1. Il percorso di riordino normativo del Terzo settore, avviato in Parlamento non ha ancora superato la prima tappa della sua definizione legislativa. Il testo del ddl delega al Governo è in Commissione. Successivamente si dovranno definire i decreti delegati.
Alcuni aspetti del provvedimento rischiano di essere influenzati, spesso senza approfondimenti e sulla scia di campagne mediatiche, dalle due inchieste aperte dalla Magistratura di Roma e che coinvolgono alcune cooperative sociali. In particolare la questione in esame è il sistema che si è instaurato negli affidamenti diretti.
Ma l’impianto complessivo dell’impresa sociale non può essere valutato da fenomeni patologici, pure gravi.
Sono, quindi, preziosi quegli studi tesi a fornire un contributo in termini di valutazione del Terzo settore ed in specifico della cooperazione sociale. Ciò non tanto per sottovalutare la gravità delle vicende romane che rimane tutta intera e che va accertata in tutti i risvolti e responsabilità. La valutazione va riportata nel contesto attuale del settore e delle sue prospettive. A riguardo è da apprezzare la terza edizione del Rapporto Iris Network I L’impresa sociale in Italia. Identità e sviluppo in un quadro di riforma.
2. In effetti la sequenza di evidenze negative dirette ed indirette ha colpito l’impresa sociale pur se in un contesto locale. E l’ha posta in una visione negativa. Le vicende di Mafia Capitale hanno sicuramente proposto a quale livello degenerato di “isomorfismo”, di imitazione rispetto all’impresa profit – che già è stata oggetto di più diffusi fenomeni corruttivi e di collegamento con la malavita organizzata – può arrivare un particolare sistema di impresa non profit.
In precedenza fenomeni di negatività, soprattutto per la cooperazione sociale, era dentro le tendenze “spurie”: nel settore si insediavano imprese che nulla avevano a che fare con mutualità, solidarietà, partecipazione, che sfruttavano i relativi “favor” per il tornaconto di soggetti, spesso collegati a personaggi politici locali, nel circuito delle gare al massimo ribasso o degli affidamenti diretti senza riscontri preventivi, ( ma era accertato il rispetto da parte degli affidatari dei requisiti istituzionali della cooperazione? Ma avevano consolidate le caratteristiche di professionalità per lo svolgimento delle attività, quali le verifiche dei risultati quantitativi e qualitativi sono state svolte le attività?). E allora avanti verso la dequalificazione dei servizi e le condizioni di lavoro non allineate con i trattamenti economici e normativi. E il proliferare della vertenzialità individuale da parte di falsi soci lavoratori.
Nel mercato degli appalti pubblici e dei sistemi di agevolazione da evidenziare c’era, soprattutto a livello locale (e c’è ancora) la questione di vantaggi / svantaggi competitivi nei costi di produzione, tra impresa cooperativa e associazionismo di promozione sociale. Anche in questo caso lasciato alla decisione delle convenienze degli amministratori pubblici locali. La riforma del Terzo settore a riguardo potrà fornire soluzioni congeniali ad una concezione unitaria delle organizzazioni non profit, pur nelle distinzioni di mission e del riconoscimento delle relative meritevolezze.
Con Mafia Capitale l’”isomorfismo”, soprattutto per quanto riguarda il management , raggiunge livelli più devastanti. Si realizza un sistema di scambio trilaterale ( tra management di imprese affidatarie, cooperative e non, amministratori pubblici locali in sede istituzionale o di società miste, soggetti malavitosi organizzati attivamente). E l’oggetto dello scambio sono ritorni economici anche extra impresa, clientelismo nelle assunzioni, minacce/deterrenza di tipo mafioso. Quello ora sotto inchiesta è certo solo un pezzo della cooperazione. Ma rischia di trascinare parte dell’associazionismo, almeno nella mancata vigilanza, e impatta, indirettamente il mercato locale degli appalti pubblici ed il sistema di affidamento diretto, in Mafia Capitale, legato prevalentemente a situazioni di emergenza. Questione, quella degli interventi in emergenza, non specifica della cooperazione sociale.
E sempre a livello romano emerge l’altro filone: quello del riciclo degli abiti usati in cui sono impegnate altre cooperative sociali. Là si svela una rete orizzontale di scambio. Qua si procede in base all’accertamento da parte della Magistratura inquirente di una filiera verticale: il consorzio controllato da organizzazioni malavitose che vendono all’estero gli abiti usati raccolti da cooperative sociali. Queste in parte smerciano direttamente in parte conferiscono ad intermediari risultati collegati al sistema malavitoso. II
Sotto inchiesta vi sono ipotesi di comportamenti non corretti da parte delle cooperative: gli abiti raccolti ed i proventi non hanno significativi impieghi a carattere sociale, viene omesso il trattamento di sanificazione degli abiti, anche con documentazione false, vengono commerciati senza una compiuta fatturazione. III
E viene ipotizzato nell’indagine l’eventuale condizionamento malavitoso sul sistema di affidamento: il tramite è l’influenza del responsabile della Cooperativa 29 Giugno sull’AMA e su un’ipotesi di accordo di spartizione di commesse tra consorzi di cooperative sociali. E’ sotto inchiesta infatti la modalità di scelta da parte della società mista che gestisce i rifiuti delle cooperative affidatarie.
Il denominatore comune è l’affidamento diretto, le modalità di scelta. L’esistenza nella filiera di soggetti ed organizzazioni malavitose. Non è necessario eliminare l’affidamento diretto. Piuttosto modificare le modalità di attuazione. Esperienze a riguardo sono in atto.
A riguardo il rapporto, pur non approfondendo questo aspetto del fenomeno delle imprese sociali, sostiene in premessa, facendo riferimento alle vicende romane, che la tesi che deve essere messa in discussione le modalità di affidamento da parte delle pubbliche amministrazioni.
“L’inchiesta di Roma, infatti, mette in luce non il fallimento dell’impresa sociale – e questo perché nessuna forma giuridica da sola può rappresentare un argine insuperabile contro la corruzione – bensì il fallimento delle modalità con cui le pubbliche amministrazioni a tutti i livelli selezionano e finanziano non solo le imprese sociali, ma tutti i fornitori privati di beni e servizi di pubblica utilità. Da tempo abbiamo sostenuto in convegni e attraverso la ricerca che né gli appalti né la trattativa privata sono in grado di garantire la scelta dei migliori offerenti. Anzi, spesso portano a scegliere i peggiori a discapito degli utenti dei servizi e dei lavoratori. Bastano uno o pochi funzionari corrotti per aggirare le moltissime regole che governano queste procedure e che hanno, tra l’altro, costi proibitivi di implementazione. Eppure esistono modalità molto più trasparenti per selezionare i fornitori di servizi, che non hanno bisogno di tempi lunghi e che possono quindi essere applicate sia nelle situazioni di emergenza che nelle normali procedure di assegnazione. Sono le forme di co-progettazione, dove un bando serve per selezionare le strutture di offerta migliori e meglio attrezzate; i servizi e il loro costo sono disegnati e decisi in comune accordo tra una o più unità di offerta e la stessa amministrazione pubblica che ha in carico la responsabilità del finanziamento.”
Operazioni di pulizia, anche da parte della magistratura, all’interno del settore dell’impresa sociale vanno facilitate almeno per due motivi: si colpisce l’intrigo dei soggetti che già in base alle norme attuali hanno consolidati comportamenti di alterazione delle regole, Si mettono a fuoco i meccanismi perversi sollecitando la politica ad intervenire in modo strutturale. Resta evidente che è limitante mettere mano a modifiche solo a partire dal contrasto di fenomeni negativi. Va compreso il contributo complessivo che il Terzo settore ha fornito e può ancora fornire in rapporto allo sviluppo inclusivo, all’occupazione al welfare innovativo.
3. Il rapporto Iris presenta indagini multidimensionali che tendono a indagare vari aspetti del Terzo settore IV aiutando a chiarirne i contorni e suggerire ipotesi. Ci limitiamo ad esaminarne le parti che riguardano le potenzialità generali dell’impresa sociale ed in particolare la cooperazione sociale. In effetti la definizione giuridica di Impresa sociale non ha prodotto quantità significative: sono 774 le imprese costituite ai sensi della legge n.118/05 a cui si aggiungono 574 imprese con dicitura impresa sociale nella ragione sociale). Le attese di sviluppo non sono state corrisposte. Non a caso è una delle organizzazioni non profit oggetto della riforma.
Tale impresa viene immediatamente “gemellata” con la cooperazione sociale (12.570 sono le cooperative costituite ai sensi della legge 381/91). V Tale gemellaggio è coerente con le linee di riforma del Terzo settore che riconosce automaticamente come impresa sociale la cooperazione sociale.
4. Nell’esplorazione delle potenzialità economiche occupazionali delle organizzazioni sociali, allargandone la definizione di impresa sociale viene utilizzata la triplice ripartizione: – imprese non profit non orientate al mercato, – orientate al mercato pubblico, – orientate al mercato privato. VI Ed il fenomeno è interessante in termini di numero di organizzazioni, di addetti, comprendendo dipendenti, parasubordinati, volontari, posizionamento sul mercato, attività coperte e potenziali.
Le istituzioni non profit non market sono 209.059, le market orientate al privato sono 67.466 e quelle orientate al pubblico 24.666. C’è una diversa ripartizione tra aree geografiche, anche in rapporto al tasso di imprenditorialità VII.
Le cooperative sociali sono quelle, in percentuale, maggiormente legate al finanziamento pubblico VIII
Da evidenziare che la presenza di personale dipendente è maggioritaria nelle organizzazioni con finanziamento pubblico mentre i volontari sono in maggioranza nelle organizzazioni non market. IX
Il confronto dei settori di attività prevalenti tra gli anni 2011 e 1999 evidenzia una diminuzione in quasi tutti i settori delle istituzioni market tranne che nelle attività di relazioni sindacali e rappresentanza degli interessi X, della religione, dello sviluppo economico e coesione sociale, dell’ambiente . XI
Le organizzazioni non profit orientate al pubblico tendono ad essere più professionalizzate, impiegano personale retribuito sono più strutturate e concentrate nel la sanità, assistenza sociale.
Le istituzioni non profit orientate al mercato privato hanno una minore complessità organizzativa, si avvalgono meno di lavoratori retribuiti e sono attive nel settore dell’istruzione e della ricreazione.
Le organizzazioni non market sopravvivono in base a sottoscrizioni ed elargizioni liberali, sono di piccole dimensioni, sono composte in prevalenza da volontari ed operano nella tutela dei diritti, della filantropia, della religione, della cooperazione internazionale.
Ciò è avvenuto con diversa distribuzione tra regioni settentrionali e meridionali.
5. La cooperazione sociale.
Nel corso degli anni il numero delle cooperative sociali è andato aumentando. Ciò è avvenuto anche analizzando il periodo della crisi economica e confrontando gli anni 2008 2011. Il contributo alla crescita in questo caso è dovuto alle regioni meridionali e dalle isole . XII
In termini occupazionali sono da evidenziare: la prevalenza di lavoratori a tempo indeterminato, la consistenza delle donne, la presenza di lavoratori sotto i 35 anni maggiormente tra i parasubordinati e quelli a tempo determinato o stagionale. La consistenza di lavoratori svantaggiati . Gli addensamenti occupazionali sono maggiori nel settore della sanità e dell’assistenza sociale. XIII
Nonostante la crisi economica tra il 2008 e il 2011 il valore della produzione è aumentato del 14% ed il capitale investito di oltre il 19%. Gli occupati sono in complesso aumentati dell’8%.
Anche per la cooperazione sociale sussistono differenze territoriali. Nel meridione le cooperative sono più piccole e mostrano maggiori problemi in termini di efficienza economica e di capitalizzazione.
Nel complesso viene confermata la funzione anticiclica svolta dalla cooperazione sociale. Questa invece di ridurre i servizi ha ridotto i margini operativi cercando di evitare le ricadute sull’occupazione.
6. Un elenco delle potenzialità innovative dell’impresa sociale è redatto nell’impianto introduttivo del rapporto. Come campi di sviluppo vengono riportati, tra gli altri, coworking e incubatori, come spazi destinati allo sviluppo di imprenditoria sociale, economia solidale, come attività economiche che mettono al centro inclusione ed equità sociale attivando circuiti quali i gruppi di acquisto solidali o i distretti dell’economia solidale, creatività e cultura, ambito in cui l’impresa sociale può consentire la gestione in rete di organizzazioni per realizzare economie di scala, integrando servizi sociali e culturali, le imprese di comunità, come risposta alla crisi del sistema di servizi pubblici locali che è causa, soprattutto in aree marginali, di fenomeni di spopolamento e di disgregazione sociale;queste cooperative si sono impegnno nella gestione di svariate iniziative, senza identificare un vero e proprio settore di intervento o core-business, ma piuttosto assecondando la risposta meno mediata possibile ai bisogni del territorio.
Un settore solido, con potenzialità di sviluppo, aperto all’innovazione quello delineato dal Rapporto Iris. La politica dovrebbe accelerare i tempi per mettere in campo il disegno di regolazione e sostegno.
note
I Rapporto Iris Network, L’impresa sociale in Italia. Identità e sviluppo in un quadro di riforma. A cura di Paolo Venturi e Flaviano Zandonai.
II Vedi l’articolo di Giovanni Tizian su L’Espresso del 15 gennaio 2015. In verità il Redattore Sociale del 16 gennaio scorso riporta dichiarazioni di alcune cooperative oggetto di indagini: avevano effettuato denunce in merito alle infiltrazioni malavitose nella filiera degli abiti usati ed in seguito sono state vittime di attentati .
IV Confronta l’indice:
Prefazione
Executive summary
La nuova geografia dell’impresa sociale
Il profilo market del nonprofit italiano
La struttura organizzativa
Le risorse umane ed economiche
Le attività svolte
Conclusioni
La resilienza delle cooperative sociali
L’analisi proposta
L’occupazione nelle cooperative sociali
Le posizioni previdenziali nel corso del 2011
Le posizioni previdenziali negli anni della crisi
Performance economiche delle cooperative sociali
Valore della produzione e capitale investito
La patrimonializzazione
L’economicità
Conclusioni
Il lavoro nell’impresa sociale: produrre benessere e inclusione sociale
Impresa sociale come impresa coesiva
Quale lavoro per l’inclusione e la coesione sociale
L’impresa sociale alle soglie della riforma
Le dimensioni del fenomeno
Il disegno della ricerca
Quali attività svolgono le imprese sociali e in quali mercati
Produttori, utenti, clienti e modalità di coinvolgimento
Propensione all’investimento e all’innovazione
L’impresa sociale nell’economia mainstream e il possibile impatto della riforma
V Vedi tabella seguente
VI Le classificazioni delle unità economiche per settori istituzionali (famiglie, amministrazioni pubbliche, istituzioni nonprofit, ecc.) adottate nei sistemi di contabilità nazionale [Eurostat, 2013] prevedono la diversificazione delle organizzazioni tra market e non market. Le prime vendono ad altri tutto o gran parte di ciò che producono ad un prezzo economicamente significativo da cui ricavano gli elementi di sussistenza in concorrenza con alti operatori .1 Le seconde, al contrario, offrono gratuitamente ad altri beni e servizi prodotti o eventualmente applicando un prezzo “calmierato” (non economicamente significativo al fine della sostenibilità delle prestazioni). La categoria delle istituzioni market può essere affinata considerando la natura giuridica di chi acquista i beni e/o servizi Prodotti in organizzazioni market orientate al privato se i principali acquirenti dei beni e servizi sono cittadini e imprese, ed organizzazioni market orientate al pubblico nel caso in cui i maggiori clienti sono enti pubblici.
VII Vedi tabella seguente.
VIII Vedi tabella seguente.
IX Vedi tabella seguente
X Si tenga presente che le organizzazioni sindacali sono escluse dalla normazione del Terzo settore.
XI Vedi tabella seguente
XII Vedi tabella seguente
XIII Vedi tabelle seguenti