dalla Newsletter n.80 del 17/01/2012
Volendo esaminare gli studi dell’Istat sulle tematiche in oggetto si incontrano nell’anno 2011 numerosi documenti: statistiche, rapporti, studi ed analisi.
Ad Aprile è pubblicato: “Reddito e risparmio delle famiglie e profitti delle società. IV Trimestre 2010”. A Settembre è uscito il Rapporto su: “ La struttura del costo del lavoro in Italia”, uno studio per l’anno 2008 (che, purtroppo sembra l’ultimo anno preso in esame per questo tipo di rapporto, mancando per ora studi per gli anni successivi).
A Novembre 2011 è la volta dei: “ Contratti collettivi e retribuzioni contrattuali. Ottobre 2011”, mentre a Dicembre 2011 sono pubblicati ben quattro Rapporti:
- – “ Retribuzioni di fatto e costo del lavoro. III Trimestre 2011”
- – “ Contratti collettivi e retribuzioni contrattuali. Novembre 2011”
- – “ Reddito e condizioni di vita. Anno 2010”
- – “ Lavoro e retribuzioni nelle grandi imprese. Ottobre 2011”
Per un esame più approfondito di tutti i documenti rinviamo alla loro lettura sul sito dell’ISTAT.
Per il nostro esame, invece, ci serviremo dei dati più rilevanti, per permetterci di cogliere le dinamiche in atto sul versante economico e sociale e sulle ricadute sulle famiglie e sui lavoratori.
*****
Nel 2010 la propensione al risparmio delle famiglie diminuisce dell’ 1,3% rispetto al 2009. Questo perché, mentre il reddito disponibile delle
famiglie aumenta dello 0,9% rispetto al 2009, la spesa per consumi finali aumenta invece nel 2010 del 2,5%.
Nel 2010 le famiglie hanno ridotto il loro potere d’acquisto dello 0,6% sul 2009, mentre nel 2009 sul 2008 la perdita era stata ben più rilevante e cioè del 3,1%.
*****
Come detto in precedenza, a Settembre 2011 è uscito lo studio su: “ La struttura del costo del lavoro in Italia. Anno 2008”, con dati di grandissimo
interesse, fermi purtroppo, per ora, all’anno 2008. Semplificando molto l’analisi sulla struttura del costo del lavoro, si rileva che per il 2008 il valore pro-capite in € del reddito del lavoro dipendente era di € 38.801, di cui la retribuzione lorda era di € 28.364 (71,5%), mentre il totale dei contributi sociali era di € 10.078 (25,4%). Di questi, € 8.132 (20,5%) rappresentano i contributi obbligatori, mentre € 1.780 (4,5%) sono il TFR accantonato.
Ciò vuol dire che un quarto del costo del lavoro è rappresentato dai contributi sociali.
La retribuzione lorda annua media per dipendente, come visto, è pari a € 28.364, su cui il lavoratore dovrà poi pagare la tasse.
Se si esamina la retribuzione lorda per dipendente rispetto all’attività economica, vediamo che per l’industria in senso stretto la retribuzione è di € 28.732, mentre per il terziario è di € 28.806. Per l’edilizia il valore è più basso ( € 26.140) ed è ancora più basso per il settore tessile (€ 21.813); i valori più alti nel settore industriale sono quelli della raffinazione del petrolio (€ 45.568), energia ( € 44.967) e farmaceutico ( € 44.877).
Nelle attività finanziarie ed assicurative si arriva a € 52.677, mentre il valore più basso si registra nel settore dell’attività dei servizi di alloggio e di ristorazione con € 16.304.
Nel settore pubblico la media è di € 31.608, con l’istruzione a € 26.620 e la sanità a € 32.517.
Nel 2008 la rilevazione, che ha riguardato 10,9 milioni di addetti ha permesso di osservare che:
- – il 31,2% è nell’industria;
- – il 63,2% è nel terziario;
- – il 5,6% è nelle costruzioni,
- – il 18,2% sono i dipendenti del settore pubblico.
Per il rapporto occupati dipendenti e dimensioni dell’impresa/istituzione abbiamo:
- – il 34,2% degli occupati sono nelle imprese di 500 e più addetti;
- – il7,1% “ “ “ “ “ con 250-499 addetti;
– il30,0% “
– il15,1% “
– il13,7% “
Solo il 10,6% dei dipendenti ha un contratto a part time.
Le ore retribuite per dipendente sono state 1.791 e quelle effettivamente lavorate sono state 1.541 ( 86% del totale). Il lavoro straordinario costituisce il 3,2% delle ore effettivamente lavorate, cioè in media 49 ore annue pro – capite.
Le retribuzioni lorde degli addetti in imprese di 10-19 lavoratori sono più basse del 34,5% rispetto a quelle degli addetti in imprese con 500 o più dipendenti. Per l’edilizia e l’industria in senso stretto questa riduzione è rispettivamente del 41,4% e del 37,1%.
“ “““con50-249“
“ “““con20-49“
“ “ “ “ con 10-19 addetti.
Il reddito da lavoro dipendente medio orario è stato nel 2008 pari a € 25,18 LORDI.
Nel Nord Ovest il reddito è + 5,9% rispetto alla media nazionale, nel Centro è + 1,7%, nel Nord Est è inferiore del 3,1%, nelle isole del – 4,2% e nel Sud del – 8,3%.
*****
Nell’ultima rilevazione statistica dell’ISTAT di Novembre 2011 su “ Contratti collettivi e retribuzioni contrattuali” ( pubblicata il 23 Dicembre u.s.; la
prossima diffusione sul Dicembre 2011 avverrà il 28 Gennaio 2012), l’indice delle retribuzioni contrattuali orarie segna una variazione nulla rispetto ad Ottobre 2011 ed un incremento dell’1,5% rispetto a Novembre 2010.
Per il periodo Gennaio – Novembre 2011 l’indice è cresciuto dell’1,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Ricordiamo, a fronte di questi aumenti retributivi, che invece l’inflazione annua nel mese di Novembre 2011 è risultata pari al 3,3%. Lo stesso valore si è registrato anche a Dicembre 2011. Il tasso di inflazione medio annuo è stato per il 2011 pari al 2,8% contro l’1,5% del 2010.
A Novembre 2011 i CCNL in attesa di rinnovo erano 30, di cui 16 nella Pubblica Amministrazione, per circa 4,1 milioni di addetti (di cui circa 3 milioni nel Pubblico Impiego). Da Gennaio 2010 tutti i CCNL della P.A. sono scaduti e rimarranno tali ai sensi della legge 122/2010, art.9 comma 7, che sancisce il blocco della contrattazione per il triennio 2010 – 2012.
Nel mese di Novembre i dipendenti in attesa di rinnovo, rispetto al totale, erano il 31,4%, e il 10,7% rispetto al settore privato. Mediamente per i lavoratori con il CCNL scaduto, a Novembre 2011, i mesi di attesa per il rinnovo sono stati 23,9, in forte crescita rispetto a Novembre 2010 (13,4 mesi); pesa ovviamente su questo dato la situazione del P.I.. L’attesa media sul totale dei lavoratori è stata di 7,5 mesi, in crescita rispetto all’anno precedente (5,1 mesi).
*****
E’ degli ultimi giorni del 2011 la pubblicazione del Rapporto: “ Redditi e condizioni di vita. Anno 2010” con dati molto importanti sulla situazione
economico sociale del Paese.
Nel 2010 il 18,2% delle persone residenti in Italia è a rischio di povertà ( N.B. d’ora in avanti per le parole sottolineate si rinvia all’allegato 1 – glossario ISTAT – e dal link in fondo all’articolo si verrà rinviati alle definizioni relative), il 6,9% si trova in condizioni di grave deprivazione materiale ed il 10,2% vive in famiglie caratterizzate da una bassa intensità di lavoro.
L’indicatore sintetico del rischio di povertà e di esclusione sociale, che considera vulnerabile chi si trova in almeno una delle tre condizioni sopra richiamate, è pari al 24,5%, livello uguale a quello del 2009.
In una Italia dove un quarto degli abitanti è a rischio di povertà o di esclusione sociale, come abbiamo visto, è soprattutto aumentata dl 8,8% al
10,2% la quota di persone che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro, dove cioè le persone di 18-59 anni di età, lavorano meno di un quinto del tempo. Sono stati invece relativamente stabili, rispetto al 2009, sia il rischio di povertà che quello di grave deprivazione materiale.
Nel 2010, il 16% delle famiglie italiane ha dichiarato di arrivare con molta difficoltà alla fine del mese, l’8,9% si è trovata in arretrato con il pagamento delle bollette, l’11,2% con l’affitto o il mutuo e l’11,5% non ha potuto riscaldare adeguatamente l’abitazione.
Il 12,9% delle famiglie del Mezzogiorno è gravemente deprivato, valore più che doppio rispetto al Centro (5,6%) e più del triplo rispetto al Nord (3,7%). Le tipologie famigliari più esposte al rischio di deprivazione materiale sono quelle con un alto numero di componenti e/o con un basso numero di percettori di redditi (vedi reddito famigliare). Si trovano in condizioni di disagio con maggiore frequenza le famiglie monoreddito, come gli anziani soli e i monogenitori, e quelle con tre o più figli minorenni.
Il 50% delle famiglie ha percepito nel 2009 un reddito netto inferiore a 24.544 € l’anno (circa 2.050 € al mese). Nel Sud e nelle Isole invece metà delle famiglie ha guadagnato meno di 20.600 € (circa 1.700 € mensili).
La quota del reddito totale del 20% più ricco delle famiglie italiane è pari al 37,2%, mentre al 20% delle famiglie più povere è andato l’8,2% del reddito.
Con riferimento ai redditi 2009, la disuguaglianza misurata dall’indice di concentrazione di Gini, mostra un valore superiore alla media europea nella ripartizione Sud e Isole (0,32) e inferiore nel Centro (0,29) e nel Nord (0,29). Su scala nazionale l’indice di Gini è pari allo 0,31, lievemente superiore alla media europea (0,30). Se però si includono gli affitti imputati nel reddito, la disuguaglianza risulta minore (0,29).
*****
L’ultima rilevazione dell’ISTAT del 2011 sulle materie prese in esame è quella relativa a: “ Lavoro e retribuzioni nelle grandi imprese. Ottobre
2011”. Ad Ottobre l’occupazione nelle grandi imprese (almeno 500 dipendenti), al netto della stagionalità ed al lordo degli addetti in Cassa Integrazione Guadagni (CIG) è stata stabile rispetto a Settembre. Al netto della CIG si è invece riscontrato un aumento dello 0,1%. Nel confronto con l’Ottobre del 2010 l’occupazione scende dello 0,4% al lordo della CIG e dello 0,2% al netto della CIG.
A parità di giorni lavorati, si registra un minor numero di ore lavorate per dipendente dell’1,2%.
L’incidenza delle ore di CIG è stata pari a 30 ore per ogni 1.000 ore lavorate, in calo di 1,7 ore ogni 1.000 rispetto ad Ottobre 2010.
La retribuzione per ora lavorata è salita, rispetto a Settembre 2011 del 4,2%. Rispetto ad Ottobre 2010 la retribuzione lorda per dipendente è aumentata del 3,3% ed il costo del lavoro del 3,4%. Questo aumento è da imputare prevalentemente agli aumenti nel settore dei servizi ed in parte maggioritaria nel settore del trasporto e della logistica.
Nel periodo Gennaio – Ottobre 2010 la retribuzione lorda per dipendente (al netto della CIG) aumenta rispetto allo stesso periodo del 2009 dello 0,8%, mentre il costo del lavoro cresce dell’1%.
Questi ultimi dati sono, come detto, relativi alle imprese con più di 500 dipendenti.
*****
La situazione è ben diversa nelle piccole e medie aziende, dove manca l’effetto della contrattazione di secondo livello e dove gli unici aumenti
sono quelli legati ai minimi contrattuali, laddove i contratti sono rispettati ed applicati. Come abbiamo visto va inoltre considerato l’effetto dell’inflazione, che per il 2011 ha superato ampiamente gli incrementi retributivi. Il fiscal drag conseguente, non più recuperato, sta erodendo, e già da parecchi anni, i redditi da lavoro dipendente.
A ciò vanno aggiunti gli incrementi dei valori dell’IRPEF, per quanto riguarda le aliquote addizionali regionali e comunali, che sono stati notevoli. Uno studio recente del Codacons ipotizza che, dal Gennaio 2002 al Gennaio 2012, la perdita del potere d’acquisto per il ceto medio sia stata del 39,7%.
I sindacati dei pensionati hanno calcolato che negli ultimi 15 anni le pensioni hanno perso il 30% del loro potere d’acquisto.
Queste sono alcune delle ragioni che hanno portato in evidenza la presenza di una ”questione salariale” nel nostro paese, che sta colpendo in modo molto grave tutti i redditi da lavoro dipendente, con il trasferimento di quote progressive di redditi da lavoro verso i profitti e le rendite. La fase 2 del Governo Monti, quella della crescita, deve avviarsi necessariamente anche da qui, dalla possibilità di spesa dei lavoratori e delle loro famiglie.
Per rilanciare l’economia bisogna ripartire dall’occupazione e dai consumi interni e per aumentare questi ultimi si dovrà operare con una politica redistributiva agendo su salari (con l’incremento della produttività e della flessibilità e non, come è avvenuto finora, con l’incremento della precarietà) e sulla leva fiscale, riducendo il carico fiscale sui redditi da lavoro medio bassi e sulle pensioni.
Altre strade portano alla recessione e, continuando ancora ad aumentare tariffe, accise, IVA si incrementerà anche l’inflazione così come si sta già registrando in queste ultime settimane.