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L’effetto cosmetico del ricalcolo del PIL

Il Sec (Sistema dei conti nazionali), come annunciato dall’Istat, ha elaborato una nuova metodologia di calcolo del Prodotto Interno Lordo (Pil), condivisa a livello europeo, con l’obiettivo di “armonizzare” diverse voci, tra cui quelle sulle attività illegali (droga, prostituzione e contrabbando) e sulla ricerca e sviluppo. Si chiama Esa 2010 e costituisce una novità importante per quanto riguarda le informazioni sullo “stato di salute” di un Paese.

L’Istat ha cominciato a ricalcolare i dati a partire dal 2011, mentre quelli sul 2013 dovrebbero essere pronti per il 22 settembre, attesi dal governo per mettere a punto la revisione del Documento di economia e finanza. 

Il Pil del 2011 ricalcolato con i nuovi indicatori sarebbe pari a 1.638,9 miliardi, 59 in più rispetto al livello precedente. L’incremento è dunque del 3,7%, persino superiore alle attese. Sono ottime notizie per la finanza pubblica, perché l’aumento del Pil fa automaticamente calare i parametri rilevanti ai fini del rispetto del Patto di stabilità: un prodotto interno più alto si traduce in una riduzione del rapporto di indebitamento, che passa, per il 2011, dal 3,7 al 3,5%.

 

PROSPETTO 1 – CONTO ECONOMICO DELLE RISORSE E DEGLI IMPIEGHI

Anno 2011. Valori a prezzi correnti in miliardi di euro e valori percentuali

 

Fonte: Istat, IL RICALCOLO DEL PIL PER L’ANNO 2011, 9 settembre 2014

 

La prima e più discussa novità sta nell’inclusione dell’economia illegale nel calcolo del Pil che, da sola, contribuisce per 15,5 miliardi (pari all’1%). Nel dettaglio, le droghe valgono 10,5 miliardi, l’attività di prostituzione 3,5, la vendita clandestina di sigarette 0,3. 

Ma la vera sorpresa è data dal fatto che la quota che contribuisce maggiormente all’aumento del Pil è da attribuire alla capitalizzazione delle spese per “ricerca e sviluppo”: 20,6 miliardi, pari a 1,3 punti percentuali di Pil. Entra per la prima volta nel calcolo perché finora era considerata una spesa e non un investimento. Se non altro, fa ben sperare (anche se è difficile immaginarlo) il fatto che la ricerca e sviluppo nel nostro Paese valga più di stupefacenti e prostitute!

La restante parte della rivalutazione, corrispondente a 1,3 punti percentuali, deriva dalla combinazione di molti effetti dovuti alle innovazioni introdotte nelle fonti e nelle metodologie nazionali.

L’istituto di statistica dà poi una nuova stima dell’economia sommersa, cioè tutto ciò che non viene dichiarato e che sfugge quindi al fisco. L’economia sommersa, in realtà, è già da tempo inclusa nella misura del Pil nel nostro Paese, ma la fase di revisione dei conti ha fornito l’opportunità di rivedere e migliorare le metodologie di stima. I fattori di ricalcolo presi in esame hanno riguardato i seguenti fattori: la quantificazione dell’input di lavoro irregolare; le procedure di correzione della sotto-dichiarazione dell’attività delle imprese; la stima dei redditi da lavoro dipendente per il lavoro irregolare.

Nel complesso si tratta di circa 187 miliardi di euro, che nel 2011 pesa per l’11,5% del Pil. Sommando il sommerso con l’illegalità, il totale dell’economia “non osservata” (NOE), ovvero quella che, per motivi diversi sfugge alla osservazione diretta, lievita oltre quota 200 miliardi, che corrisponde al 12,4% del prodotto complessivo del Paese.

 

PROSPETTO 2 – IL PESO DELL’ECONOMIA NON OSSERVATA – Anno 2011

Descrizione

% rispetto al Pil

Attività illegali

0,9%

Economia sommersa

11,5%

Totale economia non osservata

12,4%

Fonte: Istat, IL RICALCOLO DEL PIL PER L’ANNO 2011, 9 settembre 2014

 

Anche le stime sull’occupazione sono destinate a cambiare: vengono ora integrate tutte le fonti amministrative con le informazioni relative all’attività lavorativa (e ai relativi redditi) e con quelle raccolte attraverso l’indagine sulle forze di lavoro. In particolare, viene rilevata anche l’occupazione irregolare nei segmenti in cui la presenza di un’attività lavorativa, misurata a livello individuale, non corrisponde ad alcuna forma di adempimento contributivo o fiscale. L’irregolarità riguarda tanto le prestazioni da lavoro dipendente che forme di lavoro autonomo.

In questo modo, l’input di lavoro misurato nel 2011 in termini di unità di lavoro è aumentato dello 0,7%, attribuibile principalmente all’acquisizione delle fonti informative censuarie e amministrative.  L’utilizzo di un diverso metodo di stima ha prodotto forti modifiche tanto nella distribuzione settoriale dell’occupazione che nel rapporto tra regolari e non regolari: il tasso di irregolarità risulta ora del 14,5%, a fronte del 12% precedentemente misurato.  

 

PROSPETTO 3 – REVISIONI DELLE UNITÀ DI LAVORO PER ATT. ECON.

Anno 2011, media annua in migliaia

 

Fonte: Istat, IL RICALCOLO DEL PIL PER L’ANNO 2011, 9 settembre 2014

 

Ora si attendono con attenzione e curiosità i calcoli del Pil per il 2013 che, come annunciato, dovrebbero essere pubblicati a breve. Una parziale revisione di tali calcoli sarebbe una vera e propria boccata d’ossigeno per l’Italia nel rispetto del Patto di stabilità.

Attenzione però a non commettere l’errore di considerare la crescita del Pil come la “panacea di tutti i mali” o come l’unico indicatore da tenere in considerazione per la crescita del Paese. Esso è infatti una semplice somma del valore di tutti i beni e servizi finali (in termini di prezzo di mercato) prodotti all’interno dei confini del Paese in un certo periodo di tempo, a cui si perviene considerando i valori aggiunti nei vari stadi della produzione. Non si considerano quindi le transazioni intermedie che non producono valore aggiunto e che non hanno quindi un prezzo di mercato.

Esistono tuttavia dei servizi non destinabili alla vendita che non hanno un vero e proprio prezzo di mercato (istruzione, difesa, giustizia, ecc.) o che hanno prezzi “politici” spesso inferiori ai costi di produzione. Il Pil ignora quindi ogni cosa che accade al di fuori del regno degli scambi monetari e non tiene conto dei costi sociali ed ambientali. 

Con questo criterio, alcuni fenomeni socialmente negativi (come il crimine, l’inquinamento o i disastri naturali) non solo non vengono presi in considerazione, ma spesso vengono considerati addirittura come guadagni economici, in quanto sono portatori di transazioni monetarie, per cui concorrono ad aumentare il prodotto interno.

Vengono inoltre ignorate le economie non di mercato, ovvero tutti quegli scambi che non danno luogo a flussi finanziari, come ciò che riguarda la cura dei bambini e degli anziani tra le mura di casa, oppure il volontariato.

Le modifiche introdotte al calcolo del Prodotto Interno Lordo – come quelle relative all’economia illegale non sono state apprezzate da tutti. Basti pensare che una seria lotta ad essa, d’ora in avanti, deprimerebbe il Pil. Ma è bene tenere a mente che il Pil, in quanto puro calcolo matematico, non può rappresentare nella sua interezza la complessità di un sistema economico. Occorre affiancare ed integrare il Pil con altri indicatori per avere una visione d’insieme più chiara ed esaustiva di ciò che sta accadendo nel nostro Paese.

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