Una analisi e riflessione rilevante quella presentata il 9 febbraio scorso dall’Osservatorio sociale della contrattazione sociale della CISL. Si è esaminata la “contrattazione sociale di prossimità”. Contrattazione, “come negoziazione in ambito sociale che aspira alla forza del contratto di lavoro, ovvero spinge per decisioni vincolanti”. Essendo consapevoli che la contrattazione sociale è di tipo volontaristico e non cogente. Prossimità per gli ambiti territoriali e comunitari dell’impatto e per i legami relazionali che implica.
L’interesse ad una tale ricerca sulla contrattazione è motivata dal periodo preso in esame, dal numero di intese, dalle materie affrontate e soprattutto i destinatari degli interventi previsti.
Il periodo preso in esame è il 2015. Con il doveroso confronto al 2014. Fase di rilevante calo della spesa sociale, di tentativi di riforma degli assetti delle competenze, a fronte della strutturale frammentazione del welfare e i divariterritoriali.
2. Gli accordi raccolti e classificati nell’archivio dell’Osservatorio Sociale sono oltre 5 mila. Quelli del 2015 ammontano a 1002. E’ la Lombardia la regione con maggior numero di accordi (il 47,2% del totale nel 2015), seguita, in ordine decrescente: Emilia-Romagna (152 accordi, pari al 15,5% del totale), Puglia (100, 10,2%), Toscana (71, 7,2%), Piemonte (67,6%), Marche (47, 4,8%) e Lazio (41, 4,2%).
3. Quanto alla sfera territoriale, gli accordi firmati nel 2015 sono, nella quasi totalità dei casi, validi a livello comunale (72,2%) o sovracomunale (22,2%); le intese che hanno validità a livello regionale rappresentano il 3,1% e quelle che insistono sull’ambito provinciale sono il 2,6% del totale. Confrontando con il 2014 è da rilevare che la contrattazione sociale si è spostata verso il livello intercomunale con la riduzione percentuale degli accordi con validità a livello comunale e regionale. Si può ipotizzare a riguardo lo sviluppo dell’assetto della politica sociale in ambiti e piani sociali.
4. Gli accordi solo marginalmente sono sottoscritti dalle associazioni imprenditoriali. Nella maggioranza dei casi firmatari sono le tre confederazioni sindacali. E’ da evidenziare lo scarso coinvolgimento, almeno all’atto della stipula, del Terzo settore che pure risulta essere un alleato sociale in molte degli interventi di politiche territoriali.
5. Su quali tematiche si è incentrata la contrattazione territoriale? Secondo il sistema classificatorio dell’Osservatorio gli accordi siglati nel 2015 riguardano in prevalenza le politiche socio-familiari (72,9%)e le politiche fiscali (64,6%). Seguono: le politiche per il mercato del lavoro (37,3%), politiche per il territorio (35,4%) e politiche sanitarie (27,6%).
Come sono distribuite le tematiche su base regionale? In Puglia la quasi totalità degli accordi (96,0%) insiste sull’area mercato del lavoro; in Piemonte e Toscana vi è una percentuale molto elevata, rispettivamente pari al 93,7% e 89,1%, di intese che ruotano attorno ai temi del fisco; in Liguria e Sicilia tutti gli accordi vertono sull’area sanità; in Sardegna, Molise, Liguria, Lombardia e Marche quasi tutti gli accordi si riferiscono alle politiche socio-familiari; nelle Marche e in Emilia-Romagna la prevalenza di accordi riguardano le politiche per il territorio.
Più interessante è notare che:
- ¬nell’ambito delle politiche socio-familiari le voci più frequenti sono il contrasto alla povertà ed esclusione sociale (36,3%), la definizione di criteri di compartecipazione delle famiglie al costo dei servizi (35,2%); il sostegno alle problematiche abitative (31,2%), la fornitura di servizi di vario genere (28,4%), le azioni di sistema (28,0%), i servizi per l’infanzia (24,0%); limitati gli interventi relativi alla disabilità e alla non autosufficienza (9,6%);
- ¬nelle politiche fiscali, più comuni sono gli interventi relativi alla fiscalità locale (63,3%) e quelli sul costo dei servizi locali (16,1%);
- ¬nelle politiche per il mercato del lavoro, prevalgono le misure di sostegno all’occupabilità ( 29,9%);
- ¬nelle politiche per il territorio sono prevalenti le azioni di sistema (15,5%); la garanzia della sicurezza della cittadinanza (12,0%), le azioni per il potenziamento delle infrastrutture (8,3%), le azioni per garantire la qualità dell’ambiente (7,4%), le misure a sostegno del trasporto pubblico locale (7,2%);
- ¬ nelle politiche sanitarie sono ricorrenti le misure volte a favorire la residenzialità (15,0%).
6. Le intese non specificano sempre i destinatari. Sono 820 quelle in cui sono disponibili i dati per età e categoria di rischio sociale.
Nel 2015 quasi la metà (43,3%) degli accordi è destinato agli anziani (autosufficienti o non autosufficienti) ultra 65enni; il 21,9% agli adulti (adulti 35-65 anni e adulti in difficoltà); ai giovani il (7,6%).
Nelle Marche la contrattazione sociale è più incentrata sui giovani e gli adulti, mentre Lombardia e Sardegna si distinguono per la quota più elevata in favore degli anziani.
Per quanto riguarda la categoria di rischio sociale negli accordi sono indicati a scalare: la famiglia e i minori (54,1%); i disabili e non autosufficienti (38,5%); lavoratori in difficoltà (30,5%); soggetti a rischio di povertà ed esclusione sociale (26,3%). Le intese relative a questi soggetti a rischio risultano in crescita rispetto al 2014 (+5,9 punti percentuali).
7. Interessante, anche se parziale, è la precisazione del profilo dei Comuni in cui sono stati monitorati i processi di contrattazione sociale.
Dalla stima della popolazione virtualmente coperta ne consegue che:
- ¬le intese raccolte e classificate nel 2015 sono state sottoscritte in 1.795 Comuni;
- ¬si tratta, in prevalenza, di realtà amministrative di piccole dimensioni: il dato medio sulla popolazione residente è pari a 10.754 persone, mentre il dato mediano è di 3.664 persone;
- ¬nel complesso la popolazione potenzialmente interessata risulta pari a 19,3 milioni di persone;
- ¬nel 2014 la contrattazione sociale si è sviluppata, rispetto al 2015, in Comuni di dimensioni maggiori: il dato medio della popolazione residente è, in effetti, pari a 18.654 persone e quello mediano è pari a 6.354 persone;
- ¬la contrattazione sociale interessa Comuni che presentano, in media, una più spiccata propensione al sociale e valori di spesa sociale pro-capite più elevati. (Non è sciolto il nodo se ciò sia effetto della contrattazione oppure, al contrario, se la contrattazione avvenga in ragione di una gestione finanziaria degli enti locali più attenta al sociale).
Conclusioni.
Innanzitutto è da rilevare la positività di una struttura quale l’Osservatorio: momento di analisi e confronto tra mondo della ricerca e sindacato, articolazione di un processo di rilevazione di prassi sindacali complementari a quelle della contrattazione collettiva, monitoraggio dei comportamenti articolati delle strutture sindacali del territorio in interlocuzione con gli enti locali. Soprattutto in una fase come l’attuale caratterizzata da crisi economica e non superati problemi derivanti dal taglio della spesa pubblica e dei trasferimenti agli enti locali. Situazione peggiorata dalle incertezze istituzionali ed organizzative.
Emerge dai dati una frammentazione eccessiva delle acquisizioni relative alla contrattazione sociale di prossimità sia in termini di presenza sia in termini di contenuti. La presenza o meno di risultati, in quanto intese tra parti, non è necessariamente da addebitare al versante del sindacato. Trattandosi di processi non sempre avviati e/o concludenti. Ma apre la riflessione sulla tenuta in merito alla strategia nazionale in supporto alla necessità di consolidamento e sviluppo dell’attivazione e qualificazione dei presidi sindacali nel territorio.
Su tematiche quali le politiche sociali deve fa riflettere non tanto la limitatezza della presenza nelle intese dell’associazionismo imprenditoriale. Piuttosto il collegamento con l’alleato sociale da privilegiare: il Terzo settore.
Le tematiche affrontate corrispondono a fabbisogni reali. Non è valutabile se la scala di priorità degli interventi corrisponda a quella dei fabbisogni territoriali. Indicatore a riguardo è la prevalenza tra i destinatari della popolazione anziana (da collegare all’influenza nei territori del sindacato pensionati?) e la marginalità dei giovani.
La riflessione da avviare, in una valutazione non solo consuntiva, è quella relativa alle due sfide in atto in merito al welfare locale e alla contrattazione di prossimità: il contrasto alle povertà estreme, avviato con il Sostegno all’inclusione attiva e che necessita di soggetti attenti e reti di attori sociali; l’indotto territoriale della politica di welfare aziendale, che necessita di interlocuzione delle comunità locali.