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La parità di genere, questione che tocca il mondo del lavoro

La questione della parità di genere, negli ultimi tempi, sembra purtroppo essere una di quelle maggiormente dibattute dall’opinione pubblica italiana. Naturalmente scriviamo “purtroppo” non per sostenere che si tratti di una questione peregrina o di poco conto, ma perché il fatto stesso che se ne debba parlare ancora nel 2017 è indice di un grado di arretratezza sociale e culturale davvero preoccupante.

Le recenti manifestazioni popolari, come quella che lo scorso sabato 25 novembre ha affollato le strade di Roma per gridare dissenso contro la violenza maschile sulle donne, ci portano a riflettere a 360 gradi sulla condizione femminile in Italia, testimoniando la necessità di un rapido e definitivo cambio di rotta verso una società in cui maschile e femminile distinguano le persone soltanto nella grammatica.

Tra i vari temi che contribuiscono alla definizione dell’attuale (e fin troppo vecchio) problema della disparità di genere, c’è quello che riguarda il lavoro: in questo post, prendendo spunto dalla recente pubblicazione dei dati dell’Osservatorio sull’imprenditoria femminile, vogliamo sintetizzare alcuni numeri che riguardano proprio la condizione femminile nel mercato del lavoro italiano, con l’occhio puntato soprattutto sulle imprenditrici.

 

Le donne nel mercato del lavoro italiano: le imprenditrici

Secondo i dati dell’Osservatorio sull’imprenditoria femminile realizzato da Confartigianato, l’Italia è il Paese dell’Europa a 28 con il maggior numero di imprenditrici donne (qui puoi leggere un nostro articolo sul contributo delle donne all’innovazione grazie alle “imprese rosa”), sopravanzando anche contesti in cui la parità di genere sembra molto più vicina alla realtà dei fatti rispetto a quanto succede in Italia. Questi i dati dei Paesi ai primi tre posti nella speciale classifica:

  • Italia: 1.661.000 donne che svolgono attività indipendenti
  • Regno Unito: 1.641.300
  • Germania: 1.469.000

Tali dati, tuttavia, aggiungiamo noi, nascondono un elemento di non secondaria importanza: ossia che il numero delle imprese nel nostro Paese è di gran lunga il maggiore in tutta Europa. Secondo dati Eurostat, infatti, l’Italia anche in questo caso apre la classifica:

  • Italia: 3.700.00 imprese
  • Francia: 3.600.000
  • Spagna: 2.600.000

Regno Unito e Germania, che in questa classifica compaiono al quarto e al sesto posto, hanno rispettivamente circa 2 e 1,4 milioni di imprese.

Dunque va da sé che, alla luce di questi ulteriori dati, il rapporto percentuale tra le donne che svolgono attività indipendenti e il totale di chi ha un’attività in proprio sfavorisce l’Italia rispetto a Regno Unito e Germania. La situazione, insomma, non è così rosea come sembrerebbe leggendo i dati solo in termini assoluti.

 

Le donne nel mercato del lavoro: le imprese artigiane

Secondo quanto poi emerge dai dati dell’Osservatorio di Confartigianato, che naturalmente ci offre un approfondimento sull’economia dell’artigianato, le imprese artigiane guidate da donne in Italia sarebbero ben 181.482, dato che negli ultimi 10 anni è cresciuto del 2,5%. Queste imprese, tra titolari, socie e collaboratrici danno lavoro in totale a 354.882 donne, presenti in prevalenza nelle Regioni del Nord Italia. Questa la classifica ai primi tre posti:

  • Lombardia: 66.932 donne occupate nelle imprese artigiane femminili
  • Emilia-Romagna: 37.343
  • Veneto: 37.228

Dal punto di vista delle città, Confartigianato ci informa che le titolari di aziende artigiane si distribuiscono ai primi tre posti in questo modo:

  • Milano: 17.967 donne titolari di imprese artigiane
  • Torino: 16.186
  • Roma: 15.012

 

Le donne nel mercato del lavoro: il ruolo del welfare

Tuttavia il sistema del welfare italiano, come pure sottolinea l’Osservatorio, non aiuta al meglio le donne a condurre un’attività in proprio o a svolgere un lavoro dipendente.

La spesa pubblica italiana, infatti, secondo quanto emerge dalla rilevazione, risulta molto sbilanciata sul versante delle pensioni e della sanità per anziani, con 270,3 miliardi di euro. Per quel che riguarda le famiglie e i giovani, invece, si attesta attorno ai 25,2 miliardi (il 3% della spesa totale della Pubblica Amministrazione, contro una media UE del 3,7%; corrispondente all’1,5% del Pil, contro una media UE dell’1,7%). Se poi ci si mette che soltanto il 57,3% dei Comuni italiani offre servizi di asili nido e servizi integrativi per l’infanzia e che l’utilizzo di queste strutture è comunque molto basso, la situazione si complica ulteriormente, poiché nemmeno gli Enti locali sembrano supportare le famiglie.

Tutto questo, sottolinea Confartigianato, ha un’influenza davvero negativa sull’occupazione femminile, poiché non sempre sussistono le condizioni per conciliare lavoro e famiglia. A questo proposito, Confartigianato ha calcolato che in Italia il tasso di occupazione delle donne senza figli è pari al 56,9%, ma scende al 53,2% per le donne con figli. Se poi andiamo a vedere le donne comprese nella fascia d’età 25-49 anni, il tasso di occupazione per quelle che non hanno figli è del 70,4%, ma per quelle che hanno figli scende drasticamente al 56,7%. Si tratta di dati tutt’altro che incoraggianti, se consideriamo che pongono l’Italia all’ultimo posto in Europa, la quale in media vede un tasso di occupazione delle donne lavoratrici con figli pari al 71,3%.

Insomma, sembra che la strada per raggiungere la parità di genere nel mondo del lavoro sia ancora lunga, e proprio per questo bisogna percorrerla velocemente, mettendo in questione e contrastando anche e forse soprattutto tutto ciò che impedisce alle donne di avere il medesimo accesso degli uomini al mercato del lavoro.

 

L’articolo originale è in WeCanBlog

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