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Intesa diocesi e comune di San Severo: domicilio ai braccianti

Una risposta concreta ai “ghetti della Capitanata”. Al termine del consueto Angelus domenicale del 3 novembre, Papa Francesco ha voluto sottolineare quanto è stato fatto recentemente per tentare di risolvere questo decennale e grave problema. “Desidero porgere il mio sentito ringraziamento – ha affermato Bergoglio – al comune e alla diocesi di San Severo in Puglia per la firma del protocollo d’intesa avvenuta lunedì scorso 28 ottobre, che permetterà ai braccianti dei cosiddetti ‘ghetti della Capitanata’, nel foggiano, di ottenere una domiciliazione presso le parrocchie e l’iscrizione all’anagrafe comunale. La possibilità di avere i documenti d’identità e di residenza offrirà loro nuova dignità e consentirà di uscire da una condizione di irregolarità e sfruttamento. Grazie tante al comune e a tutti coloro che hanno lavorato a questo piano”di testa, 1-1 Un accordo che è stato possibile grazie alla mediazione del cardinale elemosiniere del Papa, Konrad Krajewski. Era stato lo stesso Bergoglio, alla fine del settembre scorso, a inviare il porporato nella Capitanata per visitare i “ghetti” e prendere maggiore consapevolezza della gravità della situazione. Accompagnatodal vescovo di San Severo Giovanni Checchinato e dall’arcivescovo di Foggia-Bovino Vincenzo Pelvi, Krajewski si era recato in due di questi insediamenti, Borgo Mezzanone e Gran Ghetto, per incontrare migliaia di lavoratori agricoli, per la maggior parte migranti provenienti dall’Africa, principalmente dalla Nigeria, Ghana, Senegal e Gambia, che vivono in condizioni di grave precarietà a livello giuridico, abitativo e sanitario. L’area della Capitanata, in provincia di Foggia, a prevalente vocazione agricola, è interessata, infatti, da una forte presenza di lavoratori stagionali che si aggregano in insediamenti informali, occupando casolari abbandonati oppure costruendo vere e proprie baraccopoli.

Il fenomeno del grave sfruttamento lavorativo è alimentato sia dalla mancanza di meccanismi legali del reclutamento dei lavoratori, sia dall’assenza quasi totale di alloggi forniti da parte dei datori di lavoro. Ed è così che nascono i cosiddetti “ghetti”, in forma di baraccopoli o masserie abbandonate, con scarso o assente accesso all’acqua potabile, senza sistema fognario e di riscaldamento in una zona, tra l’altro, con inverni molto rigidi. La raccolta del pomodoro segna il massimo numero di presenze da luglio a settembre: in questi mesi di raccolta intensiva almeno 6 mila persone si radunano nelle baraccopoli.

Krajewski è stato presente anche alla sottoscrizione del protocollo d’intesa tra monsignor Checchinato e il sindaco di San Severo, Francesco Miglio. Proprio in seguito alla visita del porporato, come ha spiegato la diocesi, “è emersa la necessità cogente di offrire una prima e immediata risposta a quelle situazioni di ‘invisibilità sociale’, che pur esistendo da decenni, salvo balzare ciclicamente agli onori della cronaca locale e nazionale, non riescono a ottenere alcuna dignità formale di presenza sul territorio. Molti, infatti, sono i senza tetto e i lavoratori migranti che non possono permettersi un alloggio e che, per tale motivo, non possono ottenere il riconoscimento della residenza nel territorio, inibiti, dunque, nell’accesso ai servizi minimi e costituzionalmente garantiti: primo fra tutti il diritto alla salute”.

“Per tale ragione, la diocesi di San Severo e l’amministrazione comunale hanno inteso dare testimonianza di vicinanza concreta a tali situazioni mediante la sottoscrizione di un protocollo d’intesa che consentirà e quei fratelli e conterranei, che si trovano in situazioni di povertà e di sfruttamento, di poter eleggere un domicilio fittizio presso le parrocchie e gli uffici diocesani che ne manifesteranno la volontà al fine di poter ottenere il riconoscimento della residenza sul territorio da parte degli uffici anagrafici comunali. Questo – spiega ancora la diocesi – consentirà loro di riemergere dalla situazione di invisibilità e riottenere pari dignità rispetto ai loro concittadini, avviando un percorso di integrazione e riscatto”. Un modello che il cardinale Krajewski non esclude di portare presto in altre realtà del Paese afflitte dagli stessi problemi.

*Il Fatto quotidiano 03/11/2019

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