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Insegnamento e retribuzione: alcune comparazioni europee

E’ forte in gran parte dei sindacati e dei movimenti nella scuola la richiesta di cambiare la legge sulla scuola appena approvata e di rinnovare il contratto nazionale.  Per essi, infatti, le scelte del Governo, con la legge di stabilità non stanziano le risorse adeguate per i contratti e per gli interventi nel settore.

Ma l’attenzione dei sindacati confederali della scuola ci sembra concentrarsi soprattutto sulle risorse contrattuali e sul documento di economia e finanza tanto che in molte assemblee si starebbe facendo strada l’ipotesi di uno sciopero dell’intero pubblico impiego per rivendicare l’immediata apertura dei tavoli contrattuali. 

Il contratto della scuola, siglato nel 2007, è scaduto nel 2009. Da allora ci sono state leggi di riforma scolastica, riforma della pubblica amministrazione e diverse leggi di stabilità che sono intervenute anche sulle materie del contratto della scuola. Il blocco degli scatti di anzianità, restituiti in parte, e la vacanza contrattuale riconosciuta non hanno permesso in questi nove anni di recuperare il potere d’acquisto delle retribuzioni del personale della scuola, ed in particolare degli insegnanti. Inoltre la sentenza della Corte Costituzionale ha dichiarato “illegittimo il blocco dei contratti e degli stipendi della Pubblica amministrazione, non per il passato, ma solo dalla data di pubblicazione della sentenza”.

Da almeno un paio d’anni, ad accentuare il malumore dei dipendenti della scuola, hanno contribuito degli studi, a livello internazionale ed europeo, sulla situazione comparata stipendiale degli insegnanti nel vecchio continente.

Il primo di giugno 2013 viene diffuso dall’Ocse il rapporto Uno sguardo sull’istruzione 2013, che poneva la retribuzione media dei professori italiani al 17° posto in Europa su 23 Paesi presi in considerazione.

In questo studio il rapporto studenti-docenti in Italia veniva stimato a 11,8, poco sotto la media Ue di 13,1.

I giorni lavorativi sono pressochè uguali, ma le retribuzioni italiane sono complessivamente inferiori a quelle di gran parte degli altri Paesi.  Un altro dato, pone l’Italia in coda in Europa: è uno dei Paesi in cui dal 2000 al 2013 gli stipendi degli insegnanti sono cresciuti di meno.

Ad ottobre 2015 viene pubblicato l’ultimo studio di Eurydice, rete che fornisce informazioni e analisi sui sistemi educativi all’interno dell’Unione Europea. Il rapporto Teachers’ and School Heads’ Salaries and Allowances in Europe – 2014/2015 (Salari dei docenti e dei dirigenti scolastici in Europa).

Vi sono tra l’altro descritte le variazioni dei salari degli insegnanti, dal biennio 2013/2014 al 2014/2015.

Mentre nella maggior parte degli Stati europei si ha un aumento nei salari (su 33 Paesi europei rilevati, in 16 la busta paga degli insegnanti cresce), in Italia c’è un congelamento degli stipendi. 

Lo stipendio è bloccato dal 2010 per tutti gli statali; questo ha prodotto di recente la Sentenza della Consulta che ne ha dichiarato l’illegittimità. (vedi Figura 2 seguente)

Il Rapporto Eurydice riporta lo stipendio di un insegnante italiano, che va da un minimo di 23.048 euro lordi nella scuola primaria e dell’infanzia, ad un massimo di 38.902 euro nella secondaria di secondo grado. In Spagna un insegnante può guadagnare fino a 46.513 euro, in Francia fino a 47.185 euro, in Germania fino a 70.000 euro.

Il confronto col resto d’Europa, però, dimostra che lo stipendio iniziale è molto vicino a quello degli altri Paesi (intorno ai 25.000 euro), mentre la forbice si crea con gli anni. La differenza non è tanto nel come (per merito, o per anzianità), ma nel quanto.

All’estero la busta paga cresce di più e più velocemente: in Italia per toccare il massimo bisogna prestare 40 anni di servizio, nel nord Europa molto meno come si vede dalla Figura 4: Relazione tra gli incrementi stipendiali dei docenti e l’anzianità di servizio necessaria per ottenere il massimo di stipendio nelle scuole pubbliche (CITE 1, 2 e 3), 2014/15

 

CITE 1, 2 e 3 o ISCED 1,2 e 3 significano scuole di 1°, 2° e 3° grado.

Il Rapporto incoraggia però la pratica di concedere aumenti agli stipendi degli insegnanti qualora essi ottengano qualifiche supplementari, di valutazioni delle prestazioni o dell’insegnamento a bambini con necessità particolari. «Tali incentivi – afferma il rapporto – possono contribuire a rendere più attraente la professione. L’avanzamento di carriera non è più legato all’anzianità di servizio bensì ad un’ottica di sviluppo e di prestazioni. Mettere in correlazione l’avanzamento di carriera con l’acquisizione di nuove competenze e con il miglioramento dei metodi di insegnamento potrebbe fungere da incentivo per l’intera popolazione insegnante e piu’ in particolare per i neo assunti, compresi quelli che abbracciano l’insegnamento dopo aver esercitato un’altra professione».

I sindacati confederali della scuola fanno rilevare come queste rilevanti differenze retributive in Europa non possano però dipendere dagli orari di lavoro.

E’ da evidenziare come l’orario di insegnamento in Italia superi quello di Francia, Finlandia, e Germania, paesi forti dell’area euro. 

La Tabella seguente indica appunto gli orari settimanali di insegnamento:

 

Fonte: Elaborazione Cisl da dati Ocse e Eurydice

Da un’altra indagine: “Le cifre chiave dell’istruzione in Europa 2012”, pubblicato da Eurydice in collaborazione con Eurostat vediamo che in molti Paesi europei l’orario previsto nei contratti di lavoro comprende non solo le ore di insegnamento, ma anche tutti gli altri impegni connessi all’attività dei docenti. 

 

Mentre, ad esempio, in Germania l’insegnante sta a scuola 40 ore, non solo di insegnamento, in Italia l’insegnante non ha un orario a tempo pieno legato alla scuola, ma svolge le attività complementari alla docenza senza vincoli di tempo o di spazio. 

Ciò porterà sicuramente la maggioranza degli insegnanti a lavorare anche più di 40 ore settimanali (a parte la questione di rilievo della durata delle ferie estive), ma altri a lavorare di meno: anche qui si pongono le questioni molto rilevanti del merito, della professionalità e della necessità di valutazione.

Riportiamo questa interessante tabella comparativa sulle retribuzione degli insegnanti in alcuni paesi europei. I dati hanno ormai 5 anni, ma non esiste ancora un analogo studio Eurydice più aggiornato che ci consenta queste interessanti confronti.

Come si vede l’insegnante italiano è pagato meno della media europea in tutti e tre gli ordini di scuola.

  

Elaborazione su dati Eurydice 2012 su dati 2010, da “Le cifre chiave dell’istruzione in Europa 2012

Cliccando sul link seguente apparirà una tabella dell’Eurydice con gli stipendi annui lordi minimi e massimi, stabiliti per legge, degli insegnanti in relazione al PIL pro capite, per il 2012 e il 2013. 

Stipendi annui lordi minimi e massimi stabiliti per legge degli insegnanti in relazione al PIL pro capite, 2012/2013.

Nel “Teachers’ and School Heads’ Salaries and Allowances in Europe 2014/15” dell’Eurydice, l’aggiornamento della precedente tabella per gli anni 2014 e 2015 è il seguente, però comparato sempre al PIL pro capite e con le retribuzioni espresse in Euro:

 

 

Nella maggioranza dei paesi, gli stipendi di base minimi lordi degli insegnanti sono più bassi del PIL pro capite del rispettivo paese. I paesi con stipendi minimi relativamente bassi a livello primario hanno anche le più basse retribuzioni a livello di istruzione secondaria superiore.

Infine, il rapporto analizza anche le voci che vanno ad integrare lo stipendio minimo lordo di base, ossia le indennità salariali e le remunerazioni aggiuntive, aumentandolo, in certi casi, anche in maniera considerevole. Meno di un terzo dei paesi presi in esame offre queste integrazioni per tutti o quasi i seguenti criteri: ulteriori qualifiche formali, ulteriori qualifiche legate allo sviluppo professionale continuo, valutazione positiva del lavoro degli insegnanti o dei risultati degli studenti, responsabilità aggiuntive, posizione geografica, insegnamento ad alunni con bisogni educativi speciali o in condizioni difficili, partecipazione ad attività extracurricolari e ore di lavoro straordinarie. Più comunemente vengono attribuite indennità integrative allo stipendio per responsabilità aggiuntive e per ore di lavoro straordinario; mentre solo la metà dei paesi le assegna sulla base delle qualifiche ottenute mediante la formazione continua e del giudizio positivo per il lavoro svolto o per i buoni risultati degli studenti.

Cliccando sul titolo seguente, verranno evidenziate le indennità stipendiali e remunerazioni aggiuntive degli insegnanti delle scuole pubbliche e livelli decisionali, per gli anni 2012/13:

 Indennità stipendiali e remunerazioni aggiuntive degli insegnanti delle scuole pubbliche e livelli decisionali, 2012/2013

Come si può vedere le uniche indennità stipendiali e remunerazioni aggiuntive al contratto nazionale sono, in Italia, attribuite solo a livello di Istituto per: responsabilità aggiuntive, posizione geografica, partecipazione ad attività extracurricolari e per straordinari.

Ci sembra utile, anche per raccogliere l’invito dell’editoriale di Morese, sottolineare la consapevolezza diffusa nel mondo della scuola, che la premessa per l’intervento per i tanti problemi presenti sia rappresentata da una ripresa della crescita economica e sociale del Paese. Se pensiamo la formazione e la istruzione un terreno di investimento e se tutti i soggetti coinvolti approderanno ad una forte  assunzione di responsabilità si accrescerà la capacità del sistema di dare risposte efficaci alla domanda di formazione, di lavoro, di qualità ma a partire proprio dal cambiare assieme la scuola. 

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