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L’ANAC all’attacco

Seguendo l’ordine delle relazioni degli anni precedenti, adesso è il momento di occuparsi dei contratti pubblici, tema particolarmente caldo da cui evidentemente non ci si può esimere perché l’ANAC resta l’autorità di vigilanza del settore.  Non avrebbe senso, però, parlarne astraendosi dal dibattito pubblico e dalle polemiche che hanno investito, nell’ultimo periodo, il codice varato nel 2016, per recepire – è bene ricordarlo – le direttive comunitarie in materia.  

Non credo di sbagliare nel dire che quanto accaduto su quel testo non ha molti precedenti nella storia del nostro Paese: adottato con grandi auspici e senza nemmeno particolari contrarietà, da un giorno all’altro è diventato figlio di nessuno e soprattutto si è trasformato nella causa di gran parte dei problemi del settore e non solo. 

 È innegabile che da quell’articolato sono derivate delle criticità, ma ciò è dovuto soprattutto al fatto che è stato attuato solo in parte, mentre i suoi aspetti più qualificanti (la riduzione delle stazioni appaltanti, i commissari di gara estratti a sorte, il rating d’impresa) sono rimasti sulla carta. 

Fra l’altro, dopo un periodo di calo, anche fisiologicamente collegato alle novità, negli ultimi due anni il mercato si è ripreso e le procedure sono aumentate. (Ad esempio, nel 2018 le procedure sono cresciute di circa il 5% in numero e altrettanto in valore). 

 

 

Governo e Parlamento hanno ritenuto però, con una scelta legittima, di apportare profonde modifiche.  

Dopo un lunghissimo dibattito hanno deciso di intervenire in due step: con un decreto legge, annunciato a fine 2018 e varato solo a metà aprile di quest’anno, con l’obiettivo di far “ripartire le opere” (e perciò chiamato “sblocca cantieri”), e una legge delega all’esame del Parlamento per una riforma radicale del codice. 

 Il decreto, non ancora giunto all’approvazione nemmeno di uno dei rami del Parlamento, è stato fatto segno di numerose e sostanziali modifiche e ad oggi si fa fatica ad orientarsi fra gli emendamenti e i subemendamenti approvati e modificati e a individuare, quindi, un testo su cui potersi confrontare.   

 Sicuramente esso incide anche sui poteri dell’ANAC, prevedendo il ritorno al regolamento attuativo in luogo delle linee guida dell’Autorità. Non ci sentiamo di criticare questa opzione: la regolazione flessibile non è stata positivamente accolta dalle amministrazioni, abituate a regole rigide piuttosto che a criteri che richiedono l’esercizio di maggiore discrezionalità.  Rivendichiamo, però, di aver fatto gran parte del lavoro che ci era stato chiesto (delle 10 linee guida previste ne sono state varate 7, peraltro modificate dopo il corposo “correttivo” del 2017) ed auspichiamo che molti dei contenuti possano essere recuperati nel futuro regolamento.  

 

Sui rimanenti 3 atti da adottare segnalo che le linee guida sulla qualificazione delle stazioni appaltanti non possono essere emanate se non viene prima approvato il previsto d.P.C.M.; la predisposizione delle linee guida sui requisiti delle imprese fallite o in concordato era in fase avanzata ma dovrà ora tenere conto delle novità introdotte dal codice della crisi d’impresa del 12 gennaio 2019 e dallo stesso sblocca cantieri; infine, per le linee guida sul complesso tema del rating d’impresa, si è conclusa la seconda consultazione pubblica. 

 

Su alcuni aspetti specifici del decreto, tuttavia, qualche rilievo s’impone. Seppure opportunamente ridimensionata rispetto ai 200 mila euro del testo originario, la previsione di una soglia abbastanza alta (150 mila euro) entro la quale adottare una procedura molto semplificata (richiesta di soli tre preventivi) aumenta certamente il rischio di scelte arbitrarie, se non di fatti corruttivi.  

Alcune opzioni, poi (il ritorno dell’appalto integrato, l’aumento della soglia dei subappalti al 40%, la possibilità di valutare i requisiti per la qualificazione delle imprese degli ultimi 15 anni, le amplissime deroghe al codice concesse ai commissari straordinari), paiono troppo attente all’idea del “fare” piuttosto che a quella del “far bene”.

 La sospensione dell’albo dei commissari di gara per un biennio, infine, introdotta in uno degli ultimi emendamenti, proprio quando questa novità stava per partire, rischia di incidere su un momento topico della procedura, facendo venir meno un presidio di trasparenza, oltre che rendere inutile il cospicuo investimento economico (500 mila euro circa) che l’Autorità ha sostenuto per applicare la disposizione.        

 Il giudizio complessivo sull’impianto resta, però, sospeso anche in attesa che si completi l’iter legislativo della conversione e soprattutto dell’approvazione della legge delega. Un solo suggerimento sia, però, consentito: il settore degli appalti ha assoluto bisogno di stabilità e certezza delle regole, e non di continui cambiamenti che finiscono per disorientare gli operatori economici e i funzionari amministrativi. 

  L’ANAC, se ci sarà richiesto, farà comunque la propria parte in leale collaborazione con Esecutivo e Parlamento, come ha già cominciato a fare designando, su richiesta del Ministro delle infrastrutture, un proprio componente per il tavolo di lavoro che si sta occupando della scrittura del regolamento.  

 

Per quanto riguarda il lavoro svolto nell’anno passato, segnalo che il 1° agosto scorso è entrato in vigore il regolamento sui poteri di impugnativa previsti dall’art. 211, commi 1-bis e 1-ter, del codice.  

Si tratta di poteri molto penetranti, che si è deciso di regolamentare specie sotto il profilo della tempistica e delle modalità di attivazione, privilegiando l’avvio d’ufficio per scongiurare rischi di strumentalizzazione da parte di operatori economici. Al riguardo, si è anche lavorato proficuamente con l’Avvocatura dello Stato sul tema della difesa in giudizio nei casi di effettiva impugnativa dei bandi da parte dell’Autorità.  

 

Il potere è stato esercitato con molta parsimonia (in sole 3 occasioni), in presenza di gravi violazioni del codice, e ha ottenuto il risultato del ripristino della legalità senza nemmeno giungere all’impugnazione perché le stazioni appaltanti si sono spontaneamente adeguate.   

Molto intensa è stata, inoltre, l’attività consultiva sia di precontenzioso che di natura interpretativa (i pareri rilasciati sono stati 685 nel 2018 e quasi 3.300 nel quinquennio). 

 Proprio perché da tale attività scaturiscono atti destinati ad essere utilizzati al di là della vicenda concreta, nell’ultimo biennio l’Autorità, su alcune questioni di particolare interesse (partecipazione in forma associata, soccorso istruttorio, avvalimento e subappalto), ha predisposto delle rassegne ragionate sulle proprie decisioni, così come ha incentivato la redazione delle “massime” dei singoli pareri per consentire agli operatori di attingere ai “precedenti”, agevolandone in tal modo l’applicazione. 

 

Per entrambe le tipologie di parere sono stati adottati nuovi regolamenti. Si tratta del Regolamento sull’attività consultiva del 21 novembre 2018 e del Regolamento di precontenzioso del 10 gennaio 2019. Quest’ultimo è stato aggiornato con l’obiettivo di semplificare ulteriormente le procedure e di accelerare i tempi di risposta, grazie anche al contributo del Consiglio di Stato che ha fornito preziose indicazioni, tra l’altro, sui soggetti legittimati a presentare istanza e sulle fattispecie di inammissibilità.  

In materia di appalti l’impegno maggiore si è ovviamente concentrato sulla vigilanza. Numerosissimi sono stati gli esposti giunti, tanto che è stato necessario adottare un Comunicato (Comunicato del Presidente del 27 aprile 2017), per spiegare quali sono le tipologie di illecito su cui l’Autorità può intervenire, e numerose anche le attività istruttorie avviate, circa 680 nel 2018 e oltre 7.300 nel quinquennio (che sono, in modo più esaustivo, indicate nella relazione generale pubblicata sul sito). 

 Partendo dalla vigilanza ordinaria vorrei soffermarmi, con una considerazione generale, sugli appalti di lavori e poi su alcune tematiche specifiche, e cioè concessioni, gestione dell’accoglienza per i migranti, rifiuti e sanità. 

 

Sui lavori da anni si riscontrano gli stessi problemi: errori di progettazione, ribassi anomali recuperati con il meccanismo delle varianti, ritardi nella consegna dei cantieri, contenziosi che allungano i tempi e aumentano i costi, ma anche stazioni appaltanti non sempre attrezzate per i propri compiti e operatori economici che avanzano pretese risarcitorie non di rado esagerate. Problemi – è bene dirlo chiaramente – che nulla hanno a che vedere con la presunta inadeguatezza del codice, anche perché in molti casi riguardano opere partite ben prima, persino del previgente testo del 2006. 

Sulle concessioni, prima del crollo del Ponte Morandi, l’Autorità ha avviato un’ampia indagine prodromica all’esercizio dei poteri di vigilanza previsti dall’art. 177 del codice (il cui avvio è stato poi rinviato con il decreto sblocca cantieri); sono state chieste informazioni a concedenti e concessionari e dall’esame sono emerse svariate problematiche, segnalate anche a Governo e Parlamento lo scorso ottobre (Atto di segnalazione n. 4 del 17 ottobre 2018), aventi ad oggetto soprattutto le proroghe, anche di molti anni, e lo scarso controllo dei concedenti. 

 

Dopo il crollo del Ponte Morandi l’Autorità ha avviato un’indagine su altre infrastrutture in concessione, focalizzando l’attenzione laddove la percentuale degli investimenti realizzati rispetto a quelli previsti è risultata inferiore al 90%.  Nel corso del 2018 è anche proseguita l’attività di vigilanza nel settore delle concessioni autostradali, raggiungendo un risultato che non è esagerato definire storico e cioè la pubblicazione integrale delle convenzioni e dei relativi allegati, ivi inclusi i piani economico-finanziari (c.d. “PEF”); risultato per il quale l’Autorità ha dovuto effettuare una lunga ed estenuante interlocuzione con l’amministrazione e con il concessionario e che è stato ottenuto, purtroppo, solo a seguito delle polemiche scoppiate dopo la tragedia del crollo del Ponte Morandi. Si tratta comunque di un passo in avanti verso una maggiore trasparenza del settore!   

 

Sulla gestione dei centri di accoglienza per i migranti, le numerose vigilanze effettuate e le criticità emerse (Tra le maggiori criticità riscontrate di recente si segnalano gli eccessi di proroghe, gli affidamenti diretti e i criteri valutazione delle offerte basati sulle caratteristiche dell’impresa e non sulla qualità dell’offerta (si vedano le delibere n. 199 del 1° marzo 2018 e n. 721 del 31 luglio 2018.) hanno consentito di lavorare in una logica propositiva, elaborando buone pratiche per il settore e permettendo, di conseguenza, nel 2017 di rendere un primo parere al Ministero dell’interno sullo schema di capitolato per la fornitura di beni e servizi per i centri di maggiore dimensione. Più di recente, lo scorso luglio, sempre con il Ministero, è stato siglato un protocollo di intesa per collaborare alla elaborazione di bandi specifici per ciascuna tipologia di ospitalità, realizzando così uno strumento di razionalizzazione delle procedure, già utilizzato da numerose (ben 78) Prefetture. 

 

In ordine alla gestione dei rifiuti, in tante occasioni e anche in sede di audizione parlamentare, ho avuto modo di rimarcare come il settore, da nord a sud, si caratterizzi da anni per problemi strutturali e violazioni sistematiche del codice.  

Il quadro è aggravato dalle significative infiltrazioni mafiose e dal paradosso che, anche in presenza di interdittive antimafia, non si riesce spesso a sostituire il gestore del servizio per la difficoltà di impostare gare realmente concorrenziali. (È il caso, ad esempio, del Comune di Catania, in cui la procedura di gara per la gestione dei rifiuti era andata deserta per ben 4 volte, e della Società Ama Roma S.p.A., in relazione a una procedura, anch’essa andata deserta, per l’individuazione di impianti di trattamento di rifiuti indifferenziati di soggetti terzi, settore nel quale alcune imprese potenziali concorrenti erano state colpite da interdittiva antimafia).Per tale ragione, l’Autorità ha dedicato all’argomento un capitolo del Piano Nazionale Anticorruzione del 2018, con cui ha provato a indicare possibili soluzioni alle problematiche, sia su alcuni aspetti della governance (ad esempio, segnalando l’esigenza di una corretta perimetrazione degli ATO) sia sulla predisposizione dei bandi (ad esempio, prevedendo l’iscrizione nelle white list, le certificazioni ambientali e il rating di legalità) e ha anche deciso di accogliere diverse richieste di vigilanza collaborativa sul settore. 

 

Il PNA del 2018 ha enucleato alcune problematiche di fondo: su tutte, la variegata e frammentata distribuzione delle funzioni fra regioni, province, comuni e ATO, questi ultimi in alcuni casi non ancora operativi o neppure definiti, e la presenza di piani regionali completamente obsoleti. Nel Piano si sono date anche altre indicazioni, come la creazione di una banca dati per raccogliere su scala nazionale le informazioni sulla filiera e sulle diverse frazioni di rifiuto, così da favorire omogeneità e trasparenza in fase di pianificazione, affidamento e gestione. 

 

Sulla sanità, infine, fra le varie attività svolte, va qui citata un’indagine conoscitiva effettuata nel 2018, (Indagine conoscitiva sul mercato dei dispositivi medici per l’autocontrollo e l’autogestione del diabete, settembre 2018.) sui prezzi e sulle modalità di approvvigionamento dei dispositivi per diabetici da parte degli enti del servizio sanitario nazionale, realizzata grazie anche alla qualificata collaborazione di Agenas. 

 

Il risultato dello studio, doverosamente trasmesso anche al Governo, dimostra che i prezzi ottenuti tramite gara sono molto più bassi e che se tutte le regioni si allineassero a questi prezzi, i risparmi ottenibili a livello nazionale sarebbero di oltre il 42%, pari a circa 216 milioni di euro annui! 

 

La rilevazione, in particolare, ha mostrato che oltre il 90% degli acquisti avviene tramite convenzione con le farmacie e solo il 6,5% tramite gara pubblica e che il prezzo unitario medio di una striscia per il controllo della glicemia passa dai 50 euro della convenzione ai 23 euro della gara pubblica, a dimostrazione di come trasparenza e concorrenza siano strumenti non solo necessari per il contrasto alla corruzione ma anche per contenere le spese.  

 

Sul versante della vigilanza collaborativa va segnalato il successo che continua a riscuotere l’istituto. Negli ultimi 15 mesi sono stati infatti stipulati 25 nuovi protocolli (anche se maggiori erano le richieste. Nel 2018 e nei primi mesi del 2019 sono state rigettate 6 richieste; 27, invece, il totale dei rigetti dal 2015. Tra le motivazioni del mancato accoglimento rientrano la presentazione di richieste generiche o prive delle procedure in concreto da vagliare, ovvero non rientranti nelle fattispecie o nei parametri di criticità e importo previsti dal regolamento.    Si veda l’art. 6, comma 2, del decreto legge 35 del 2019 avente ad oggetto “Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria”) e ben 75 procedure sono state sottoposte al vaglio. 

A questi si aggiungono gli accordi di alta sorveglianza sull’Universiade di Napoli 2019 e su Expo Dubai 2020, da cui sono scaturiti quasi 300 pareri elaborati dall’Unità Operativa Speciale.  

 

Il supporto fornito alle amministrazioni si sta rivelando molto utile e proficuo perché i controlli preventivi, effettuati con l’obiettivo di ridurre i rischi di corruzione, finiscono per avere effetti positivi anche sul contenzioso. Infatti, nei pochi casi di impugnazione delle procedure controllate, le stazioni appaltanti sono uscite quasi sempre vittoriose.

 La valutazione positiva dello strumento è condivisa dal Governo, che nel recente decreto sull’emergenza sanitaria in Calabria ne ha previsto l’attivazione. Si veda l’art. 6, comma 2, del decreto legge 35 del 2019 avente ad oggetto “Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria”.                                       

 Su richiesta del commissario straordinario si era prevista la vigilanza anche sugli appalti per la ricostruzione del Ponte Morandi; l’Autorità, però, dopo tre mesi, non essendo stato sottoposto a controllo alcun atto, ne ha deliberato la risoluzione.  

 

 Trattando di appalti, è doveroso un breve passaggio sulla banca dati dell’ANAC, che a ottobre 2018 ha conquistato il primo premio del concorso indetto dalla Commissione Europea sul procurement digitale, categoria registri nazionali sui contratti pubblici. Si tratta di un  grande patrimonio di cui andar fieri, che contiene migliaia di informazioni utilizzate per le nostre finalità, messe anche a disposizione dell’autorità giudiziaria e delle forze di polizia per le indagini e delle università per svolgere studi e analisi.  La banca dati diverrà nel prossimo futuro liberamente fruibile da tutti gli interessati, come già previsto in un regolamento del 2018.

ANAC RELAZIONE ANNUALE 2018 AL PARLAMENTO 6.6.2019.pdf

(*) Stralcio dalla relazione di Raffaele Cantone, presidente dell’ANAC, Anno 2018

 

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