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L’euro è un punto di non ritorno

D. Professor De Cecco, negli ultimi anni si sono levate numerose voci contro la moneta unica.

R. Lo scetticismo nei confronti dell’euro si spiega con la paura e la mancanza di fiducia. Di fronte a un mercato complesso, spesso manovrato da forze oscure, l’opinione pubblica preferisce optare per la soluzione più semplice. È una forma di populismo che si appella a un modello del passato nel quale si identificano tutte le certezze. C’è la volontà di attribuire tutte le colpe a un unico responsabile, e come durante il Nazismo c’erano gli ebrei, così oggi c’è l’euro.

D. L’euro ha migliorato lo stato della nostra economia?

R. L’euro è stato l’ultimo tentativo di soluzione razionale della nostra economia. Non metto in dubbio che l’industria tedesca ne abbia tratto dei benefici, ma è un’illusione pensare che, tornando alla lira, tutto si risolva. Lo documenta l’esempio dell’Argentina. Una volta espressi in lire, i debiti accumulati nell’era dell’euro saranno ancora più pesanti. In confronto alla crisi greca, quanto sta avvenendo in Italia è molto più preoccupante, anche perché il nostro è un Paese molto più grande.

D. Quali sarebbero le conseguenze più gravi dell’uscita dell’Italia dall’euro?

R. Basta ricordare l’inflazione e il tasso d’interesse dell’Italia prima di entrare nell’euro. Se l’Italia al momento dell’ingresso nella moneta unica non ha ottenuto di più, la responsabilità è stata principalmente dei nostri governanti. La colpa non è della Germania e trovo abbastanza ridicole le prese di posizione anti-tedesche, che nascono dal fatto di dimenticarsi che siamo tutti parte della stessa famiglia. Se riproponiamo oggi le divisioni che hanno lacerato l’Europa nella prima metà del ‘900, l’Italia si ritroverà nella situazione di sfascio nella quale l’ha spinta Mussolini.

D. Lei non rimpiange il passato dell’Italia dal punto di vista economico?

R. Non dimentichiamo che l’Italia ha un passato di fame, di emigrazione, di persone che negli anni ’50 erano costrette a vivere nelle grotte. Non riesco proprio a comprendere quanti, in nome della moneta nazionale, vogliono ritornare a quei tempi. Trovo altrettanto assurda la tesi secondo cui l’euro avrebbe aumentato i livelli di evasione fiscale. Dal 1860 in poi la percentuale di quanti in Italia non pagano le tasse è sempre stata molto elevata.

D. L’uscita dell’Italia dall’euro è stata sostenuta da diversi esperti. Ritiene che abbiano tutti i torti?

R. E chi sarebbero questi «soloni» che sostengono l’uscita dell’Italia dall’euro? Il premio Nobel per l’Economia, Paul Krugman, ha preso posizione contro l’euro e, basandosi sui prezzi della soia, è arrivato a dire che l’Argentina starebbe molto meglio dell’Europa. Krugman dovrebbe recarsi oggi di persona in Argentina per constatare le conseguenze di una politica economica sbagliata. L’Italia ha sprecato i quasi dieci anni di tassi di interesse sul debito pubblico e privato grazie all’euro. Non ha saputo riformare la propria economia e ora gli stessi che hanno osteggiato le politiche economiche corrette saltano sul carro della fuga dall’ Euro.

D. Eppure anche il Regno Unito è rimasto fuori dall’euro, ma oggi sta meglio dell’Italia. 

R. Il Regno Unito è un Paese unico al mondo, e la sua diversità dal resto del mondo è ancora più accentuata rispetto alla stessa Svizzera. A Londra investe l’upper class di tutto il mondo, ma solo gli inglesi sono in grado di gestire una situazione tale per cui sono dentro l’Unione europea ma fuori dall’euro.

 

 (*) Professore di economia e finanza dei Paesi emergenti alla Luiss di Roma

Intervista concessa a Pietro Vernizzi, il sussidiario.net 

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