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L’alleanza pubblico-privato per l’orientamento degli studenti

Serve più orientamento a sostegno delle scelte di studio dei ragazzi? 

Sembra una domanda retorica, ma non lo è. Ad osservare i fatti l’interrogativo non solo pare fondato, ma si può addirittura azzardare una risposta: no!

Se un Paese avanzato come il nostro nel 2021 fa sostanzialmente a meno di progettare, organizzare, realizzare e monitorare processi strutturati di orientamento scolastico e formativo, vuol dire che non lo ritiene, se non una necessità, quantomeno una priorità.

Perché questa è la realtà: basta chiedere ad un qualunque ventenne che capiti a tiro se abbia beneficiato di un percorso organico di maturazione della scelta delle scuole superiori o di quanto intraprendere dopo il diploma. Riceveremo un balbettio condito di alzate di sopracciglia a contorno di una (breve) narrazione di episodi che facilmente possono sintetizzarsi in una parola: marketing. L’orientamento è prevalentemente preoccupazione del soggetto a valle della transizione. La scuola superiore di quartiere, l’università della città, la nota azienda del territorio o l’associazione di categoria locale si presentano – tirati a lucido – negli appuntamenti a tal fine organizzati dalle scuole con l’obiettivo (legittimo) di attrarre i migliori.

Tale “marketing territoriale” non solo non ha nulla a che fare con un processo di orientamento, può rappresentare finanche un danno. Una scelta consapevole si fonda sui due pilastri di questa disciplina: conoscenza del sé ed esplorazione del mondo del lavoro. Una volta che al ragazzo è consentito entrare in contatto con i suoi talenti e le sue attitudini, è la scoperta delle innumerevoli opzioni professionali che genera il desiderio, autentico fattore motivante per l’intrapresa di un fruttuoso percorso di studi o di lavoro. Lo studio non è un fine, bensì un mezzo, il ponte che conduce il ragazzo, correttamente attrezzato, sulla sponda che ha scelto per realizzare la propria esistenza di cittadino lavoratore.

In questa prospettiva la partecipazione ad eventi molto specifici non supportati da un robusto retroterra orientativo rischia di limitare, invece di ampliare, l’orizzonte delle opzioni. Viceversa queste esperienze d’incontro possono rappresentare un notevole arricchimento laddove costituiscano un contatto in prima persona con realtà che il ragazzo percepisce in sintonia con i propri interessi.

Abbiamo esperienza diretta di numerosissime istituzioni scolastiche in cui è alto l’impegno per sostenere le scelte degli studenti. Quale portale di orientamento al servizio di studenti, docenti, genitori ed operatori delle politiche attive realizziamo progetti in centinaia di istituti secondari, di primo e secondo grado. Riscontriamo spesso in dirigenti scolastici e docenti delegati all’orientamento e ai PCTO due elementi: frustrazione per la carenza di mezzi a disposizione e conseguente apprezzamento per la nostra strumentazione.

È proprio questo il punto: la carenza di sistematicità. Non possiamo consentire che le buone esperienze di orientamento siano episodiche, legate tanto alla proattività di quel dirigente o quel docente, quanto alla sua permanenza in quel ruolo o in quella scuola. 

Non basta stabilire per legge che le scuole debbano farsi carico strutturalmente dei percorsi orientativi degli studenti; strumentazione operativa e figure professionali dedicate sono le due condizioni indispensabili perché gli auspici si tramutino in servizi. 

Esistono tutte le condizioni per realizzare interventi organici e sistemici, capillarmente distribuiti sull’intero territorio nazionale. Penso a un’alleanza tra quanto è già in campo, sulla base di nuove declinazioni ed autentica volontà di collaborazione. 

Le scuole hanno bisogno di personale che sostenga ed integri l’impegno dei docenti. Questo compito, delicato e complesso al tempo stesso, potrebbe essere svolto dai Navigator, debitamente formati, a cui finalmente affidare un compito “possibile”. L’avventura di delegare a queste figure il disperante mestiere di trovare un lavoro ai percettori del reddito di cittadinanza faceva tremare i polsi a tutti coloro che avevano cognizione della sfida. I risultati sono la debita conseguenza di un’impalcatura fragile quanto avventurosa. Al contrario, utilizzare questi professionisti in un contesto definito, integrati all’interno di un’organizzazione stabile e delegati a funzioni per cui i docenti non sono formati, li porrebbe nelle condizioni di operare in maniera realmente fruttuosa. L’Anpal si farebbe carico di un ruolo di formazione prima e coordinamento poi, piegata sul territorio anche in collaborazione con i centri per l’impiego.

Per quanto concerne la strumentazione, ci mettiamo a servizio nel rispetto dei ruoli. La tecnologia, nel nostro caso rodata, consente di rendere disponibile una massa di contenuti editoriali, test, simulatori, repertori professionali, un’offerta digitale dinamica e in sintonia con le modalità d’utilizzo degli studenti. Una tale attrezzatura potrebbe essere utilizzata secondo le innumerevoli progettualità che scuole e Navigator potrebbero declinare a seconda delle specifiche esigenze del ciclo e specializzazione di studio. 

Come sempre non è un problema di dotazione, bensì di immaginare e organizzare in maniera diversa ciò che è già disponibile.

*Managing Partner di WeCanJob.it

 

 

 

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