L’esperimento politico più innovativo del mondo che ha ispirato la costruzione dell’Europa come un sistema di Stati che progressivamente si legano gli uni agli altri dando vita dal basso ad un insieme non solo politico, ma anche sociale, culturale ed economico, sembra oggi aver perso il mordente e la capacità di crescita che in passato più volte abbiamo sperimentato. Sembra, inoltre, prevalere una quotidiana amministrazione basata sulla formulazione di regole e norme percepita da molti come un cedimento alle burocrazie rispetto alla costruzione di nuovi progetti finalizzati al miglioramento della vita degli europei.
La crisi che abbiamo subito negli ultimi anni, rispetto alla quale emerge qualche segnale di uscita, ha prodotto guasti molto gravi in termini di creazione di nuove povertà, di riduzione di posti di lavoro, di diminuzione del numero delle imprese, di contrazione dei redditi disponibili per le famiglie. Rispetto alla crisi, l ’Europa è più attenta alle politiche di bilancio e di mercato e sembra privilegiare una concezione dell’uomo valutato positivamente solo nel suo processo di realizzazione individuale, a scapito di ogni dimensione collettiva, comunitaria, di condivisione.
A pagare il prezzo più alto di questa cultura economica e politica sono stati i giovani che devono, invece, poter contare su diversi percorsi per affermare i propri meriti, le proprie capacità, la propria voglia di fare. Sono i giovani che, in tutti i Paesi europei, hanno il primato degli indici di disoccupazione, di esclusione e di marginalità che subiscono quindi la riduzione delle loro potenzialità verso la costruzione di una società più equa.
L’Europa per essere più salda e solidale deve, dunque, ridare spazio ai giovani, coinvolgerli, far terminare a tempo debito il periodo di istruzione e formazione prima che giunga l’ora dell’assunzione piena di responsabilità personali, familiari e sociali, prima che inizi l’epoca della vita in cui un giovane adulto sceglie il proprio destino.
Se vogliamo una Europa diversa, più simile ai nostri sogni, è indispensabile che chi ricopre ruoli politici, a livello comunitario ma anche nei singoli Paesi, sappia disegnare una rotta per gli anni a venire.
Per questo il Presidente Renzi ha aperto il recente semestre di Presidenza italiana dell’Unione Europea, indicando la necessità di una svolta per gli orizzonti delle politiche europee, dal solo rigore alla crescita, dai meccanismi di esclusione a nuove forme di coinvolgimento e di inclusione.
Ma un rinnovato impegno della politica non basta, se le idee politiche non possono contare sulla partecipazione e il coinvolgimento dei popoli europei: un’ Europa dei cittadini e vicina ai cittadini. Basta con l’egemonia delle istituzioni finanziarie, e il dominio assoluto delle regole di mercato. Serve una mobilitazione delle forze sociali europee in grado di esprimere una cultura alternativa e diversa da quella dell’egoismo individualista o del fideismo nella bontà del mercato.
E’ ai portatori di cultura alternativa a quella individualista, agli europei capaci di guardare più lontano degli altri, di apprezzare e condividere percorsi che durano nel tempo e danno frutti a tempo debito, che dobbiamo rivolgerci per coinvolgerli nella costruzione dell’Europa che ci serve, che diventa fattore di sicurezza e di serenità nella vita degli europei.
E’ in questa logica, con queste potenzialità, che ho partecipato attivamente al Semestre di presidenza italiano con diverse idee di forte portata sociale. Una di queste riguarda il ruolo che il Terzo Settore può avere nella dimensione europea per ricucire gli strappi culturali e politici che hanno allontanato l’Unione dal cuore e dal sentire degli europei. Un ulteriore aspetto affrontato riguarda il ruolo che l’Economia Sociale può svolgere, grazie alle sue caratteristiche distintive, per contribuire alla crescita economica in tutti i paesi europei, ad esempio attraverso il mantenimento e la creazione di posti di lavoro, la coesione sociale, l’innovazione sociale, lo sviluppo rurale e regionale anche nell’ambito della cooperazione internazionale allo sviluppo, la tutela dell’ambiente.
Un’altra importante idea che ho sostenuto riguarda la costruzione di proposte e di strumenti concreti per sostenere la partecipazione dei giovani a questi processi di ri-generazione dell’Europa, anche attraverso lo strumento del Servizio civile.
Il Servizio civile, come lo conosciamo nell’esperienza italiana, ma che sappiamo avere caratteristiche simili anche in altri Paesi nei quali è stato introdotto in anni recenti, rappresenta un potenziale molto forte per la costruzione dell’Europa dei cittadini, perché si realizza tramite l’incontro tra Stato, Enti del settore non profit ed enti pubblici e giovani nelle forme di una joint venture in grado di presidiare aree di difficoltà sociale. Attraverso di esso si possono affrontare temi di fatto trascurati o sottovalutati, si possono potenziare e sostenere gli sforzi di chi contrappone alla competizione la solidarietà e l’attenzione a chi si trova in condizioni di bisogno.
Abbiamo provato a disegnare un percorso che possa portarci in fretta ad un Servizio civile europeo. Quando si parla di strumenti di questo genere a livello europeo si rischia di perdersi in procedimenti che durano anni prima di vedere dei risultati. E’ un rischio che conosciamo bene ed è per questo che abbiamo pensato a diverse vie da percorrere simultaneamente.
Una di queste è il potenziamento di strumenti che già esistono, come il Servizio Volontario Europeo, che funziona da anni e può essere rafforzato mettendo a disposizione risorse più importanti di quelle oggi previste. Poi c’è la strada, sempre molto efficace, delle iniziative di collaborazione bilaterali tra Stati che hanno interessi comuni, perché producono risultati verificabili adatti a convincere la Commissione e gli altri Stati più rapidamente che i soli progetti o le sole idee.
Per il Servizio civile sono già aperte le vie della collaborazione con la Germania e la Francia. In particolare con quest’ultimo Paese si è già condivisa, a livello di Ministri, l’intenzione di un seminario, da realizzare entro l’anno in corso, per confrontare le esperienze dei due Paesi e individuare le possibili sinergie e le forme di collaborazione. Merita ricordare che il Presidente Hollande, pochi giorni fa, ha ribadito l’intenzione del suo Governo di trovare le risorse per arrivare nel prossimo biennio alla mobilitazione nel “service civique” d’oltralpe fino a 150.000 giovani ogni anno, con motivazioni molto simili a quelle del Presidente Renzi quando ha lanciato l’idea del Servizio civile universale aperto ad almeno 100.000 giovani italiani ogni anno. Francia, Germania ed Italia sono anche i partner di un progetto già approvato e finanziato dalla Commissione con fondi Erasmus – circa 3 milioni di euro – per la sperimentazione sul campo di modalità di integrazione tra i Servizi civili in atto nei tre Paesi, attraverso l’impegno in progetti condivisi di 600 ragazzi europei che trascorreranno parte del loro periodo di servizio in Paesi diversi dal proprio. Al progetto partecipano anche, come osservatori, il Regno Unito, il Lussemburgo e la Lituania, perché interessati al tema, così come altri Paesi che hanno segnalato fin d’ora l’interesse allo scambio di approfondimenti e buone pratiche.
L’ultima proposta operativa che abbiamo lanciato nel corso del semestre di Presidenza italiano riguarda la costituzione di un Forum permanente di discussione, monitoraggio, scambio di informazioni, facilitazione e coordinamento di iniziative sovranazionali in materia di Servizio civile europeo, nel quale siano rappresentati le Amministrazioni e le Agenzie che si occupano di Servizio civile nei vari Paesi, ma anche le forze sociali del Terzo Settore, gli Enti che si fanno carico dell’accoglienza e della formazione dei giovani in servizio, le strutture di rappresentanza nazionali dei giovani ed infine la Commissione, che ha già dichiarato il proprio interesse ad un confronto sul tema rispetto al quale l’Italia sta lavorando per l’avvio entro la fine dell’anno in corso.
Resta poi l’impegno che il Governo italiano sta perfezionando con la Rappresentanza a Bruxelles e con i Parlamentari italiani più interessati, per individuare nel modo più efficace il possibile fondamento giuridico del Servizio civile europeo, un percorso questo che, se avrà buon esito, può permettere una forte accelerazione dei tempi necessari al varo formale di questo nuovo strumento comunitario. Le prospettive di lavoro sono positive, non si registrano su questo tema posizioni preconcette di veto o anche solo di ostilità da parte di nessun Stato membro. Se riusciremo ad essere efficaci e convincenti nello sciogliere i dubbi che ancora alcuni Stati dell’Unione mantengono sull’argomento, ma soprattutto se sapremo comunicare bene i risultati positivi che ci aspettiamo dalle iniziative bilaterali e comunitarie in corso, sono convinto che la via del Servizio civile europeo sarà aperta in tempi ragionevoli.
Disporremo allora di uno strumento utile a svolgere un lavoro ancora in gran parte da fare: costruire una cultura comune, individuare linee di cittadinanza e di solidarietà comuni con tutti i Paesi dell’Unione per arrivare a definire, apprezzare e valorizzare il “bene comune” condiviso da tutti gli europei, da difendere e proteggere per farne il terreno di crescita di una nuova stagione di pace e di prosperità per tutti.
Ci aiutano, in questa sfida, alcuni dati certi, ad esempio, la possibilità di ripescare e rivisitare gli elementi di fondo che hanno permesso di dar vita all’Europa unita, un progetto smisurato, una sfida permanente posta alla coscienza degli Stati e dei popoli del Vecchio Continente: la costruzione di un’area del mondo dove la guerra fosse bandita per sempre, dove ogni Istituzione comune dovesse servire ad assicurare, a rinsaldare, a rinforzare la pace per quanti avrebbero incontrato l’Europa nella propria storia.
Avere alle spalle uno slancio di questo spessore, di questa ambizione, ci conforta nell’idea che il nostro compito sia soltanto quello di avere il coraggio di ritrovare nel nostro DNA comune, europeo, la forza e il vigore vitale di quelle idee che già hanno avuto la forza di trasformarsi in strutture, Istituzioni, regole comuni. Ci mancano solo gli ultimi passi da fare: superare gli egoismi nazionali rimasti, ma prima ancora dare ad ogni cittadino europeo la convinzione forte che in quel superamento di interessi “solo” nazionali non si nasconde la fine della storia dei nostri Paesi, ma solo la fine della sua parte più difficile.
Il Servizio civile è esperienza di coinvolgimento, di condivisione, di partecipazione a dinamiche comunitarie, collettive, solidali. E’ un servizio reso a sé e agli altri, alla ricerca di forme nuove e aggiornate di cittadinanza. E’ un servizio alla Patria che non viene meno solo perché la Patria non ha più dimensioni nazionali ma arriva a comprendere tutti coloro che vivono dentro i confini dell’Unione. E’ un esercizio di cittadinanza capace di trovarne nuove dimensioni, arrivando con l’esperienza ad anticipare, rendendola concreta e vissuta, una cittadinanza europea che sulla carta ancora non è definita. E’ una occasione che ogni giovane europeo dovrebbe poter avere per verificare di persona, contribuendo con il proprio impegno a renderla possibile.
Sono convinto che gli Stati europei saranno obbligati ben presto a scegliere tra l’ambizione del progetto originale di costruzione dello spazio europeo di pace e di sviluppo pacifico e la rassegnazione agli egoismi nazionali. Da questo punto di vista l’Italia e il suo Governo hanno già scelto la strada da percorrere, convinti che l’alleanza con i giovani europei sarà vincente nel disegnare un futuro comune fatto di nuova vitalità, di solidarietà e di solidità di una Europa capace di essere ancora maestra di pace anche nei tempi difficili della nostra storia di oggi.
(*) Sottosegretario di Stato – Ministero del Lavoro