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La Terza Missione dell’Università, quella sociale

Pochi giorni fa è stata pubblicata dall’ANVUR la Valutazione della Qualità e della Ricerca 2011-2014, uno strumento utile per monitorare lo stato di salute della ricerca in Italia e poter comprendere in maniera più approfondita come si stia consolidando la direzione intrapresa dal nostro sistema universitario.

L’ANVUR è l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca e si occupa per l’appunto della valutazione dell’attività delle università in Italia dal 2006, anno della sua fondazione.

La Valutazione della Qualità e della Ricerca è un’analisi triennale, arrivata alla sua seconda edizione ed è rivolta alla valutazione dei risultati della ricerca scientifica effettuata nel periodo 2011-2014 dalle Università Statali e non Statali, dagli Enti di Ricerca pubblici vigilati dal MIUR e da altri soggetti pubblici e privati che svolgono attività di ricerca. Hanno partecipato 96 università, 18 enti di ricerca e 21 altre istituzioni (9 consorzi interuniversitari e 12 enti di ricerca) che si sono sottoposte volontariamente alla valutazione.

La Valutazione ha riguardato tutte le attività degli Atenei ma una parte dell’analisi ha riguardato la cosiddetta Terza Missione.

 

In Europa si è iniziato a parlare della “Terza Missione” dell’Università nel 2000, grazie un testo della Commissione Europea nel quale si proponeva di promuovere l’innovazione in un’economia fondata sulla conoscenza. Il documento stabiliva che oltre al ruolo da loro svolto tradizionalmente nei campi dell’istruzione e della ricerca, le due “Missioni” principali, le Università avrebbero dovuto svolgerne anche una Terza: promuovere la diffusione della conoscenza e delle tecnologie. Un ruolo quindi non solo formativo ma anche sociale dell’università: collegamenti tra il mondo dell’Università e della scuola e il mondo del lavoro oltre al rafforzamento del rapporto con il territorio. Grazie a questo approccio la Valutazione non si è basata solo sui risultati teorici ma sul vero e tangibile impatto che le Università hanno sulla società.

 

Una delle novità rispetto alla precedente Valutazione è il peso attribuito alla cosiddetta Terza Missione delle Università che rivolge lo sguardo non solo ai loro risultati economici ma anche a quelli di natura sociale, vale a dire la produzione di beni pubblici a servizio della società, per un totale di 88 indicatori elaborati a questo scopo.

All’interno di questa categoria, la Terza Missione di natura sociale, gli indicatori più interessanti riguardano principalmente:

  • Produzione e gestione dei beni culturali: comprende lo scavo e fruizione di beni archeologici, la conservazione e gestione di poli museali e la gestione e manutenzione di edifici storici
  • Sperimentazione clinica, infrastrutture di ricerca, formazione medica: comprende la presenza o meno di Trial clinici, di centri di ricerca clinici e di bio-banche
  • Formazione continua: viene valutato l’utilizzo del potenziale formativo, l’orientamento verso la formazione continua e l’impatto sulla popolazione in età lavorativa
  • Public engagement: vengono considerati gli eventi organizzati per coinvolgere i cittadini del territorio al di fuori della didattica, ad esempio iniziative divulgative per bambini, open day, giornate di sensibilizzazione

Tra i dati più interessanti, sicuramente il numero di poli museali gestiti che sono 515, gestiti da 36 Università, o il numero di scavi archeologici condotti da Università che risultano essere 414 dei quali 101 aperti al pubblico. Per queste attività le Università hanno speso circa 2 milioni di euro e ne hanno ricevuti più del triplo. La perfetta somma di ricerca, economia e tutela dei beni pubblici per il territorio.

Per quanto riguarda il trasferimento tecnologico in senso stretto, sono stati studiati i risultati delle Università principalmente rispetto a tre categorie:

  • Brevetti: divisi in sottocategorie come i “Brevetti accademici” (dove tra gli inventori è presente un docente o un ricercatore dell’Università) e i “Brevetti d’Ateneo” (i brevetti di titolarità diretta dell’Ateneo). I dati in questa categoria sono incoraggianti. I brevetti sono stati 3.013 nel quadriennio 2011-2014, in media 753 l’anno, e di questi circa un terzo sono Brevetti d’Ateneo, quindi direttamente emanati dall’Università nel suo insieme e non come attività del singolo ricercatore. Questo dato basterebbe da solo a far capire come sia proprio l’Università come istituzione a impegnarsi in questo ambito
  • Attività per conto terzi: il valore generato con attività di ricerca, didattica e servizi offerti dalle Università a soggetti esterni. Per quanto riguarda questo tipo di attività, il valore generato è stato quasi di due miliardi di euro nel periodo 2011-2014, circa 500 milioni l’anno, che è più di quanto stanzia il ministero ogni anno per gli Atenei. Le Università hanno quindi iniziato a cercare fondi anche altrove dimostrando un notevole spirito di iniziativa
  • Spin-off: iniziative imprenditoriali aventi come finalità l’utilizzazione di brevetti, invenzioni, know-how o ritrovati derivanti dai risultati della ricerca scientifica universitaria. La tendenza risultante dall’analisi è decisamente positiva. Si è passati infatti dai 54 spin off del 2004 ai 139 del 2014. Da questo punto di vista è importante segnalare come non sia solo il Nord a fare da traino alla creazione di impresa ma anche il Sud stia lentamente alzando la testa. Tra le migliori Università, oltre “ovviamente” al Politecnico di Milano, l’Università di Reggio Calabria riesce a tenere testa a realtà come la Sant’Anna di Pisa o l’Università di Bologna

La Valutazione del mondo dell’Università è comunque ancora un work in progress. Con il prossimo triennio si tenterà di “aggiustare il tiro” e fotografare la realtà in maniera più precisa. Ancora troppe sono le aree grigie che non permettono un’analisi completa, come ad esempio il fatto che non siano censite tutte le Università e solo una piccola parte dei centri di ricerca abbia aderito alla Valutazione.

Un altro elemento che si consoliderà con il tempo, ma questo va da sé, è la quantità di dati confrontabili che solo dopo alcuni trienni analizzati permetterà di avere un quadro sempre più completo dello stato in cui si trova la ricerca in Italia.

Nonostante questo è chiaro che la Terza Missione sta diventando sempre di più un punto di riferimento fondamentale all’interno delle Università. Basti considerare che il 100% degli enti analizzati dall’ANVUR ha modificato il proprio assetto organizzativo per valorizzare queste attività, a volte anche istituendo delle dirigenze dedicate a questo scopo. Questa tendenza positiva può essere un’occasione per i ricercatori per riuscire a vedere messo in atto il loro lavoro e diventare così protagonisti della crescita sociale e economica dell’Italia.

  

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