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La storia dell’acqua

Qualche giorno fa ho incontrato il padre di un mio caro amico. Questo signore è nato nel 1943 in un villaggio della Sardegna dal nome di Asuni nella provincia di Oristano

Passeggiavamo con passo lento per una strada di Roma ciarlando del nulla. Poi, come accade a molti in questi giorni, abbiamo iniziato a parlare della siccità, che come una coperta leggera ed implacabile è calata su ogni parte del Bel Paese.

E fra mille parole scontate, iniziò a raccontarmi “la storia dell’acqua”, non una favola, ma parte della sua infanzia passata in Sardegna. La testimonianza di quel mondo contadino ormai scomparso, mi consentirà nel proseguo di queste poche righe, di esporre alcuni semplici ragionamenti su questo liquido trasparente, divenuto oggi così prezioso.

Quando era bambino, Pietro, questo il suo nome, nel paese di Asuni non esisteva l’acqua dei rubinetti: niente acqua corrente. Gli infanti come lui, raggiunti i sette, otto anni, venivano spediti dalle madri con una brocca nelle mani a prendere l’acqua nella fonte più vicina, che comunque distava qualche chilometro dal paese. E così per tutte le giornate dell’anno: sia le calde dell’estate, come le fredde invernali.  Le tubazioni del prezioso liquido arrivarono insieme all’elettricità nel 1955. Si beveva la fresca acqua di fonte, e ci si lavava al torrente, scegliendo quello che scorreva alla distanza più breve dal paese.

Dopo qualche giorno incontrai di nuovo il saggio Pietro, e mi confessò che dopo la nostra chiacchierata, quei lontani ricordi dell’infanzia, gli erano tornati in un lungo sogno: nel dormiveglia si rivedeva bambino mentre tornava con la brocca affidatagli dalla madre colma d’acqua ancora fresca, quando all’improvviso inciampava in un sasso malevolo: la brocca cadeva in terra rompendosi e perdendo così tutta l’acqua. Sempre in sogno, tentava disperato di ricomporre la brocca con dell’argilla raccolta in terra, ma l’acqua continuava ad uscire da ogni fessura. Arrivato a casa, la madre lo sgridava, promettendogli anche un ceffone, che però spesso assomigliava ad una carezza. Poi il risveglio e fine della compagnia notturna di Ipnos: tuttavia la mattina il sogno era rimasto vivido nella sua memoria e gli aveva provocato una profonda emozione.

Questa “la storia dell’acqua” del signor Pietro, in equilibrio tra sogno e realtà, e da qui voglio cogliere spunto per tentare alcuni minimi ragionamenti sul prezioso ed indispensabile liquido trasparente, pur tentando di non farmi imbrigliare dall’esegesi del mondo contadino.

Andrò in ordine utilizzando un metodo, quello dell’elenco, che mi appare il più appropriato per mettere in fila una serie di semplici concetti/vocaboli che hanno come referente l’acqua.

  1. Sistema

Nel mondo contadino, pur nella durezza della vita giornaliera, esisteva un sistema consolidato e senza sorprese nell’approvvigionamento dell’acqua: un sistema di fonti, pozzi e di piccoli o grandi corsi d’acqua governati dalla saggezza contadina. Se una fonte momentaneamente si esauriva, subito nella mappa mentale degli abitanti erano localizzate tutte le altre. Una rete del liquido mondo, tramandata da generazione in generazione: era un sistema primordiale ma efficiente. Nel sogno Pietro tentava di riparare la brocca: ma il “sistema” non consente riparazioni. E’ efficiente solo nella sua interezza. Un processo che non ammette varianti.

Non serve ragionare su singole sezioni, ma occorre ragionare nella totalità del sistema: non la conoscenza del singolo tubo, ma dell’intera ragnatela.

  1. Educazione

Nella vita agreste, spesso matriarcale, come nel paese di Asuni, piccola comunità che abbiamo utilizzato come campione del nostro esperimento, l’educazione veniva affidata all’universo femminile: il rispetto del territorio, le regole della natura, i cicli delle stagioni, le ragioni dell’acqua; la pioggia che rinnovava le fonti ed i corsi d’acqua. La terra appena mossa per non sprecare nulla.

“Pietro fai attenzione quando porti la brocca: guarda dove metti i piedi!”

Educazione, non come “buone maniere”, nessun baciamano, ma come stare nella propria comunità, coscienti che ogni azione deve soddisfare le componenti del sistema

  1. Equilibrio

La natura dopo millenni di aggiustamenti tra i sistemi, aveva raggiunto sul territorio che circondava Asuni un equilibrio tra i biotopi dell’ecosistema. Gli abitanti di questo paese dell’oristanese nulla sapevano di Ernst Hackel, primo ad utilizzare il termine “biota”, pur tuttavia si sentivano parte di qualcosa, di un territorio, che non solo li circondava, ma gli dettava le regole: poche, ma precise ed implacabili. Se quando piove non fai provvista d’acqua, non avrai l’orto e non mangerai verdure.

E se il sole è troppo forte ed i raggi inclementi, copri il giardino delle essenze con un’incannucciata.

Accarezza e sorveglia i raccolti, perché anche loro vogliono essere ascoltati.

  1. Efficienza

E’ termine bislacco, spesso confuso con il massimo dispendio delle forze. Invece è l’esatto contrario: massimizzare le energie per il raggiungimento degli obiettivi. Se ari la terra (allora a mano) a mezzogiorno farai metà campo. Se lo fai alle cinque di mattina lo completerai. Se innaffi il basilico sotto il solleone, l’acqua non farà nemmeno in tempo ad arrivare alle radici, ma se quel bicchiere lo verserai la sera, lui ti ripagherà il giorno con il suo profumo.

  1. Spreco

Nel paese di Pietro non erano concessi sprechi o dispersioni.

L’approvvigionamento dell’acqua costava fatica e lunghe camminate. Esisteva un rapporto molto stretto tra la quantità di acqua immagazzinata e lo sforzo compiuto per il trasporto sino all’abitazione. L’impegno profuso per l’approvvigionamento idrico, rendeva il giusto valore al sacro liquido. Nel sogno la brocca si rompeva, facendo perdere tutta l’acqua. Pietro era affranto, non per timore della madre, ma per l’intima convinzione che non era concesso a nessuno il dispendio di energia e di liquido. 

  1. Valori

Ad Asuni, ancorato nell’ultima parte della lingua dell’oristanese, era presente anche un altro sistema: quello dei valori. Era strettamente legato al trascorrere della natura e non antropocentrico: acqua, aria, terra, monti, pianori, vegetazione, cibo, sesso e riproduzione.

Pietro era, come tutti gli abitanti, parte dei processi che l’alternanza delle stagioni riproponevano con poche sorprese. E comunque ad ogni eventuale episodio anomalo della natura, nella mappa concettuale di ogni abitante s’illuminava il led della soluzione; non cento ipotesi confuse e tra loro contraddittorie: una sola, come avviene in un alveare. Precipitazioni abbondanti? Immagazziniamo l’acqua nelle cisterne. Poche?  Sfruttiamo la brina mattutina e con la zappa rompiamo la crosticina impermeabile superiore del terreno, massimizzando l’assorbimento. E così via. La natura non era mai matrigna, ma sorella. Le soluzioni venivano da millenni di sperimentazioni sul campo: il Sapiens raccoglitore e cacciatore era diventato un abile conoscitore dei processi della natura. Tanti erano stati gli errori per arrivare all’oggi, ma oramai tutto era scritto nel pesante libro dell’esperienza.

Ma se questo elenco semplice ed incompleto (che poco ha di scientifico), ed i termini che lo compongono, con un salto pericoloso lo riproponiamo nel disordinato e velocissimo mondo dell’oggi, notiamo che i capoversi individuati e cioè Sistema, Educazione, Equilibrio, Efficienza, Spreco, Valori, si sovrappongono come dei perfetti coperchi ai contenitori aperti del mondo odierno ed in attesa d’interpretazione.

O meglio, sono adatti per un’interpretazione sistemica del territorio e del difficile governo dei fenomeni che sembrano sfuggirci di mano.

Certo non è più Pietro il protagonista: la lentezza di quei giorni sarà sostituita dalla velocità dei sistemi informatici ed informativi, ma gli obiettivi non cambiano. Una pianta che vuole l’ombra, non può essere messa a dimora in pieno sole, e questo lo deve sapere anche il più aggiornato dei computer, perché prima dell’invenzione del linguaggio binario la nostra storia si è trascinata dietro milioni di anni di esperienze riuscite o fallite

Tempo fa, dopo aver letto il libro di Carlo Ginzburg “il formaggio e i vermi”, mi interessai ad una modalità di interpretazione della storia, denominata “microstoria”, che prendendo spunto da fatti strettamente locali (in quel caso si trattava di due processi per eresia svolti nel 1500)  ricercava un metodo d’interpretazione della realtà dal basso, in una traslazione tra cultura popolare ed ufficiale.

E’ il tentativo di queste poche righe. Non buttare il bambino insieme all’acqua sporca: forse ad Asuni non avrebbero sprecato nemmeno quell’acqua.

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