Forse non tutti sanno che il numero degli Avvocati in Italia ammonta ormai a circa 250.000 professionisti iscritti all’Albo, e quindi iscritti anche alla Cassa Forense.
Si tratta di un esercito di persone, di sicuro sovrabbondante rispetto alle attuali esigenze degli utenti della giustizia, sproporzionato rispetto alla popolazione ed a quanto avviene in tutti gli altri paesi europei, e soprattutto costretto a vivere, almeno secondo i dati ufficiali, quasi ai limiti della soglia della povertà: più della metà degli avvocati italiani dichiara infatti ai fini IRPEF un reddito lordo inferiore ad €30.000 nell’anno.
Ancora: il numero dei Cassazionisti romani è superiore a quello di tutti gli avvocati abilitati presso la suprema corte francese, così come sono molto marcate le differenze tra il Nord e il Sud del Paese, che spesso vanno di pari passo con la lunghezza dei tempi processuali ed il malfunzionamento del sistema giustizia in generale.
Eppure, proprio gli avvocati saranno chiamati a svolgere un ruolo importante nel futuro di tale sistema, che il Governo ed il Parlamento stanno ridisegnando intorno alle parole d’ordine della “degiurisdizionalizzazione” e della “riduzione del contenzioso”.
La parte “destruens” è quasi completata, con interventi importanti, quali quello sull’aumento dei contributi unificati, e la condanna alle spese che non prevede più la compensazione che il Giudice poteva disporre per favorire la parte più debole, e che invece ora è consentita solo nei casi tassativamente previsti.
Il risultato nell’immediato è già sotto gli occhi di tutti con una riduzione del contenzioso civile, e di quello del lavoro in particolare: circa il 25% in meno, ad eccezione delle cause previdenziali che sono invece cresciute, e quindi nel complesso ancora minori opportunità di reddito per gli avvocati.
Di qui l’esigenza di una parte “construens” efficace, che sembra muoversi su due fronti. In primo luogo la grande opera incompiuta delle specializzazioni, previste dalla legge professionale, ma non ancora attuata.
Su questo fronte l’avvocatura non ha dato una buona prova di sé, rendendo evidenti le forti resistenze interne a questo cambiamento che attende da troppo tempo di essere messo in pratica.
Appare quantomeno inopportuno a questo riguardo l’impugnazione del regolamento di attuazione da parte di alcuni Consigli dell’Ordine e dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura, che di fatto sta attualmente paralizzando le specializzazioni, su temi che potrebbero benissimo essere risolti a livello ministeriale, al di fuori delle Aule di Giustizia.
Nel confermare l’impianto complessivo del regolamento e delle scuole di specializzazione, le censure del Giudice Amministrativo, infatti, si sono concentrate sulle materie delle specializzazioni, ritenute troppo numerose e non coerenti con alcun principio selettivo.
Sembrerebbe ora prevalere a questo proposito il criterio processualistico, in base al quale tali materie dovrebbero essere quelle per le quali è previsto un rito specifico, e cioè civile, penale, societario, lavoro, famiglia, amministrativo, fiscale, internazionale e/o Corti Europee, navigazione.
Certo è che la specializzazione è un’arma formidabile per la selezione e la crescita dell’avvocato anche sotto il profilo economico, da tempo accettata ed anzi ritenuta necessaria in altre professioni: chi si farebbe operare da un medico generico?
In secondo luogo, gli avvocati saranno chiamati a svolgere un importante ruolo negli spazi sempre maggiori sottratti alla giurisdizione: la negoziazione assistita, prevista dal D.L. n. 132 del 12 settembre 2014 convertito dalla L. n. 162 del 10 novembre 2014, già presente in materia di famiglia, è ora in fase di estensione agli avvocati lavoristi, e la mediazione, prevista dal D.Lgs. n. 28 del 4 marzo 2010.
La procedure di negoziazione assistita e di mediazione sono istituti volti a consentire alle parti, assistite da uno o più avvocati iscritti all’albo, anche ai sensi dell’articolo 6 del D.Lgs. n. 96 del 2 febbraio 2001, di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole una controversia.
L’esperimento della procedura di negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda giudiziale di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti, e di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti Euro 50.000,00. Parimenti, l’esperimento della preventiva procedura di mediazione è obbligatorio nelle fattispecie previste dall’art. 5 del D.Lgs. n. 28 del 4 marzo 2010 tra cui troviamo, tra le più rilevanti, diritti reali e successioni ereditarie.
L’estensione della negoziazione alla materia lavoristica consentirà il superamento della necessità della cosiddetta sede protetta (Direzione Territoriale del Lavoro, Commissioni, OO.SS., etc.), per l’inoppugnabilità della stessa da parte del Lavoratore, Con ciò l’avvocato ricoprirebbe egli stesso quel ruolo di tutela della parte debole, che risponde evidentemente ad un’esigenza pubblicistica sinora riservata ad altri organi, che però rendevano più complessa e spesso inutilmente defatigante la procedura: quante volte è stato necessario prendere appuntamento ed attendere una convocazione “lunga” magari solo per un timbro su un accordo già raggiunto?
Ciò posto, in futuro si avrà un potenziamento del profilo pubblicistico dell’avvocato, che potrà certificare documenti ed intervenire in misura sempre maggiore anche in atti precedentemente riservati al Notaio: in questo il Ministero sembra avere grande fiducia nella categoria forense, che sarà chiamata a ricoprire importanti ruoli al di fuori del contenzioso, sul presupposto che recuperi al proprio interno unitarietà di intenti e rappresentatività.
Proprio questi saranno gli argomenti in discussione nel prossimo convegno di Rimini dal quale non potranno però emergere risposte interlocutorie, se non si vuole dare spazio ad altre categorie professionali più coese, e forse più concretamente interessate a quella crescita economica che per la categoria forense deve imboccare per forza vie nuove.
(*) Direttore di AGI (Avvocati Giuslavoristi Italiani)