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La conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dopo il job act

Un ulteriore decreto del Consiglio dei Ministri interviene in prima lettura in materia di tutele e conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, soprattutto mediante alcune modifiche  e un opportuno adeguamento alla giurisprudenza del T.U. n. 151/2001 sulla maternità. Risalta il grosso limite – dovuto a ragioni di copertura finanziaria – costituito dal carattere sperimentale delle misure, circoscritte nel tempo: 2015 ed estensione fino al 2018, per pochi casi.

Premessa

Lo schema di decreto, approvato in via provvisoria da Consiglio dei Ministri in data 20 febbraio u.s. ha richiamato l’attenzione per il carattere sperimentale (mera attuazione della delega?) delle disposizioni introdotte a favore della maternità e paternità, con ampliamento dei congedi, ma limitatamente al solo anno 2015 e per le sole giornate di astensione riconosciute nello stesso anno. Apprezzabile la scelta, secondo la quale, in riferimento alle misure concernenti la conciliazione dei tempi di vita professionale e privata, l’esperimento viene esteso, invece, al triennio 2015/2018. Allo stato attuale, in attesa del completamento della delega, di cui alle legge n. 183/2014, non sembrano praticabili ulteriori sforzi finanziari, mirati ad una copertura di più ampio respiro. 

Contenuti del decreto

Comprendono, come già accennato, soprattutto l’ampliamento e il miglioramento delle tutele, toccando in via prevalente vari passaggi del T.U. n. 151/2011 sulla maternità.

Particolare attenzione è dedicata, anzitutto, al congedo obbligatorio di maternità, per il quale viene stabilito che i giorni non goduti prima del parto prematuro si aggiungono al periodo di congedo di maternità post partum, anche superando il limite di cinque mesi. Viene, altresì, introdotto il diritto della madre di chiedere la sospensione del congedo, in caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata; l’istanza deve essere, tuttavia, accompagnata da certificazione medica, che attesti la compatibilità dello stato di salute, con la ripresa dell’attività lavorativa.

Il congedo di paternità spetta anche nel caso della madre lavoratrice autonoma con diritto alla prevista indennità. E’ precisato, altresì, che l’indennità a favore del padre lavoratore autonomo è dovuta, così come nell’ipotesi di lavoro subordinato, per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua spettante  alla lavoratrice, in caso di morte, di grave infermità ovvero di abbandono ovvero ancora di affidamento del bambino al padre in via esclusiva.

In tema di congedo parentale, è previsto nello schema di decreto l’ampliamento della fruibilità dagli attuali  8 anni  fino ai 12 anni di età del bambino, nonché la possibilità di avvalersene anche  su base oraria, pur in mancanza della regolamentazione da contratto collettivo.

L’indennità pari al 30% per la durata di sei mesi (non più prolungata in presenza di determinati redditi minimi) viene estesa dai tre anni attuali ai sei anni di età del bambino.

Ancora, il congedo parentale per i minori portatori di handicap è esteso anch’esso, quanto a fruibilità, fino all’età di dodici anni del bambino.

Novità anche in materia di adozioni ed affidamento: estensione della possibilità della sospensione del congedo di maternità in caso di ricovero del bambino, estensione del congedo non retribuito al padre, anche in caso di madre non lavoratrice, per il periodo di permanenza all’estero, nell’ipotesi di adozione internazionale. Inoltre, il congedo parentale può essere goduto di genitori adottivi od affidatari entro dodici anni dall’ingresso del minore in famiglia, mentre l’indennità del 30%, prevista per sei mesi, deve essere usufruita entro sei anni dall’ingresso del minore in famiglia. Non sussiste l’obbligo del lavoro notturno della lavoratrice madre adottiva od affidataria (in alternativa del padre convivente, così attendibilmente con assimilazione al genitore naturale) di un minore,  nei primi tre anni dal predetto ingresso e, comunque, non oltre il dodicesimo anno di età.

Una particolare disposizione riguarda le libere professioniste, che, in caso di adozione o affidamento, godono dell’indennità di maternità per lo stesso periodo dei lavoratori subordinati, vale a dire per cinque mesi, previa istanza da indirizzare allo specifico Ente di previdenza, entro 180 giorni dall’ingresso del minore in famiglia.

A proposito degli scritti alla Gestione separata dell’INPS, è da registrare l’automaticità delle prestazioni, vale a dire indipendentemente dall’avvenuto versamento dei contributi da parte del committente.

E’ stata, inoltre, introdotta una precisazione, frutto degli accadimenti registrati nel tempo, secondo la quale la lavoratrice o il lavoratore non sono tenuti al preavviso, in caso di dimissione nel periodo di divieto di licenziamento fino a un anno di età del bambino.

Di rilievo anche la disposizione riguardante il telelavoro di carattere evidentemente promozionale: il ricorso da parte del datore di lavoro privato, per motivi dovuti alle cure parentali, in forza di intese sindacali, comporta il beneficio dell’esclusione dei telelavoristi dal computo dei limiti numerici, previsti da leggi o contratti collettivi, per l’applicazione di particolari normative o istituti (v., ad esempio, la disciplina sul collocamento dei disabili).

Merita richiamo a parte, per l’assoluta novità, l’introduzione nel decreto del congedo a favore delle donne vittime di violenza di genere, dipendenti da datori di lavoro pubblici o privati.

E’ prevista la possibilità di astensione dal lavoro, con preavviso non inferiore a 7 giorni, per un massimo di tre mesi, con retribuzione e maturazione delle ferie e degli altri istituti contrattuali, previo inserimento in percorsi di protezione certificati dai servizi sociali del Comune o residenze dei Centri antiviolenza o Case di rifugio. Il congedo può essere usufruito su base giornaliera o oraria, in conformità alle previsioni degli accordi collettivi.

Una ulteriore agevolazione consiste nell’accordare la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale. La sospensione del rapporto contrattuale per tre mesi è estesa anche al  lavoro a progetto.

Sono fatte salve nella stessa specifica materia le disposizioni più favorevoli previste dai contratti collettivi.

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