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Il contesto economico e politico e l’inflazione

Il rimbalzo perentorio dell’economia italiana nel primo semestre 2021 viene, puntualmente, registrato, nel terzo trimestre 2021, dalla tendenza al rialzo di tutti gli indici sintetici dei domini previsti dal Barometro CISL, ad eccezione del dominio Istruzione che resta stabile.

L’indice dell’Attività economica sale a 95, appena sopra il valore del medesimo nel terzo trimestre 2019.

L’indice del dominio Lavoro aumenta ad 83, ancora lontano dal valore 89 del terzo trimestre 2019.

L’indice Istruzione resta stabile nel confronto con il terzo trimestre 2020, ma sfiora il valore 130, oltre il valore 125 del 2019 e l’unico ad aver superato, stabilmente, il valore 100 del 2007 (pur permanendo un differenziale elevato con l’UE).

L’indice del dominio Redditi, torna al valore 95 del terzo trimestre 2019. 

L’indice relativo alla Coesione sociale aumenta a 103, oltre il valore 99 dell’analogo periodo 2019.

L’indice generale di benessere-disagio sociale delle famiglie italiane torna, conseguentemente, a 95,4, lo stesso valore del terzo trimestre 2019. Il tasso di crescita del Pil chiude l’anno al 6,5%, quantunque da fine novembre il ritmo di crescita rallenti per la nuova ondata pandemica, associata alla variante Omicron, per l’aumento dei prezzi delle materie prime ed energetiche (esponenziale l’aumento del gas naturale ormai regolato dai mercati spot), per la speculazione sui derivati dell’energia, per la grave instabilità geopolitica globale. 

Il differenziale fra inflazione core (1,5% al netto dell’energia e dell’alimentare non trasformato) e l’inflazione totale (5%) ha raggiunto valori elevati.  Le incognite sulla natura transitoria o duratura della ripresa inflativa restano irrisolte.

Ne consegue la necessità di ripensare (nell’ambito di una nuova politica dei redditi) il meccanismo di adeguamento dei salari all’inflazione (oggi al netto dell’inflazione importata), disaggregandone e ponderandone le componenti ai fini di una più rigorosa definizione e misurazione delle ricadute sul recupero inflativo dei salari. 

Il Governo stima, infatti, nel primo semestre 2022 un aggravio dell’esplosione della bolletta energetica (gas + energia elettrica) sulle famiglie e sulle imprese pari, rispettivamente, a 16 mld e a10 mld, al netto dei sostegni pubblici, con pesanti ricadute sull’equilibrio economico delle imprese e perdite rilevanti del potere di acquisto di salari e pensioni.

Il mercato del lavoro registra un recupero assai più quantitativo che qualitativo, concentrato sui rapporti di lavoro a tempo determinato e segnala la lentezza e la precarietà della trasmissione della ripresa economica alla crescita occupazionale.

Il Mezzogiorno del Paese manifesta una relativa tenuta occupazionale, misurata dal ritorno del tasso di occupazione al 44,6% (stesso valore medio del 2019), mentre il Nord, al 66,1%, resta al di sotto di 1,8 punti percentuali ed il Centro, al 62,1%, resta inferiore di 1,6 punti percentuali. 

Resta enorme il differenziale fra il tasso di occupazione delle Regioni meridionali ed il tasso di occupazione del resto del Paese. 

Modesto recupero dell’occupazione femminile (+0,9% al 49,3%) e giovanile (+ 1,5% al 40,9%), i soggetti più duramente colpiti dalle ricadute occupazionali della pandemia.

Il dominio coesione sociale registra gli efficaci effetti di mitigazione sociale derivati dai provvedimenti, perentoriamente, richiesti dalla Cisl e dal Sindacato Confederale al Governo (cassa integrazione Covid 19, blocco dei licenziamenti, reddito di emergenza, sostegni generalizzati).

La ripresa resta, tuttavia, segnata dalla precarietà e dalle diseguaglianze. 

Il Presidente Mattarella non ha esitato e ricordarlo nel Discorso inaugurale del suo secondo mandato: “Le diseguaglianze non sono il prezzo da pagare alla crescita. Sono, piuttosto, il freno per ogni prospettiva reale di crescita.”

Restano aperte le incognite sulla natura transitoria o duratura della ripresa inflativa.

Permane decisivo il rapporto strutturale fra PNRR e modello di sviluppo socialmente ed ambientalmente sostenibile.

Mentre scriviamo Putin riconosce le Repubbliche separatiste del Donbass, dileggia gli Accordi di Minsk ed invia le truppe nella regione, di fatto annessa alla Russia.  

Ai fattori di instabilità, in estrema sintesi citati, si aggiunge il rischio di guerra in Europa, la maledizione infernale nella quale la crisi Ucraina può precipitare.

Si tratta della negazione assoluta dei valori di fratellanza, di eguaglianza, di solidarietà, di pace universali sui quali è nato il movimento dei lavoratori, per i quali vive, sui quali ha conquistato diritti, tutele, dignità della persona. 

Questo ritorno all’inferno del “bellum omnium contra omnes” può e dev’essere ancora evitato con la mobilitazione dei lavoratori e dei popoli, con la volontà del confronto e della convergenza, con la forza dei valori e delle conquiste di civiltà che solo la pace può assicurare.

 

 

*Presidente Fondazione Ezio Tarantelli 

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