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“La Polonia vorrà un ruolo di primo piano nel dopoguerra “

Che ruolo sta giocando il governo polacco nella guerra in Ucraina? Ne parliamo con il professor Daniele Stasi, autore di un importante saggio, uscito per il Mulino, “Polonia restituita”. Daniele Stasi è professore ordinario di storia delle dottrine politiche presso l’università di Foggia ed è stato visiting professor presso le università “Luiss-Guido Carli” di Roma, l’università di Rzeszów e attualmente presso l’università di Varsavia. 

Professore, lei è un esperto autorevole della storia politica della Polonia contemporanea. Prima di analizzare il ruolo della Polonia nella guerra in Ucraina, vorrei che, in sintesi, ci dicesse qualcosa sul suo libro, uscito per il Mulino, “Polonia restituita” che è una storia del nazionalismo polacco. Qual è la tesi di fondo del suo saggio?

Oggetto del volume è la cultura politica polacca dagli inizi del Novecento al maggio del 1926, data del colpo di Stato del Maresciallo di Polonia, Józef Piłsudski. La cultura politica di questo periodo si sviluppa introno alla questione della riconquista e il consolidamento della sovranità nazionale cui è connessa la vicenda di due nazionalismi, quello “civico” e quello “etnico”, rappresentati dalle due figure carismatiche di Józef Piłsudski e Roman Dmowski. Piłsudski era sostenitore di uno Stato polacco multietnico e in grado di divenire in breve tempo una potenza regionale nell’Europa centro-orientale e arginare le velleità della nazione russa, che egli non amava. Dmowski, al contrario, pensava a uno Stato-nazione etnicamente coeso e in cui le minoranze, soprattutto quella ebraica, fossero, sul piano politico e del godimento dei diritti civili, in una posizione subalterna rispetto “ai veri polacchi”. I due nazionalismi, nonostante le vistose differenze, si ponevano gli stessi obiettivi: rafforzare la repubblica, modernizzare la nazione attraverso programmi e prese di posizione che, in ultima analisi, risultano incompatibili con lo Stato liberale e le forme democratiche di esercizio del potere. Da questo punto di vista, il destino della cosiddetta Seconda Repubblica (1918-1939) risulta segnato sin dai suoi primi anni di vita, contrariamente agli intenti di Woodrow Wilson che alla fine della prima guerra mondiale avrebbe voluto legare la riconquista della sovranità delle nazioni dell’Europa centro-orientale a un riformismo di stampo liberal-democratico. Negli anni Venti e Trenta, praticamente tutti gli Stati dell’Europa centro-orientale passeranno a forme di governo dichiaratamente autoritarie.

Ci sono elementi di continuità nel nazionalismo contemporaneo polacco con quello storico?

Sarei portato a definire il nazionalismo attuale “nazional-populismo” giacché si contraddistingue- oltre che per il richiamo a figure storiche quali Piłsudski  e Dmowski- per la rappresentazione del nemico, della minaccia esterna oppure del traditore. Fino a ieri, il nemico era rappresentato dall’élite dell’Ue che hanno disposto sanzioni nei confronti della Polonia causate dalle scelte del governo polacco palesemente inconciliabili con lo Stato di diritto. Oggi il nemico numero uno è Putin cui si attribuisce, tra l’altro, la responsabilità, senza fornire prove convincenti, della strage di Smolensk del 2010 in cui persero la vita numerosi esponenti della classe dirigente polacca, fra cui il presidente della Repubblica, e fratello gemello del capo del partito di “Diritto e Giustizia”, Lech Kaczynski. Il traditore è Donald Tusk, ex Presidente del Consiglio Europeo ed esponente di primo piano del Partito Popolare Europeo, accusato di essere “amico della Merkel” e di appartenere alle élite europee che vorrebbero impedire alla Polonia di realizzare compiutamente la sua sovranità. Intorno a Tusk, i media nazionali, sotto il pieno controllo dell’esecutivo, hanno costruito quella che si può definire un’autentica gogna mediatica. Tra le accuse mosse al leader liberale, anche quella, non tanto velata, di aver agito in combutta con Putin nell’orchestrare “l’attentato di Smolensk” nel 2010. 

Il nazionalismo e il populismo hanno un riferimento comune, il popolo o nazione, e la necessità di rappresentare un nemico, le élite politiche e corrotte che agiscono contro la l’interesse della nazione, oppure una minaccia interna o esterna. Nell’ottica dell’etnonazionalismo tra le due guerre tale minaccia era rappresentata dalla minoranza ebraica e dai consessi giudaico-massonici internazionali, oggi il nemico si cerca altrove. Per semplificare, senza la logica “amico-nemico” e l’immagine di un contesto internazionale paragonabile a uno stato di natura di tipo hobbesiano, il nazionalismo, anche nella sua versione più recente, quella populista, finisce per non avere presa sull’elettorato. Ciò appare maggiormente vero in quei contesti culturali e politici dove la manipolazione dei traumi storici del passato: le guerre, le disfatte, il sacrificio personale e la morte eroica, è funzionale alla costruzione di un’identità precisa della nazione da cui sono esclusi i traditori o chi semplicemente ritiene che quel tipo di retorica sia fondamentalmente, sul piano morale prima che politico, inaccettabile. Diverso è il discorso, ovviamente, per quello che riguarda l’ideale patriottico che non implica un’idea di spietata concorrenza delle nazioni e per cui “l’amor di patria” è associato al destino dei popoli e a quelli dell’umanità nel suo complesso. Il patriottismo di questo tipo contraddistingue una parte delle culture politiche nella Polonia contemporanea, soprattutto nell’Ottocento. 

Sappiamo che il governo è un governo nazionalista, con tratti di restaurazione tradizionalista illiberale, le chiedo: la guerra sta cambiando la politica polacca? 

Il governo porta avanti una linea chiaramente filostatunitense che mira al conseguimento di due obiettivi: sostenere la posizione della Polonia quale bastione occidentale contro le mire putiniane e dei suoi amici, ad esempio Lukashenko; ottenere da Washington un chiaro endorsement dal punto di vista politico ed economico che dovrebbe consolidare il ruolo di Varsavia nei confronti dei partnerseuropei. Se la Polonia, prima della guerra, era per l’opinione pubblica internazionale uno Stato che aveva intrapreso un braccio di ferro senza speranze con l’Ue e costruiva muri al confine bielorusso, l’immagine della Polonia in questo momento, e direi la sostanza della sua strategia politica, è decisamente cambiata. L’accoglienza di milioni di profughi dall’Ucraina, l’emergenza della guerra alle porte hanno fatto dimenticare, o messo in secondo piano, i problemi con l’Europa, la crescita galoppante dell’inflazione che attualmente è al 12%, la costruzione di muri, che continua ed è giustificata dall’alleanza di Lukashenko con Putin. Il protagonismo del governo polacco riguarda il ruolo geopolitico che lo Stato più grande dell’Europa centro-orientale si prepara a svolgere nei prossimi anni: di potenza regionale, qualunque sarà il risultato della guerra e come era negli obiettivi dei nazionalisti della prima metà del Novecento di cui parlo nel mio libro.  

La società civile polacca come sta vivendo la guerra? 

L’ombrello della Nato, la vicinanza degli Usa, testimoniata dalle visite in Polonia in queste settimane di Biden e di altri importanti esponenti della politica statunitense costituiscono un deterrente per Putin e le sue mire su questa parte dell’Europa, in passato satellite dell’Urss. I media polacchi sono allineati sulle posizioni della Casa Bianca soprattutto sulla politica energetica. Obiettivo del governo è dotarsi in breve tempo di fonti di energia indipendenti e sostanzialmente in accordo con il mondo occidentale invitando le altre comunità nazionali del Vecchio Continente a fare lo stesso. Anche sotto questo profilo, Varsavia mira a indebolire il ruolo della Germania, che su questi temi mantiene tutto sommato qualche riserva, e rafforzare il proprio. Un vecchio detto polacco recita: “Quando la Germania e la Russia sono divise o in contrasto, per la Polonia è una buona notizia”. 

Torniamo alla politica: quale ruolo, in questa crisi, vedono gli USA per la Polonia?

Da junior partner della Casa Bianca nella guerra indiretta alla demokratura di Mosca e nella lotta contro l’aggressione dell’Ucraina che fino a questo momento ha avuto il solo effetto di indebolire e isolare la Russia, allontanarla sul piano commerciale dall’Europa, provocare la tragica morte di migliaia di persone.

Professore, sicuramente sarà propaganda, i servizi di sicurezza russi accusano la Polonia e gli Usa di complottare per stabilire il controllo polacco sulla parte occidentale dell’Ucraina Accusa rilanciata anche da Peskov, il portavoce del Kremlino. Ovviamente il governo polacco dice che sono bugie create per creare diffidenza tra i due paesi. Cosa pensa di questa affermazione?

La visita dei tre premier, tra cui quello polacco accompagnato da Jaroslaw Kaczynski, a Kiev di qualche settimana fa ha spiazzato più di qualche osservatore non disposto a concedere a Varsavia il ruolo di player di primo livello nei Paesi che una volta si definivano postcomunisti. È evidente che il governo polacco si sta preparando per il dopo. Quali saranno gli equilibri alla fine dell’aggressione di Putin, Varsavia potrà vantare crediti di gratitudine nei confronti di Kiev e del mondo occidentale, oltre al ruolo di bastione della “civiltà europea” di cui abbiamo detto. Non mi pare un risultato da poco, soprattutto se paragonato alla situazione internazionale del gennaio scorso quando il governo polacco si dichiarava in perfetta sintonia con il filo putiniano Orban. La guerra ha sciolto o tagliato diversi nodi.

In definitiva, come si svilupperà, in prospettiva, la scelta Occidentale per la Polonia?

Rimarrà l’ambizione per i nazionalisti polacchi di ridefinire la narrazione sull’Occidente secondo letture ideologiche maggiormente consentanee alla loro politica, tra cui l’idea che i veri rappresentanti della cultura occidentale, alla fine, sono proprio i polacchi, contro il liberalismo cosmopolita e progressista che soffocherebbe le identità nazionali, la sovranità degli popoli e che afferma la superiorità dei diritti individuali o “stranieri” su quelli della nazione, basati sulla tradizione e su una certa idea di cattolicesimo lontana, è il caso di rilevare, dal magistero di Francesco. Nella politica di lungo periodo operano, come in un fiume carsico, processi ideologici che contrassegnano la rappresentazione dei confini di una comunità nazionale, della sua identità e conseguentemente delle sue alleanze e dei suoi avversari. I “dottori del realismo politico” tendono spesso a sottovalutare, oltre alla storia di questi Paesi, tali aspetti, tra cui il nazionalismo che costituisce, in un modo o nell’altro, una delle chiavi indispensabili per comprendere la tragedia che si sta consumando in Ucraina.    

 

Dal sito : https://www.rainews.it/articoli/2022/05/la-polonia-si-sta-preparando-al-dopoguerra-dove-avr-un-ruolo-di-primo-piano-intervista-a-daniele-5981ca30-0240-4f46-88ff-67782f9222f5.html

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