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Il Mal di Lavoro

I numeri dei morti e feriti sul lavoro sono eloquenti, e nella loro essenzialità indicano sia la dura persistenza delle morti sul lavoro, che l’inefficacia delle politiche di protezione. 

La pena per le vittime rischia di essere superata dal fastidio prodotto dalle dichiarazioni, sempre identiche, che invocano nuove leggi e nuovi ispettori a fronte della ripetitività delle tragedie del lavoro. 

Il quadro generale purtroppo è segnato non solo dalle morti sul lavoro ma anche dagli incidenti invalidanti e dalle malattie professionali di vecchio e di nuovo tipo. L’alienazione guadagna terreno.

Il complesso di tale situazione affonda le sue radici nella voragine che si è aperta tra l’evoluzione accelerata della struttura produttiva, la conseguente metamorfosi del lavoro, e l’inadeguatezza delle tradizionali protezioni sociali.

Sono oltre il 90% le imprese con meno di 15 dipendenti; la macchia di lavoro nero e grigio spesso copre intere aree e regioni; le migrazioni colorano ancor più problematicamente l’insieme del quadro. 

Pensare oggi Salute e Sicurezza del lavoro, significa riordinare, all’insegna della Prevenzione, l’intera struttura di protezione del lavoro.

Le grandi trasformazioni in corso, va preso atto, rendono sempre più scarsa la incisività del tradizionale sistema protettivo, almeno su tre aspetti dirimenti.

  1. Un aspetto culturale. Oggi troppo spesso la prevenzione viene confusa, anche sull’onda della giusta e sacrosanta reazione sociale, con la sanzione e con la repressione. La volontà punitiva riempie il vuoto della incapacità preventiva. La gran parte dell’attività dei così detti Enti Previdenziali è in realtà una azione di “risarcimento”: non a caso si chiama   ”rendita”  il risarcimento dopo l’infortunio. La rendita infortunistica. L’azione ispettiva e repressiva ha certamente una componente di prevenzione, ma non la esaurisce. L’azione preventiva deve essere organizzata insieme ed accanto alla politica repressiva, sia perchè  il processo produttivo anticipa sempre l’adeguamento normativo, sia perchè l’attività preventiva richiede un sapere specialistico, capace di interpretare e anticipare il rischio, rischio intrinseco ad ogni processo lavorativo.

E’ necessario pensare la Prevenzione nella sua organicità, secondo la      sequenza, come indica la legge 626: ricerca-informazione-formazione-consulenza-assistenza. 

Tale attività può essere realizzata solo attraverso la costituzione di un Corpo di Preventori di grande competenza e di livelli organizzati di gestione e controllo sociale.

     2.  Un aspetto istituzionale. Oggi le risorse sono scarse e per di più disseminate in tante strutture: le responsabilità sono distribuite tra molti soggetti (Regioni, Ispels, Inail, Vigili del Fuoco, Ispettorati del Lavoro, Imss, Patronati); l’attività di ricerca vive una vita separata, ruoli e funzioni sono frequentemente sovrapposti e rinviano a coordinamenti che consumano più risorse di quelle che producono. Concentrare tutte le risorse e unificare le responsabilità, diventa questione dirimente.

Già oggi, con la Potenza di Calcolo che le nuove tecnologie informatiche mettono a disposizione, il Sistema Informatico Inail è perfettamente in grado di definire una Mappa nazionale del rischio, per settori, per territori, per tipologie infortunistiche, per malattie professionali. Come già oggi, mettendo insieme la Potenza di calcolo del sistema informatico INPS\Inail si può avere a disposizione in tempi immediati la Mappa sociale (lavoro, reddito, status) di ogni cittadino del Paese. 

  1. Un aspetto organizzativo. Finora l’Assicurazione è stata la grande tecnologia che ha permesso il governo del rischio, di governarne cioè il costo e quindi la sua indenizzabilità.

 Fino ad oggi, le grandi Tecnologie Pubbliche (INPS, INAIL) sono state le “stecche del Corsetto” che hanno sorretto i due capitoli fondamentali del Welfare lavoristico: pensione e rendita da infortunio o morte.

La grande trasformazione del lavoro in corso, alimentata da e interna  al processo di mondializzazione (cosa è la mondializzazione, se non una politica  del lavoro a scala mondiale?) per i suoi costi umani, per la nostra idea di civiltà e per i suoi costi economici (alcuni economisti americani valutano che il Mal di Lavoro valga due punti di Pil della Economia Usa), porta sempre più a spostare l’accento dalle politiche di risarcimento alle politiche di prevenzione e riabilitazione (questa ultima quasi pienamente trascurata nella riflessione).

Per affrontare tale compito, le leggi non sono la questione principale, ma principale diventa la Riorganizzazione delle Tecnostrutture e la unitarietà di missione. Germania docet.

L’insicurezza sociale è all’origine del patto che fonda una Società di individui. Se il mondo dell’individuo\lavoratore è sempre più incerto, per il lavoro, diventato mobile, solo una grande Agenzia Nazionale, articolata per territori, governata dalle Parti Sociali – modello Cassa e Scuola Edile-può garantire una rete adeguata di sicurezza.

Il mondo postfordista è un mondo molto simile al mondo prefordista. La questione è strategica. Tale Agenzia non solo si rifarebbe ad una grande esperienza sociale del movimento dei lavoratori, quello edile, ma verrebbe a collocarsi oggi in uno dei punti più delicati della condizione del lavoro, quello appunto del rapporto tra lavoro, salute e sicurezza.

Una Agenzia nazionale dunque, innovata anche nel suo sistema di Governo. Il Banco di prova più alla portata della Democrazia sociale della Economia.

Sarebbe di rilevanza eccezionale un Governo della Agenzia, espresso con voto, dall’insieme delle Parti Sociali, a scadenza regolare, soggetto a verifica, sulla sua capacità di gestire il nesso più nevralgico: quello di Lavoro-Sicurezza-Salute

Il nodo della doppia natura ( Consiglio di Vigilanza e Consiglio di Amministrazione – oggi persino ridotto al semplice Presidente) del Governo degli Enti Previdenziali, va tagliato, ma nella direzione, per dirla con Robert Castel, della Proprietà Sociale.

 

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