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Le prestazioni dei riders regolate dalla legge

Da tempo la cosiddetta Gig Economy ha trovato grande sviluppo, tanto da avere assunto i connotati di un vero e proprio modello economico, imposto dalle dinamiche di talune attività produttive.

In tale contesto sopravvenuto hanno richiamato l’attenzione, come sappiamo, le figure dilaganti degli addetti alla consegna dei beni per conto di altri in ambito urbano e con l’ausilio dei velocipedi o di veicoli a motore.

E’ noto anche come la Corte di Appello di Torino con sentenza n.26 del 4/2/2019 abbia qualificato tali lavoratori quali collaboratori etero organizzati, secondo il disposto dell’art. 2 del d.lgs. n. 81/2015.

Notevoli sono stati, inoltre, l’attenzione e il dibattito sindacali che hanno caratterizzato gli ultimi mesi con l’intento di assicurare specifiche tutele in relazione alla particolarità dei rapporti, che qualcuno ha voluto qualificare come terzium genus.  

Al di là delle tesi dottrinarie e delle stesse pronuncie giurisprudenziali, per i fini che qui interessano la specifica disciplina intervenuta ha inteso operare delle scelte circa l’inquadramento giuridico delle figure accennate, sia pure ingenerando qualche perplessità di tipo operativo. La disciplina di cui trattasi è contenuta nella legge 2/11/2019 n.128, che ha convertito il d.l. 3/09/2019 n.101, che in buona sostanza riporta i riders nell’ambito delle collaborazioni etero organizzate. 

La normativa sopravvenuta si inserisce, infatti, nel d.lgs. 15/06/2015 n. 81, integrandone l’art.2, riferito appunto alle predette collaborazioni e aggiungendo un nuovo Capo V bis, che detta specifiche norme di tutela a favore sempre dei predetti collaboratori.

Una prima modifica attiene all’art.2, che nella nuova versione registra la sostituzione di prestazioni di lavoro esclusivamente personali con prestazioni di lavoro prevalentemente personali, nonchè l’eliminazione nell’ambito dell’etero organizzazione del riferimento ai tempi e luoghi di lavoro. Non è chi non veda che ne deriva una assimilazione al rapporto di cui all’art. 409 cpc concernente le collaborazioni di tipo autonomo.

Registriamo, altresì, che le disposizioni così come formulate si applicano anche qualora le modalità di esecuzione delle prestazioni siano organizzate mediante piattaforme anche digitali.

A tali disposizioni di tipo generale, segnalabili anche perché l’organizzazione viene rimessa allo strumento della piattaforma, si aggiunge poi, come già segnalato, la disciplina specifica riferita ai cosiddetti riders, mediante un nuovo Capo V bis, sempre nel d.lgs n. 81/2015, rubricato come “tutela del lavoro mediante piattaforme digitali”, con l’intento di dettare tutele minime a favore dei predetti prestatori.

La formulazione normativa, criticata da più parti, si presta a varie interpretazioni, tra le quali quella che vorrebbe i riders tutelati, quali lavoratori autonomi, soltanto dalle accennate misure minime.

Tuttavia, un’attenta lettura porta a ritenere che le stesse si aggiungano, comunque, a quelle già ricavabili dall’art. 2 del più volte citato d.lgs n. 81/2015. L’art. 47 bis, infatti, fa espressamente salvo quanto previsto esattamente da tale art.2, primo comma; l’interpretazione potrebbe essere, del resto, confermata anche dalle modifiche accennate intervenute con riferimento a tale disposizione circa la natura del rapporto.

Passando all’esame dell’articolazione della specifica disciplina, l’art. 47 bis definisce i destinatari delle tutele come “i lavoratori autonomi che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi o di veicoli a motore attraverso piattaforme anche digitali”. Queste ultime sono definite come “i programmi e le procedure informatiche utilizzate dal committente, che indipendentemente dal luogo di stabilimento, sono strumentali alle attività di consegna dei beni, fissandone il compenso e determinando le modalità di esecuzione della prestazione”.

Abbiamo, quindi, lo sviluppo della previsione delle tutele, contenute negli articoli dal 47 ter al 47 septies:

– forma scritta ad probationem, con obbligo di informazione ai lavoratori circa i loro interessi diritti e sicurezza; il tutto sanzionato con una indennità risarcitoria non superiore ai compensi percepiti nell’ultimo anno;

– compenso con clausola avente decorrenza dopo 12 mesi: la misura viene rimessa alla contrattazione collettiva con divieto, in assenza della stessa, di retribuzione in base alle consegne effettuate e previsione, comunque, di un compenso minimo orario mutuato dai contratti collettivi di settori affini. Viene stabilito, inoltre, un incremento retributivo non inferiore al 10% per il lavoro svolto di notte e in condizioni metereologiche sfavorevoli. In mancanza di contratto collettivo, tale indennità potrà essere stabilita con decreto del Ministro del lavoro;

– applicazione delle normative in materia di discriminazione e tutele della libertà e dignità proprie dei lavoratori subordinati;

– obbligo della copertura assicurativa contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;

– obbligo di assicurare le tutele di cui al d.lgs n. 81/2008 in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Entrambi tali ultimi obblighi entreranno in vigore decorsi 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione.

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