L’opposizione della sinistra del Pd al contratto a tutele crescenti è la prova definitiva che sul lavoro si gioca una battaglia politica che ha poco a che fare con l’obiettivo di portare il nostro Paese fuori dal ristagno economico. Tutti sanno che l’art. 18 non crea e non conserva neanche un posto di lavoro per i giovani. Poche imprese sono oggi disposte a offrire un contratto a tempo indeterminato a chi entra nel mercato del lavoro. Pesano le incertezze legate all’inserimento e alle capacità dei nuovi assunti, la difficoltà di dimostrare la giusta causa nel caso di risoluzione del contratto e, soprattutto, i costi fiscali e contributivi che gravano sui contratti a tempo indeterminato.
La conseguenza è che i giovani si devono accontentare di contratti a termine o a progetto o sono costretti ad aprire una partita Iva sopportando costi esorbitanti. Il contratto a tutele crescenti non sarà la panacea. Nella migliore delle ipotesi dovrebbe facilitare un’assunzione regolare, eliminare il percorso a ostacoli, del rinnovo sequenziale di contratti a termini, portare il rapporto tra giovani e datori di lavoro su un sentiero di stabilità e reciproca fiducia, rendere più conveniente l’addestramento professionale.
Basterà ad eliminare l’abuso dei contratti atipici?
Il recente decreto Poletti che semplifica l’uso dei contratti a termine è coerente con l’ipotesi di fare del contratto a tutele crescenti la strada maestra per l’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro?
Non è detto che tutto funzionerebbe come promesso dagli estensori del progetto. Non bisogna dimenticare che la chiave di volta del successo della Germania sul versante della ripresa economica e dell’occupazione è stata principalmente il decentramento della contrattazione e la flessibilità nella gestione della manodopera. Tuttavia, la battaglia che hanno aperto il sindacato e la sinistra Pd non si occupa delle questioni importanti aperte dal progetto di legge in discussione.
Si è deciso, invece, di agitare lo spettro dell’art. 18 un’occasione per aprire nuove ferite a sinistra. Ma quale sarebbe la lesione dei diritti che il contratto a tutele crescenti verrebbe a creare?
Si crede veramente che la preoccupazione di non essere adeguatamente protetti da un giudice in caso di licenziamento per ragioni disciplinari immotivate, o per discriminazione sindacale, sia in cima ai pensieri di un giovane interessato a un rapporto di lavoro stabile e duraturo?
E’ forse meglio rinunciare a ogni cambiamento e rimanere con un vero precariato senza neanche un indennizzo monetario per chi perde il lavoro?
Si può comprendere che il sindacato veda nel contratto a tutele crescenti il pericolo di indebolire la propria forza contrattuale. Si tratta di una reazione poco lungimirante ma, tuttavia, tipica di un’organizzazione che rappresenta interessi sociali.
Viceversa, il fatto che la sinistra Pd sposi in pieno la visione del sindacato su tale questione è frutto di una mancanza di maturità politica. Chi si oppone a Renzi all’interno del Pd ha scelto di farlo sulla base di una divisione ideologica tra destra e sinistra.
Ma una sinistra lontana dai problemi veri del Paese rischia di apparire conservatrice e minoritaria di fronte ad un’opinione pubblica sempre più consapevole che il lavoro non si crea con avvocati e carta bollata e che le riforme strutturali sono necessarie.
Pubblicato su 24ore del 21/09/2014