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Il Pastore dei calcolati

L’immagine del luciferino Julian Assange che si aggirava con i suoi tre figli piccoli in una stracolma piazza San Pietro nell’indifferenza generale, è forse l’icona più simbolica di quale parte questo Papa che è stato sepolto con l’abbraccio di tanta gente ha avuto per il destino digitale dell’umanità.

Assange, la cui famiglia fu già ricevuta da Francesco nel pieno dell’assedio giudiziario che costringeva il capo di Wikileaks alla reclusione nell’ambasciata dell’Equador in Inghilterra, rappresenta forse nella maniera più compiuta quel quarto stato di masse di esclusi che battono alla porta della rete che i monopoli digitali vogliono protervamente sbarrare. Di loro parlava Il Pontefice nel suo ultimo indirizzo di saluto al vertice sulle intelligenze artificiali organizzato a Parigi nel febbraio scorso.

In quel testo, rifuggendo da ogni bolsa sollecitazione a mettere l’uomo al centro, Francesco mette i piedi nel piatto ponendo una questione di potere e non di generica etica.

Chiede pragmaticamente il Papa, richiamando un suo precedente messaggio al G7 che si tenne in estate in Italia sugli stessi temi, di avviare un percorso politico volto a proteggere l’umanità contro un uso dell’intelligenza artificiale che «limiti la visione del mondo a realtà esprimibili in numeri e racchiuse in categorie preconfezionate, estromettendo l’apporto di altre forme di verità e imponendo modelli antropologici, socio-economici e culturali uniformi». 

E’ proprio questo il centro della contrapposizione che oggi divide i calcolanti dai calcolati: la volontà dei primi di subordinare i secondi ad un determinismo tecnologico che non avrebbe alternative. 

Il calcolo non è neutro, intende esplicitamente Bergoglio, e tanto meno determinato ma rimane una visione sensibile alle pressioni sociali. Una posizione che cambia radicalmente la prospettiva culturale dell’innovazione e che rimarrà una delle eredità più dense del suo pontificato.

Il prossimo successore di Pietro non potrà non avere una bussola precisa su questo tema. Anche perché Francesco ha lasciato una piattaforma molto precisa e chiara. 

Nello stesso documento che abbiamo citato lui aggiunge «nei dibattiti sulla regolamentazione dell’intelligenza artificiale, si dovrebbe tenere conto della voce di tutte le parti interessate, compresi i poveri, gli emarginati e altri che spesso rimangono inascoltati nei processi decisionali globali». 

Non una semplice petizione di principio ma un forte richiamo a condividere, mediante pratiche di open source, quelle risorse comuni che sono appunto i risultati della ricerca digitale e l’uso dei dati. Sono proprio i due scogli su cui lo scontro fra le due sponde dell’atlantico sta radicalizzandosi: proprietà contro società. E’ il dilemma che ha posto direttamente il vice presidente americano Vance venendo in Europa, sostenendo quanto l’accoppiata Trump-Musk simboleggia: il primato delle imprese americane. Il papa ha chiaramente contrapposto a questa visione non una elegia bucolica di buoni sentimenti, ma una strategia alternativa che ha persino la forza di essere oggi considerata la più efficiente: la condivisione nella ricerca e nell’uso e perfezionamento delle soluzioni. 

Per la prima volta, è forse questo il messaggio più lucido e rivoluzionario di quel viandante che ha lasciato impronte profonde, che il buono diventa anche efficace. E Francesco ce lo ha fatto sapere quando, nella stessa pagina in cui parlava di intelligenza artificiale aggiungeva “A tutti coloro che parteciperanno al vertice di Parigi, chiedo di non dimenticare che è solo dal “cuore” dell’uomo che proviene il senso della sua esistenza (cfr. Blaise Pascal, Pensieri). Invito ad accogliere come assiomatico il principio espresso così elegantemente da un altro grande filosofo francese, Jacques Maritain: «L’amore vale più dell’intelligenza» (Jacques Maritain, Riflessioni sull’intelligenza, 1938). I vostri sforzi, cari partecipanti, sono un esempio brillante di una sana politica che vuole inscrivere le novità tecnologiche in un progetto volto al bene comune per «aprire la strada a opportunità differenti, che non implicano di fermare la creatività umana e il suo sogno di progresso, ma piuttosto di incanalare tale energia in modo nuovo» (Laudato si’, n. 191).”

Questa, come diceva Bertold Brecht è la cosa semplice che è difficile a farsi.

*insegna all’Università Federico II di Napoli, saggista e giornalista

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