Per inquadrare il fenomeno sotto il profilo operativo, appare opportuno premettere che gli “ Stati generali” volevano essere la sede di discussione e confronto sulle grandi linee dello sviluppo economico e sociale, ai fini della redazione del piano per la ricostruzione del Paese. Sarà il cosiddetto Recovery Plan, fatto di riforme organiche e finalizzate, da presentare a settembre alla Unione Europea, al fine di accedere dal 2021 alle risorse finanziarie europee per oltre 100 miliardi di euro, destinati agli investimenti programmati.
Nel frattempo, occorrerà continuare a far fronte ai bisogni e alle esigenze indotti dalla crisi in atto con misure straordinarie, che appaiano in gran parte di tipo assistenziale, ma non solo, tanto che talune potrebbero diventare strutturali, anche in funzione delle risorse europee, cui poter attingere.
Per tornare al piano generale di rilancio, è noto come il Presidente del Consiglio abbia fatto riserva di produrlo, dopo il contributo governativo, quale strumento significativo della fase tre. Non sembrano esserci dubbi sul fatto che il punto di partenza dovrebbe essere il Piano Colao, articolato su nove capitoli, che vanno dalla digitalizzazione alle infrastrutture, all’ambiente, alle imprese e al lavoro, al sostegno alle filiere produttive italiane, alla modernizzazione della PA, alla formazione, ricerca, equità sociale e all’efficientamento della Giustizia.
Lo stesso Colao definisce il proprio piano come il “massimo sforzo possibile”, per una modernizzazione “a tutto campo e di rimozione delle arretratezze del Paese”.
Andando al dettaglio dei singoli contenuti, appare condivisibile la valutazione sempre di Colao, secondo cui assume assorbente rilevanza il capitolo “imprese e lavoro”, rappresentando essi “i nodi più intricati da sciogliere”, per far ripartire il Paese. Restando sul tema, al di là della previsione scontata – di non facile soluzione politica – di un ricorso preliminare ad un meccanismo di sanatoria e incentivazione, l’analisi riferita alla complessa articolazione del fenomeno appare completa. Occorre anche dire che profili importanti dello stesso tema, come vedremo, sono già stati oggetto di interventi emergenziali indotti dalla crisi in atto.
Sappiamo degli interventi già varati mediante il Decreto liquidità con i cambiamenti introdotti dalla legge n. 40/2020 di conversione del D.L. n. 23/2020: il Fondo di garanzia copre ora i piccoli prestiti elevati da 25mila a 30mila euro con durata fino a 10 anni dai 6 iniziali. Dei mini prestiti possono essere beneficiari anche le associazioni professionali, le società fra professionisti e le agenzie di assicurazione.
Significative anche le innovazioni introdotte per le aziende più grandi (fino a 5mila dipendenti), con garanzie articolate da 70 al 90 % in rapporto al fatturato; a completamento dell’informazione, appare interessante anche una semplificazione varata dall’Agenzia delle Entrate con provvedimento del 10/06/2020 –prot. 230439, che prevede, tra l’altro, un modello telematico con l’indicazione delle specifiche tematiche. Di assoluto interesse, ai fini occupazionali e sociali, sono i punti concernenti il sostegno alle transizioni occupazionali, alla tutela del reddito dei lavoratori, alla qualità del lavoro, temi che lo stesso Presidente del Consiglio colloca al primo posto già nella relazione introduttiva agli Stati generali, recependo sostanzialmente il contenuto del Piano Colao, nonché la sua valutazione sull’ argomento specifico.
Quanto al primo punto, l’emergenza finisce per costituire effettiva opportunità per la previsione di progetti specifici riferiti alla “semplificazione” degli ammortizzatori sociali , mediante la realizzazione di una disciplina omogenea, così come per la Naspi risalente nella prima versione al contesto del 2012; non sfugge, poi, l’esigenza di promuovere gli strumenti di polita attiva, peraltro, connessi anche alla Naspi, nonché in maniera finora problematica ad istituti più recenti, quali il reddito di cittadinanza.
Allo stato attuale, per quanto attiene alla Cassa integrazione, vale la pena segnalare che il D.L n. 52 del 16/06/2020, coevo agli Stati generali, prendendo atto delle specifiche difficoltà aziendali, consente di beneficiare con immediatezza, dopo le prime 14 settimane, delle ulteriori 4 settimane prima usufruibili dall’inizio di settembre. Il provvedimento in qualche modo tiene conto del divieto di licenziamento di cui all’articolo 46 del D.L 18/2020. La novità ha reso necessario anche un conseguente intervento in termini di procedura o di prassi da parte dell’INPS, per il quale si rinvia al messaggio dell’Istituto del 17/06/2020, che tratta anche della presentazione delle istanze di CIG e dei relativi pagamenti.
Non poteva sfuggire in sede di rilancio organico dell’attività la tutela del reddito minimo. Stando sempre al Piano Colao, il progetto ambizioso quanto complesso per varie sfaccettature anche giuridiche è incentrato appunto sul salario minimo con il contrasto alla contrattazione così detta pirata, affermatasi negli ultimi tempi con l’aggiramento del tema della rappresentanza, rimessa da ultimo anche ai dati INPS, tema già trattato dalle Newsletter Nuovi Lavori.
Il tema contrattuale non è di poco conto, perché attiene secondo le proposte, anche ai fini di razionalizzare la tendenza in atto, altresì ai contenuti riferiti a welfare, nonché alla promozione dei contratti di secondo livello, che meglio valorizzano le singole realtà aziendali. E’ un impegno, sostenuto in sede di convegno, anche quello che tocca argomenti di viva attualità estesi alla detassazione dei rinnovi contrattuali e al Durc di congruità negli appalti e sub-appalti.
Ribadito anche l’impegno al contrasto al caporalato e al lavoro nero, che continuano ad affliggere l’economia con punte preoccupanti. Forse vale la pena riflettere sul fatto che la lotta ai due fenomeni non può essere incentrato soltanto sull’aumento delle sanzioni, sul quale ancora si insiste, ma su un efficace e assiduo sistema di controllo, oltre che su misure politiche di prevenzione anche se di più lunga e difficile assimilazione.
Continuando sul tema delle misure mirate al rilancio, merita considerazione anche la rimodulazione, in funzione della qualità del lavoro, dell’orario e dello smart-working, interventi sicuramente indispensabili, tenuto conto delle modificazioni organizzative indotte, in particolare, per realizzare una disciplina del lavoro a distanza anche quale prospettiva del lavoro agile, per il quale, come è noto, non dovrebbe rilevare l’orario come tale, ma il risultato, al fine di slegarlo dal tradizionale telelavoro.
Interessanti ancora, sempre per i fini occupazionali, i propositi – perché di questo si tratta – dei contratti di espansione e della cosìddetta staffetta generazionale, in funzione dell’inserimento lavorativo dei giovani. Non è chiaro se gli atti concreti debbano passare attraverso la contrattazione collettiva, cui viene attribuito un ruolo sociale, non di poco conto anche per quanto attiene all’eliminazione dei rapporti precari. Per i lavoratori, inoltre, si vorrebbe incentivare la partecipazione e la congestione, percorso che non può non passare attraverso una disciplina fatta di non facili contromisure.
Analoga difficoltà, sia pure per altre ragioni, presenta la proposta della responsabilità sociale dell’impresa, anche se limitata all’adozione delle cosiddette best practices, quale attività di successo sperimentate da altri imprenditori. La fonte normativa dovrebbe essere anche qui il contratto collettivo.
Per completare l’ampio quadro riferito al lavoro e alle imprese, rimane la previsione di un grande piano per la salute e la sicurezza sul lavoro con regole certe per affrontare il rischio Covid. Con riferimento a quest’ultimo profilo, che non esaurisce evidentemente la proposta di sicurezza, il tema è stato ampiamente trattato dalla recente News Letter n. 258, cui si fa rinvio. Preme, comunque, aggiungere che nel frattempo sono intervenute alcune modifiche e precisazioni mediante il decreto liquidità n. 23/2020 convertito nella legge numero 40 del 05/06/2020, che all’articolo 29 bis espressamente statuisce che “ai fini della tutela del rischio di contagio da Covid19 i datori di lavoro pubblici e privati adempiano all’obbligo di cui all’articolo 2087 cod. civ., mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nel Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto, il contenimento e la diffusione del Covid19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24/04/2020 fra il Governo e la Parti sociali…”.
Inoltre, la Commissione UE, che non poteva restare indifferente alle difficoltà ingenerate in tema di sicurezza dalla tragedia della pandemia, ha emanato la Direttiva n. 2020/738 del 03/06/2020, che classifica la SARS –Cov-2 in termini di rischio biologico potenziale, inserendolo nel gruppo tre. Trattasi di un aggiornamento, espressamente qualificato come urgente, dell’allegato III della Direttiva 2000/54/CE., al fine di continuare a garantire un’adeguata protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro. Quest’ultima Direttiva prevede espressamente “norme per la protezione dei lavoratori contro i rischi che derivano o possono derivare per la loro sicurezza e salute dall’esposizione agli agenti biologici durante il lavoro, ivi comprese norme per la prevenzione di tali rischi”.
L’aggiornamento anzi citato attiene, in particolare, all’inserimento nell’elenco degli agenti biologici il coronavirus della sindrome respiratoria acuta grave (SARS) e il coronavirus della sindrome respiratoria medio-orientale (MERS).
In mancanza di specifici vaccini e di terapie efficaci, il nuovo coronavirus è stato incluso nel gruppo 3, in considerazione della maggiore portata del rischio rispetto agli altri virus. La nuova Direttiva, in vigore dal 24 giugno, va recepita dagli Stati membri entro il termine breve di 5 mesi, con l’invito, tuttavia, per l’assoluta eccezionalità del fenomeno perseguito, a renderla operativa anche prima.
Infine, non può sfuggire la proposta di rafforzare il ruolo dell’INAIL nella consulenza alle imprese. Viene spontaneo constatare che trattasi di espressione di competenze, che non fanno capo all’Istituto, ma all’Ispettorato nazionale del lavoro (organo statale), che ha maturato lunga esperienzasull’universo delle norme lavoristiche, coordinando, tra l’altro, anche l’attività di vigilanza degli enti, tra cui l’INAIL.