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Il lavoro italiano “salvato” dagli immigrati

La maggioranza dei lavoratori austriaci nelle elezioni presidenziali ha votato per l’estrema destra. Da Londra, Jeremy Corbin, segretario del partito laburista, dice che la “sua maggiore preoccupazione è il crescente orientamento verso destra dei lavoratori”.  

I motivi di queste tendenze sono molti, le insicurezze e le paure determinate dalla crisi, l’indebolimento ideologico della sinistra, che spesso insegue acriticamente posizioni conservatrici su immigrati e diritti del lavoro, ma soprattutto la convinzione che gli stranieri tolgono lavoro. 

Questa è la principale arma che la propaganda populista usa con successo e che la sinistra non riesce a combattere. Il problema ha radici antiche. E’ ancora attuale l’urlo del cancelliere tedesco Helmut Kohl al Bundestag nel 1992, “Germania basta, gli stranieri ti fanno ricca”, all’indomani di una aggressione di neo nazisti ad una residenza di immigrati turchi. “Questi ottusi xenofobi che gridano, fuori gli stranieri, dovrebbero sapere che senza il lavoro di sei milioni di stranieri  è ben difficile che i cittadini tedeschi potrebbero continuare a godere del loro benessere…ogni anno gli immigrati contribuiscono al 9% del Pil e versano alle casse dello Stato 25 miliardi di marchi…senza  di loro chiuderebbero campi, ospedali, fabbriche, servizi essenziali per le famiglie e le città sarebbero prive dei servizi di pulizia e di sicurezza”(da la Repubblica del 26.11.1992).  

Sono passati più di venti anni da allora e bisogna ammettere che una delle armi di propaganda più usata dagli xenofobi, “gli stranieri ci tolgono lavoro”, domina i Media e ha conquistato  l’opinione pubblica.  La sinistra europea, politica e sindacale, è risultata sconfitta in una battaglia culturale prima che politica, che dovrebbe condurre nelle scuole, nei media e nei Parlamenti, dopo aver studiato i dati. Guardiamo ai dati italiani. Nel decennio 2000-2010, a fronte di una massiccia immigrazione di 3 milioni di unità, che fece crescere la popolazione da 57 a 60 milioni, malgrado la crisi del 2009, si ebbe una crescita di occupazione di 1,3 milioni (vedasi tabella). Di contro, nel successivo quinquennio, 2010-2015, con una immigrazione annua meno della metà del decennio precedente, si ebbe un consistente calo di occupazione. Il tasso di occupazione (rigo 4 della tabella) vera misura dello stato occupazionale è aumentato nel periodo di forte immigrazione   e si è ridotto nel periodo di debole immigrazione.  

Per capire l’apparente paradosso bisogna ragionare sui dati demografici, rivoluzionati da più di 40 anni, cioè dal 1975 quando le nascite si sono dimezzate da 1 milione a 500mila ogni anno. La denatalità è un fenomeno mondiale, presente anche nei paesi emergenti, molto più forte nei paesi ricchi ma in nessun paese è stato così veloce come in Italia. Quali sono gli effetti sul mercato del lavoro? Eccone alcuni: per ogni 100 sessantenni che escono dal mercato del lavoro ci sono solo 50 giovani nati venti anni prima, di questi più di 30 sono diplomati e laureati e gli altri 20 sono indisponibili a lavori umili e mal pagati, lavori che, purtroppo, da anni sono la maggioranza delle offerte di lavoro. Aumentano fortemente gli anziani e peggiorano gli indici di vecchiaia (rapporto tra ultra sessantacinquenni e popolazione in età da lavoro). 

Nel 2040 ci saranno 10 milioni di italiani in meno, ma non è questo il problema. Il problema è che i 10 milioni in meno derivano da 15 milioni di cittadini sino a sessantacinque anni in meno e 5 milioni di ultrasessantacinquenni in più. Rapporti che decreterebbero il declino finale dell’Italia, se non fossero compensati dagli immigrati. Infatti l’Istat, nelle sue previsioni demografiche, prevede per alcuni decenni un flusso annuo di 150mila-200mila immigrati. 

 Perchè gli stranieri salvano lavoro italiano?   In Abruzzo (piana del Fucino e pastorizia), in Puglia (Capitanata), in Emilia e Lombardia, in Campania e nel Veneto, agricoltura ed allevamento sono mantenuti in vita dagli immigrati. I 2 milioni di badanti e colf stranieri consentono il lavoro familiare in altrettante famiglie. In Sicilia senza il lavoro di migliaia di tunisini la più grossa flotta di pesca d’altura del Mediterraneo resterebbe in porto e migliaia di siciliani, comandanti, motoristi, venditori di pesce resterebbero senza lavoro. Nel Centro Nord, molte industrie, con lavori usuranti sopravvivono grazie agli stranieri, conciatori, fonditori, muratori, lavoratori carni, cucitrici, addetti pulizia, infermieri.  Anche le cifre sul tasso di occupazione (occupati su popolazione 15-64 anni) confermano la realtà del lavoro locale salvato dagli stranieri.     

 

 

 

 

                   Immigrazione ed occupazione nel periodo 2000-2015 (000)

                                                     2000                        2010                       2015

1 Stranieri presenti                      2.122                   5.122                      5.789

2 Occupati                                   21.595                 22.873                    22.500

3 Popolazione 15-64 anni         38.840                 38.968                    40.540

4=2/3 Tasso di occupazione        55,6%                    56,9%                     55,5%

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In Europa, i paesi a più alto tasso di occupazione sono proprio i paesi con la più alta presenza di stranieri: l’Austria, col 17% di stranieri ha un tasso d’occupazione del 72%, la Germania, col 15% di stranieri, ha un tasso d’occupazione del 74%, la G.B. col 13% di stranieri, ha un tasso d’occupazione del 72%, la Francia col 12% di stranieri, ha un tasso di occupazione del 65%, l’Italia, col 9,5% di stranieri, ha un tasso d’occupazione del 56%. All’Italia mancano 4 milioni di posti lavoro per avvicinare l’Europa.   

Anche senza voler stabilire una correlazione assoluta tra tassi di occupazione e presenza di lavoratori stranieri, tutti i dati dimostrano che una presenza significativa di stranieri  che tendono ad occupare posti non coperti dai locali, o per disagio/pericolosità e/o per basso salario  (è questo il caso degli infermieri che mancano i in Italia, mentre migliaia di infermieri italiani lavorano in Svizzera e  Gran Bretagna,  con paghe più che doppie)  rende possibile mantenere in vita attività ed imprese “tradizionali”, che altrimenti scomparirebbero. Oggi quasi tutti i settori sono interessati dagli oltre 3 milioni di lavoratori stranieri – su una presenza a inizio 2016 di 5,8 milioni di stranieri, si stima che almeno 3,5 milioni siano lavoratori, tra regolari ed irregolari e 2,3 milioni siano asilanti, familiari e studenti.  

L’immigrazione, secondo l’Istat, dovrebbe aumentare di alcune decine di migliaia per qualche decennio ancora, per impedire che il persistente buco demografico affossi definitivamente il paese. Infatti l’attuale natalità di 1,3 figli per donna è largamente al disotto del livello fisiologico di un sistema sano ed in equilibrio, cioè con indici di vecchiaia sopportabili per i sistemi, pensionistico, sanitario e produttivo.  

I flussi migratori si sono fortemente ridotti a partire dal 2010, per la crisi perdurante, ma anche per la propaganda anti immigrati che il flusso dei barconi dall’Africa – che per decenni hanno pesato per meno del 10% delle immigrazioni complessive –  e le drammatizzazioni mediatiche e politiche di quelle immagini hanno prodotto.  L’obiettivo di evitare il declino definitivo del paese, come fu quello della Roma imperiale, che anch’essa subì una denatalità sconvolgente e la paura crescente dei “barbari”, non è scontato per la debolezza della sinistra e dei progressisti a controbattere gli slogan della destra populista e xenofoba, falsi, ma in un paese con milioni di disoccupati e sottoccupati, assai attrattivi.

Un monito finale a sinistra, europeisti e progressisti: Studiate un po’ meglio il fenomeno migratorio e   non disperate; la deriva populista, xenofoba, nazionalista e anti Europa di oggi può essere  battuta.

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