Nelle cronache della crisi sanitaria, nella denuncia delle situazioni di grave disagio, con grande ritardo è emersa la questione della condizione dei bambini e degli adoloscenti, costretti a casa dalla chiusura delle scuole. E, per paradosso, è emersa soprattutto in relazione alla possibile ripresa del lavoro da parte delle donne. Una conferma, se mai ce ne fosse bisogno, della grave sottovalutazione che la pubblica opinione opera rispetto ai problemi dell’educazione dei giovani.
Da questo punto di vista una esperienza certamente emblematica, oltre che particolarmente significativa, è l’iniziativa assunta negli anni scorsi dalle Fondazioni di origine bancaria per il contrasto alla povertà educativa minorile. Fenomeno drammaticamente crescente negli ultimi anni soprattutto al Sud, ma anche in non poche delle aree più avanzate del Paese. Nel 2015 Le Fondazioni di origine bancaria hanno raggiunto un accordo con il Governo, poi concretizzato in un articolo della legge di stabilità 2015, che ha previsto la costituzione di un Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Il Fondo è stato alimentato da versamenti delle Fondazioni di origine bancaria che nel triennio 2016-2019 hanno raggiunto l’importo complessivo di 90 milioni di euro; queste risorse sono state incrementate da un credito d’imposta sugli utili delle Fondazioni stesse che ha portato la consistenza del Fondo a 360 milioni di Euro per il triennio. Il Fondo è stato poi rinnovato per il triennio successivo, anche se con un livello di credito d’imposta leggermente inferiore. Un intervento che, complessivamente può contare su una dotazione di 600 milioni di euro.
Ma il Fondo ha soprattutto rilevanza per una serie di innovazioni, abbastanza significative. Intanto il meccanismo di gestione dell’intervento: le scelte strategiche del Fondo sono definite da un Comitato di indirizzo strategico, presieduto da un delegato della Presidenza del Consiglio, in cui sono rappresentati in uguali proporzioni il Governo, le Fondazioni di origine bancaria, il Terzo settore. E l’attuazione degli interventi è affidata ad un soggetto individuato autonomamente dall’Acri. L’Acri ha scelto la Fondazione Con il Sud, Fondazione nata nel 2006 per iniziativa dell’Acri e del Terzo settore, che ha dato ottimi risultati acquisendo anche una buona reputazione dal punto di vista tecnico ed operativo e con un collaudato meccanismo di governance condivisa da Fondazioni e Terzo settore.
La Fondazione Con il Sud ha poi deciso di costituire una struttura dedicata , l’Impresa sociale “Con i bambini” da essa interamente partecipata e, quindi, soggetto attuatore degli interventi del Fondo. Lo start-up del Fondo è stato particolarmente rapido: in meno di quattro anni sono stati approvati 375 progetti, per un impegno di 228 milioni di Euro, con il coinvolgimento di oltre seimila organizzazioni, per oltre il 90 per cento del Terzo settore, e con un numero di beneficiari di oltre 450 mila minori in tutte le regioni d’Italia.
Intanto questa esperienza costituisce, in linea generale, una innovazione in materia di welfare: finalmente lo Stato decide di fare un passo indietro, rinunciando alla gestione di un intervento, condividendo con le Fondazioni ed il Terzo settore un ruolo di orientamento programmatico ed affidandosi ad un soggetto, espressione del privato sociale, per l’attuazione degli interventi. La selezione dei progetti, il controllo sulla loro attuazione, la liquidazione dei contributi finanziari non prevedono alcun ruolo per la pubblica amministrazione.
Ovviamente un giudizio sui risultati sarà possibile al termine della fase di attuazione dei progetti: e da questo punto di vista sono definiti un rigoroso sistema di monitoraggio ed un articolato meccanismo di verifica d’impatto; ma intanto è già possibile esprimere un giudizio, largamente positivo, sull’efficienza della gestione. In questo intervento tutto è pubblico: dalle procedure di evidenza pubblica per la selezione dei progetti, alla trasparenza nella comunicazione degli esiti delle valutazioni; dalla assunzione del personale, alla scelta dei fornitori. Tutto ha una logica e una dimensione pubblica; ma senza i vincoli della Pubblica Amministrazione. E su questo, a mio avviso, bisogna riflettere attentamente.
Ma l’aspetto più significativo di questa esperienza è costituito dal contenuto strategico degli interventi del Fondo in materia di contrasto alla povertà educativa. L’assunto di base è che il problema della povertà educativa minorile non è questione di esclusiva competenza della scuola. Esso richiede di mettere in campo la “comunità educante”. Comunità che è animata, in maniera prevalente, dai soggetti di Terzo settore. Infatti, secondo i criteri previsti dai bandi, non sono formalmente ammissibili i progetti che non vedano nel partenariato la prevalenza di organismi di Terzo settore. Evasione dell’obbligo scolastico, abbandono della scuola, cattivi livelli di apprendimento, situazioni di disagio connesse al percorso scolastico, non hanno risposta solo nella scuola, ma nella responsabilità delle comunità, di cui le scuole ovviamente fanno parte.
E da questo punto di vista, anche nelle settimane terribili della crisi, le indicazioni emergenti dai progetti in corso sono largamente positive: in questi giorni, con la chiusura delle scuole, le organizzazioni di Terzo settore hanno svolto uno straordinario ruolo di accoglienza, di accompagnamento, rendendo per esempio possibili le lezioni a distanza per i soggetti più fragili sprovvisti di dispositivi informatici , o comunque non avvezzi ad usarli; o sostituendo i pasti delle mense scolastiche che per non pochi bambini costituiscono il pasto principale.
La costituzione del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile è, quindi, una sfida davvero importante da due punti di vista. Da una parte per il contenuto e l’obiettivo dell’intervento che affronta un tema colpevolmente sottovalutato dalle nostre istituzioni e che invece, palesemente, dovrebbe costituire un terreno di forti investimenti per il futuro. Quando, ad esempio parliamo di sviluppo del Sud dovremmo finalmente incominciare a dire che la scarsità dell’offerta formativa, a partire dalla cronica mancanza di asili nido, non è un effetto del mancato sviluppo, ma ne è la causa. Dall’altra siamo in presenza di un esperimento, che per le dimensioni non può certo definirsi “pilota”, che traccia un possibile percorso di nuova modalità di collaborazione tra Stato e privato sociale. Il Terzo settore non supplente o comprimario, ma protagonista. Quello che serve, su vasta scala, per un nuovo welfare.
*Presidente della Fondazione con il Sud