Il libro racconta il processo di crescita individuale, culturale e nella scala sociale di Ambrogio Brenna, segretario nazionale della Fim-Cisl dal 1986 al 2000, dovuto alla sua militanza nel sindacato. Di umili origini, nato in una cascina dell’hinterland milanese nel 1950 – stesso anno di nascita di quella che definisce “mia sorella: la Fim-Cisl” – a undici anni, ottenuta la licenza di quinta elementare, lavora come garzone da un fornaio, poi in falegnameria e successivamente da un elettricista. Cinque anni dopo viene assunto come operaio alla Tonolli, azienda metallurgica di Paderno Dugnano, e inviato al reparto piombo. S’intossica gravemente, con danni destinati a sfociare in una irreversibile malattia. Tra fumi, fiammate dei forni, rumori assordanti, una dura disciplina e l’asprezza delle relazioni con i capi, i turni di lavoro sono pesanti. Ciononostante, la voglia di apprendere e studiare lo spinge a iscriversi alle scuole serali. In fabbrica conosce il sindacato e s’impegna nella Fim, entrando nel CdF e attivandosi nelle lotte per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Inizia a frequentare la sede sindacale di via Tadino, a Milano, dove incontra Sandro Antoniazzi e Lorenzo Cantù. Lo presentano a Pierre Carniti e frequenta i seminari tenuti dalla federazione la domenica mattina all’Arengario, in piazza del Duomo, dei quali ricorda le lezioni su ergonomia e posture. Conosce anche Bruno Manghi, Franco Bentivogli, Roberto Benaglia e Raffaele Morese, di cui diventerà grande amico. La vita è fatta di lavoro, militanza e formazione, oltre che di chilometri su chilometri in bicicletta. Nel ’73 entra a tempo pieno nel sindacato come responsabile di zona a Cusano Milanino e vive con la Fim e la Flm, la federazione unitaria dei lavoratori metalmeccanici, le complesse trattative degli anni ’70 necessarie per gestire le ristrutturazioni industriali e arginare i licenziamenti, partecipando anche alle grandi manifestazioni e agli eventi politici di un decennio segnato dalla strategia della tensione. Intanto la voglia di apprendere si fa più pressante e alla fine del ’76 chiede di essere mandato al Centro Studi Cisl di Firenze. Ma dovrà studiare di notte, seguitando al tempo stesso a fare il sindacalista. Nel giro di dodici mesi, con la solidarietà di Bentivogli allora alla guida nazionale dell’organizzazione e all’insegna dello slogan da lui creato “l’albero vivo spacca la roccia”, è eletto segretario generale della Fim Toscana, in un rapporto spesso conflittuale con la confederazione. Manterrà l’incarico fino al 1988. Per lavoratori e sindacato sono anni difficili, segnati dall’inflazione galoppante, dal taglio della scala mobile con l’accordo di San Valentino, dalla spaccatura fra Cgil, Cisl e Uil, da attentati e terrorismo. Si rompe anche la Flm, pur restando alta l’unità d’azione. Presto s’intensificano i sintomi della malattia, che renderà necessario il trapianto d’organo affrontato nel 2014. Ma s’intensificano anche le gratificazioni, con la proposta da parte di Morese, divenuto segretario generale, di entrare nella segreteria nazionale. Il congresso lo elegge. Alla responsabilità del settore siderurgico, in profonda crisi, si affiancano le deleghe per navalmeccanica, informatica, impiantistica, telecomunicazioni, elettrodomestici e pezzi dell’industria della Difesa. Fincantieri, Ilva, Italtel, Olivetti, Electrolux Zanussi, Merloni, Breda, Oto Melara, Italimpianti, Officine Galileo e Nuovo Pignone diventano il suo pane quotidiano, comportando trattative serrate, condotte all’insegna di un nuovo modello di relazioni industriali partecipative. Sono grandi imprese multinazionali e lo impegnano anche a livello internazionale, per seguire Cae e negoziati di gruppo, in Europa e nei diversi continenti. Comincia così una di sorta di ininterrotto viaggio di diplomazia sindacale nel mondo, in rappresentanza della Cisl e dei suoi valori, che lo porta a conoscere leader di partiti, capi di governi e presidenti. Sindacalista e insieme ambasciatore, matura esperienze e acquisisce competenze che si rivelano preziose quando, accettata la candidatura con i Democratici propostagli tramite Pier Paolo Baretta per affiancare il candidato presidente della Regione Toscana, Claudio Martini, supera con successo le elezioni del 2000 ed entra in Giunta in qualità di assessore allo Sviluppo e alle Attività Produttive. All’attività necessaria per seguire le problematiche di una struttura industriale regionale prevalentemente composta da micro e piccole imprese concentrate in distretti e territori si affianca l’azione internazionale, che affina l’allenamento fatto con la Fim-Cisl non solo in occasione di congressi e negoziati, ma anche per scambi con associazioni sindacali, movimenti di lotta e di liberazione, organizzazioni solidaristiche e della cooperazione. L’impegno internazionale per la Regione Toscana, cui seguirà quello assunto come volontario per Oxfam Italia, dura due legislature: dieci anni che vedono maturare rapporti particolarmente intensi in Polonia con Solidarnosc’, in Bosnia, Cile, Brasile, Argentina. I viaggi si ampliano, fino a comprendere Cina, India, ex Sahara occidentale (Polisario), Australia, Stati Uniti, Russia, Brasile, Giappone. L’albero vivo spacca la roccia (prefazione di Bruno Manghi, postfazioni di Claudio Martini e Roberto Benaglia) è un racconto profondo, ricco di eventi, aneddoti e piccoli accadimenti, scritto con leggerezza e ironia, che parla anche di relazioni, amicizie e affetti, odori e profumi, paesaggi, paesi, culture, sensazioni, cibo e gola, cucina e ricette ed è accompagnato da immagini tratte dall’archivio fotografico privato dell’autore.
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A quanti mi hanno chiesto in questi giorni di unirmi a chi vuole fare la predica