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Il buon esempio del dialogo tra magistrati e Assolombarda

È indispensabile, anche alle imprese, una giustizia efficiente ed efficace, in condizione cioè di emettere sentenze e provvedimenti tempestivi ma anche capace di tutelare bene diritti, dirimere controversie, sanzionare colpevoli: una giustizia autorevole, credibile, equilibrata. Non servono, invece, neanche alle imprese, le polemiche di queste settimane tra magistrati e politici, con i veementi scambi di accuse sui “politici corrotti più che ai tempi di Tangentopoli” e che, peggio ancora, “hanno smesso di vergognarsi” o sulla “barbarie giustizialista”. In tempi difficili di crisi delle istituzioni e di caduta della fiducia, da parte dei cittadini, verso ogni tipo di “rappresentanti dello Stato”, simili polemiche aggravano il degrado e ostacolano lo sviluppo, sociale, civile, economico.

Le polemiche politica-giustizia, è vero, sono una costante, nella nostra storia, almeno dai primi anni Ottanta in poi. Accese, radicali, assolute. Come se tra poteri dello Stato (il governo, il Parlamento, la magistratura) si giocasse una partita di calcio, con le opposte tifoserie sugli spalti. Roba per gente di bocca buona nei talk show televisivi più urlati e demagogici, per una pubblicistica da parole forti ed effetti grossolani. Nulla a che vedere, invece, con i principi e le norme della Costituzione (vale la pena rileggere il civilissimo, anche quando appassionato, dibattito all’Assemblea Costituente, tra i “padri” della nostra Carta, persone come Calamandrei e Mortati, De Gasperi, Nenni e Togliatti, Terracini, Lombardi e il giovane Aldo Moro, tra gli altri).

Nulla a che vedere, quelle polemiche, neppure con gli interessi di fondo del Paese per una giustizia che funzioni davvero. Ci sono, è vero, riforme da fare, leggi da approvare rapidamente (quella sulla prescrizione, ferma da troppo tempo in Senato e utilissima per evitare che indagini e processi vengano mandati in fumo, a tutto vantaggio di responsabili di corruzione e altre attività criminali). E ci sono provvedimenti da prendere: colmare i vuoti d’organico tra magistrati, cancellieri, personale ausiliario, per fare funzionare la macchina giudiziaria. Ma già alcune cose importanti sono state fatte dal governo, come alcuni provvedimenti sulla giustizia civile (compreso l’avvio del “processo telematico”), un nuovo Codice degli appalti, gli stimoli alla soluzione non giudiziaria delle controversie e soprattutto l’istituzione dell’Anac, l’Autorità anticorruzione, che il premier Renzi ha deciso di affidare a un magistrato competente e indipendente, Raffaele Cantone e che ha ben funzionato per fare chiarezza negli appalti dell’Expo. Buona strada, insomma. Da continuare a percorrere. E da migliorare.

Vale la pena, qui, ragionare sul tema anche dal punto di vista delle imprese, di quegli attori sociali, cioè, che creano ricchezza, lavoro, innovazione, coesione sociale e che hanno tutto l’interesse a che la giustizia “efficiente ed efficace” (è utile ripeterle, entrambe queste parole) garantisca il buon funzionamento di un’economia di mercato aperta, trasparente, fondata sulla concorrenza, realmente competitiva. L’economia italiana delle imprese migliori.

Si può partire da una dichiarazione di Edmondo Bruti Liberati, un magistrato che è stato Procuratore capo della Repubblica di Milano, ma anche membro del Csm e a lungo esponente di punta dell’Associazione nazionale magistrati: “Ipotizzare una magistratura buona contro l’Italia dei cattivi è sbagliato in linea di principio e si scontra con la realtà”. E ancora: “Non tocca ai magistrati affrontare il problema della corruzione. I magistrati si occupano di casi singoli che costituiscono reati”. Insomma, “rispetto al passato la magistratura riesce a indagare sino in fondo su casi rilevanti. E questo suo compito, riconosciuto, deve essere rispettato dalla politica. Viceversa non ci siamo quando si dice o si fa capire che può essere la magistratura a risolvere questioni di costume o di etica pubblica. Se fossimo ridotti a questo punto saremmo davvero un povero Paese” (la Repubblica, 23 aprile).

Sono parole importanti, quelle di Bruti Liberati. Rivendicano indipendenza della magistratura, ma affermano anche l’importanza della competenza e della responsabilità di chi ha ruoli d’indagine e giurisdizione. E riflettono bene una cultura sempre più diffusa nel grande Palazzo di Giustizia di Milano, in Procura, in Tribunale e in Corte d’Appello: quella dell’autonomia e del confronto, del rispetto di diritti e doveri, del buon funzionamento della macchina giudiziaria e dell’importanza di una giustizia intesa come “servizio” nei confronti dei cittadini. Di questa cultura ci sono ampie tracce nei Bilanci sociali che appunto Corte d’Appello, Tribunale e Procura elaborano da anni, con il contributo tecnico di università milanesi (il Politecnico, la Sda Bocconi) e con il confronto e il sostegno di Assolombarda, la più grande e autorevole organizzazione di imprenditori di Confindustria. Bilanci sociali, va aggiunto, presentati e discussi in pubblico, con il concorso degli attori istituzionali e sociali principali. Una giustizia che sa discutere, farsi criticare e apprezzare, farsi leggere in modo trasparente sugli impegni al miglioramento.

È un lavoro importante, lungo, paziente, coerente, quello fatto da anni, nel segno del confronto tra Palazzo di Giustizia e Assolombarda, un paradigma da riproporre anche altrove. Così come buon paradigma è il lavoro della Camera Arbitrale presso la Camera di Commercio di Milano, efficiente strumento di soluzione delle controversie economiche, senza intasare le aule di Giustizia. 

La legalità è una scelta etica e civile, ma anche un cardine d’una migliore competitività, per Assolombarda. E l’impegno antimafia è tutela delle imprese da fare crescere competendo sul mercato, senza attori criminali (la ‘ndrangheta innanzitutto, oggi l’organizzazione mafiosa più potente e invadente) che distorcano o cancellino la concorrenza, usando anche le leve devastanti della corruzione e dell’evasione fiscale. Sta proprio qui, infatti, la scelta d’avere proprio la legalità tra i principali dei 50 progetti di Assolombarda diretti a “far volare Milano per fare volare l’Italia”. Sta qui il senso del confronto con l’istituzione giudiziaria, con incontri frequenti, convegni comuni, iniziative di formazione, anche per capire meglio linguaggi, culture, esigenze della giustizia e delle imprese.

Funziona meglio che altrove, la giustizia a Milano. Lo confermano le relazioni d’apertura dell’Anno Giudiziario e i Bilanci sociali di cui abbiamo detto. Processi più rapidi. Sentenze di maggior qualità (lo si ricava anche dal crollo dei ricorsi in Cassazione). Diminuzione dell’arretrato delle cause più antiche. Crescente efficienza del Tribunale delle imprese. E una migliore soddisfazione dei cittadini-utenti. Anche se naturalmente molto resta ancora da fare, soprattutto pensando ai tempi della giustizia nelle grandi città in Germania, in Francia e in Svizzera che competono con Milano.

L’orizzonte è quello degli investimenti. L’ambasciatore Usa in Italia, John Phillips, parlando davanti agli studenti della Bocconi, il 21 aprile, ha detto che proprio la lentezza della giustizia civile, insieme alla complessità del fisco, frena i manager americani nel potenziare gli investimenti delle loro aziende in Italia. È un tema ricorrente, ai vertici delle multinazionali. Da non sottovalutare. Se ne ritrova l’eco, con preoccupazione, anche nelle pagine del Bilancio sociale della Corte d’Appello milanese, attenta da tempo alle relazioni virtuose tra giustizia, equilibri sociali, sviluppo. Relazioni da rispettare. E rafforzare.

 

 (*) Vice Presidente di Assolombarda, da Huffingtonpost del 28/04/2016 

 

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