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Il migliore aiuto all’Ucraina e alla pace è federare l’Europa

Una prospettiva si va delineando con chiarezza: con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin, si è aperto drammaticamente il dossier sul nuovo assetto della convivenza pacifica. Man mano che i giorni passano, aumentano i protagonisti coinvolti nella ricerca delle condizioni della pace, mentre cresce la domanda angosciosa se ad essa si arriverà senza la terza guerra mondiale.

La Storia del Novecento ci consegna una risposta negativa. Sia la prima che la seconda guerra mondiale sono iniziate con uno scontro circoscritto per finire con il coinvolgimento di mezzo mondo, milioni di morti e Paesi da ricostruire da capo a fondo. Finanche la minaccia nucleare, che non esisteva nelle precedenti guerre mondiali, non sembra essere più un deterrente che scongiuri il ripetersi della Storia. D’altra parte, come avvertì Papa Francesco in tempi più spensierati ma non lontani, l’antipasto era già servito con quelle 56 guerre locali aperte qua e là nel pianeta. 

Ora, il salto di qualità della minaccia è stato fatto e il disinnesco è responsabilità di tutti i paesi della Terra. La più vicina all’incendio è l’Europa; ma gli altri, a partire dagli USA e la Cina, devono scendere dagli spalti e decidere come garantire un nuovo periodo pacifico al mondo. Questo è già piegato dalla pandemia e da fattori di forti crisi economiche e sociali. Ma bisogna evitare di distogliere attenzione e risorse dalla lotta per scongiurare la distruzione dell’ecosistema. La ragione di fondo per cui la guerra in Ucraina non ha tempi brevi, è proprio questa troppo lenta presa di coscienza della concatenazione di esigenze ed interessi che va sbrogliata con una logica di multilateralità.

 C’è chi è nostalgico dei vecchi assetti e delle vecchie alleanze. Putin non tollera che la Russia perda sia peso nel mondo, sia la rendita dell’arsenale militare e sia il tesoretto del gas. Non vuole riconoscere il progressivo crollo della sua economia, le profonde disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza, il fossato tra le garanzie individuali e civili europee e il soffocamento della democrazia nel suo Paese. L’espansionismo, come certificato di potenza, è roba da colonialismo dell’inizio del secolo scorso. 

Tentare di spaccare nuovamente le Nazioni in due blocchi, come stanno cercando di fare sia Putin in modo rozzo che Xi Jinping in modo più subdolo, è un anacronismo che deve essere respinto. La globalizzazione – pur con le deficienze che ha accumulato – assieme al faticoso lavoro di rammendo che ha svolto l’ONU, fino al suo stesso logoramento, hanno reso gli intrecci finanziari, commerciali, culturali e sociali molto articolati  anche se spesso pervasi da rinculi autarchici. 

Se il multilateralismo è la via obbligata per un ordine mondiale nuovo, tanto il suo rafforzamento quanto l’uscita dalla crisi attuale in cui l’ONU è precipitata, dipenderanno dalla solidità dell’Europa nel parlare una sola lingua, improntata ai valori della democrazia e del rispetto dello Stato di diritto e dei diritti umani fondamentali. Cina, Russia e Stati Uniti devono avere un interlocutore europeo forte e univoco. Finchè non si riesce ad irrobustire l’Europa e a snellire le sue procedure decisionali per far in modo che possa giocare un ruolo forte a livello multilaterale, le difficoltà di perseguire la pace in Ucraina e di conseguenza nel mondo rimarranno elevate.

Su due fronti l’Europa deve far pesare principalmente la sua autorevolezza. Non fare alcuna retromarcia rispetto alla scelta di perseguire una politica economica per uno sviluppo sostenibile, inclusivo e giusto. L’affannosa ricerca di fonti energetiche alternative a quelle russe non deve rappresentare un allungamento dei tempi già programmati della creazione dell’autonomia energetica fondata a scala europea sulle rinnovabili. Non solo la Russia, ma tutti gli altri Paesi produttori di petrolio e gas devono sapere che l’Europa non cambia idea al riguardo.

L’altra questione decisiva è la scelta irreversibile della creazione di un sistema di difesa europeo in un quadro costituzionale simile a quello esistente nel nostro Paese: ripudio della guerra di offesa alla libertà di altri popoli e strumento di difesa contro aggressioni esterne. Sarà pertanto fondamentale  mettere le risorse a fattor comune per uno strumento di difesa unica europea, che superi gli attuali investimenti militari decisi, ad esempio, nelle settimane scorse da Germania, Francia ed Italia.

In definitiva, l’Europa deve diventare una unione federale. Le modalità e le tappe possono essere le più varie. Ma la scelta deve essere chiarissima. Se questo messaggio non diventasse prorompente, anche se ci fosse un tavolo per la pace tra Ucraina e Russia, questo sarebbe tanto lungo quante lingue pretenderebbero di avere diritto di parola e spesso di veto. La guerra in atto forse potrebbe essere anche attenuata da una tregua. Ma questa resterebbe armata per un tempo indeterminato, con un danno gravissimo per gli ucraini, ma anche per il mondo intero. Mancano 100 secondi alla mezzanotte, secondo il Bullettin of the Atomic Scientist.  

 

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