocutore privilegiato degli Stati Uniti in Europa, unendo i benefici di una forte cooperazione transatlantica con la necessità di non compromettere l’unità dell’Unione Europea. Per fare ciò, dovrà continuare a perseguire relazioni bilaterali forti con Washington, sostenendo al contempo la coesione dell’UE su temi chiave, come la politica estera comune, la sicurezza e la gestione delle crisi. In questo modo, l’Italia può beneficiare di una “relazione speciale” con gli Stati Uniti senza danneggiare la sua posizione nell’UE. Roma deve trovare un equilibrio tra il suo ruolo all’interno dell’Unione Europea e il rafforzamento dei legami con gli Stati Uniti, due dimensioni strategiche che non devono entrare in conflitto ma devono servire come moltiplicatore degli sforzi occidentali di stabilizzare un mondo che sta attraversando una crisi politica epocale. Per farlo, può continuare a sostenere l’unità europea su temi fondamentali come la sicurezza e l’economia, promuovendo una maggiore cooperazione tra i paesi membri dell’UE, ma senza rinunciare a relazioni privilegiate con gli Stati Uniti, specialmente in ambito commerciale e tecnologico. Mantenere un equilibrio tra gli interessi europei e transatlantici è cruciale per evitare che l’Italia venga percepita come troppo vicina o distante da uno dei due blocchi, riducendo il rischio di isolarsi sia a livello europeo che globale. Anche nel settore della difesa, l’Italia può svolgere un ruolo di mediatrice tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti, sostenendo una NATO forte, ma al contempo promuovendo un’integrazione militare europea. L’Italia dovrebbe spingere per una difesa europea autonoma, che non duplichi le strutture esistenti della NATO, ma che si integri con essa, rafforzando la capacità del continente di rispondere a minacce regionali. Tuttavia, il progetto di un’Europa della difesa, pur perseguibile nel settore del procurement e nell’integrazione delle forze armate nazionali, come ricordato dai vertici delle nostre FFAA non deve aspirare a creare un esercito comune, né diventare un’imitazione della NATO in scala ridotta. Infine, l’Italia può continuare a sfruttare il suo soft power, che include cultura, arte e scambi scientifici, per rafforzare i legami con gli Stati Uniti e con i partner europei. La promozione della cultura e dell’influenza italiana, unita a una forte presenza nelle diplomazie globali, potrà favorire un’ulteriore integrazione con le potenze europee e transatlantiche. Per garantire una posizione di leadership globale, l’Italia dovrà fare da mediatrice, promuovendo una visione di cooperazione che preservi tanto l’autonomia europea quanto i legami transatlantici, soprattutto nell’ambito della difesa e della sicurezza. Naturalmente, anche l’Unione Europea dovrà fare la sua parte, intraprendendo un processo di riforme interne che affronti le criticità strutturali e promuova una vera democrazia partecipativa. Attualmente, il processo decisionale dell’UE è troppo spesso ostacolato da una burocrazia ingombrante che rallenta il progresso e la capacità di risposta alle sfide globali. È fondamentale alleggerire questa struttura, semplificando le procedure e permettendo una governance più efficiente, che renda l’Unione capace di rispondere tempestivamente alle emergenze e alle nuove opportunità senza dover passare attraverso una lente burocratica che ostacola il dinamismo. Inoltre, l’Unione Europea dovrà evolvere in un’entità che rappresenti davvero tutti i suoi membri, non solo quelli più potenti come la Francia e la Germania. Attualmente, la politica europea tende a riflettere principalmente gli interessi di pochi stati, con una visione globale che talvolta sembra privilegiare le dinamiche interne di questi paesi a discapito di un’azione comune che possa portare benefici a tutto il continente. L’Italia dovrà fare la sua parte, ma se l’UE vuole davvero avere una voce forte sulla scena mondiale, deve lavorare per una maggiore equità tra gli stati membri, promuovendo politiche che siano realmente inclusive e che possano rappresentare in modo più autentico l’intero continente. In questo modo, l’Unione potrebbe non solo migliorare il proprio funzionamento interno, ma anche assumere un ruolo più attivo e rispettato nelle sfide globali.

DAL SITO: WWW.RAINEWS.IT

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