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Crescono le prospettive del secondo welfare

Presentato a Torino il 27 novembre scorso, il Rapporto sul Secondo Welfare (I),  collegato al lavoro dell’omonimo  Laboratorio (II), sviluppa ed arricchisce i risultati del primo rapporto (III), presentato circa due anni prima, trattando diversi fenomeni, esperienze e tendenze che possono essere contemplati dalla definizione di secondo welfare (SW).

Verso una definizione.

Appunto, secondo welfare, che da semplice affermazione giornalistica (IV) è diventata una definizione, anzi una “categoria interpretativa” (V), con una promettente capacità euristica nel campo di indagini su realtà e nuove tendenze nel welfare. Distinguendosi da altre categorie quali welfare comunity, welfare mix, per un connotato di maggiore generalità (si riferisce a più ambiti previdenza, sanità, assistenza, formazione), di immediata e chiara  correlazione con il normale concetto di primo welfare state,  quello pubblico (interviene sui fabbisogni dove questo è più lacunoso), di confini dinamici del proprio “territorio” ( sempre pronto ad allargarsi  a realtà privatistiche in grado di dare risposte ai sempre mobili bisogni sociali) , di ampliamento dei suoi protagonisti – certo associazionismo, società civile,  ma anche “il welfare privato tout court (per esempio quello assicurativo) nonché quello aziendale e contrattuale. Si ritrovano le prime  innovative esperienze di collaborazione transfrontaliera o transnazionale (per esempio fondi pensione cross-border) (VI). Ci sono i social impact bonds (VII) e le tante iniziative attraverso cui soggetti tradizionali del primo welfare s’ingegnano per trovare risorse e coinvolgere attori non pubblici nello svolgimento delle proprie funzioni”, si “nutre” di “incastri” virtuosi pubblico privato, soprattutto nelle reti territoriali. 

La categoria interpretativa postula la consapevolezza del rischio di sconfinamento con il primo welfare, quello pubblico. Rischia soprattutto di indirizzarsi nella direzione di eroderlo a vantaggio della privatizzazione (ad esempio con l’esternalizzazione di alcuni servizi prima di chiara prerogativa pubblica). (La consapevolezza riduce il rischio).  E se alcuni interventi non possono essere che propri del primo, di altri occorre puntualizzare maggiormente la collocazione tra primo e SW, in termini di previsione, gestione, entità e modalità di finanziamento, destinatari. Così il SW, come categoria interpretativa, è dentro l’approccio di universalismo selettivo, in analogia a quanto sta dibattendosi nei paesi scandinavi a proposito dell’ “universalismo differenziato come strategia più efficace per accomodare la diversità” (diversità di condizioni materiali, di bisogni lungo il ciclo di vita, di capacità e di valori e preferenze) (VIII). (Ma anche in questa prospettiva persiste la variabilità del processo di selezione – in termini di criteri, soggetti, metodi – e dei suoi risultati).

Comunque l’impianto interpretativo comporta due condizioni per lo sviluppo del SW: la presenza di “volani”, interni ed esterni.  I primi hanno a che fare con le dinamiche a partire dai soggetti e dagli ambiti propri del SW (le dinamiche di “autopropulsione” ) o derivanti dall’ “incastro” virtuoso (IX) fra il primo e SW ( fra livelli istituzionali di governo, tra l’arena dello Stato, del mercato, del Terzo Settore e della società civile, tra settori/competenze di policy, tra territori). I secondi afferiscono agli interventi istituzionali di regolazione e agevolazione che attivano soggetti privati che operano nel territorio. 

 

Ambiti del Secondo Rapporto

In assenza di sistematiche fonti informative il rapporto presenta uno spaccato dei vari fenomeni in atto nei vari ambiti riferibile al SW, utilizzando e integrando, in qualche caso, le fonti esistenti con specifiche indagini. Ne esce fuori un livello di approfondimento interessante ma diverso-  in termini teorici e di rappresentazione delle esperienze – per ciascun ambito  (X)

 

La constatazione generale è che nei due anni il SW si andato consolidando in termini di attori che si attivano, nella quantità e qualità delle iniziative in atto, nel flusso di risorse provenienti da fonti privatistiche e non pubbliche. Ne illustriamo i lineamenti tentando di utilizzare la categoria degli indicatori.

 

Un primo indicatore di espansione è riscontrabile nei servizi offerti dalla contrattazione.

In primo luogo welfare aziendale (XI). Nel sistema di imprenditoria italiano si è ormai superata la fase paternalistica e si è affermata la prassi del welfare contrattuale. 

Normalmente i contenuti del welfare aziendale riguardano ambiti quali previdenza complementare, sanità integrativa, politiche per la famiglia, e programmi di formazione. A questi ambiti si sono aggiunti i beni e servizi di conciliazione vita-lavoro. Ciò in Italia riguarda ancora in prevalenza le lavoratrici donne, che oberate anche dal lavoro  di cura dei figli e/o dei genitori anziani, e senza il supporto di servizi dedicati a bambini ed anziani,  sono  costrette a rinunciare a carriera e al posto di lavoro. I tipi di benefit in campo sono: denaro, servizi e tempo. Quest’ultimo rappresenta la categoria più diffusa in questo periodo di crisi economica: gli strumenti come il part-time, la flessibilità oraria in ingresso e in uscita, i permessi retribuiti o non, il lavoro agile (smart working).  Le relazioni contrattuali sono la fonte. Ma attore importante a riguardo è lo stato con la politica di incentivazione fiscale e il sistema regolatorio.

La fonte contrattuale, soprattutto di secondo livello, rappresenta una barriera all’estensione del welfare aziendale nelle piccole imprese – tessuto produttivo significativo in Italia-, sia per la limitata diffusione, sia per le condizioni di sostenibilità economica da parte del sistema imprenditoriale (XII).

Un contributo positivo sarà fornito dalla legge di Stabilità 2016 laddove prevede agevolazioni alle politiche di conciliazioni introdotte dalla contrattazione di secondo livello, ipotizzando bonus cartacei o digitali, prefiguranti l’esperienza di voucher (XIII).

Sempre nell’ambito delle relazioni contrattuali è annoverata la potenzialità degli enti bilaterali (XIV). L’intervento di questi enti, relativamente al welfare copre, in modo differenziato rispetto ai settori produttivo contrattuali,   ambiti nazionali (sostegno al reddito, previdenza integrativa, sanità, formazione) e territoriali, propri della contrattazione di prossimità. Questa sta sempre di più orientandosi verso forme integrative sanitarie e misure di conciliazione lavoro famiglia. Importante sono l’incastro  con l’intervento pubblico e il volano esogeno delle agevolazioni contributive. C’è da superare il limite della prevalente erogazione monetaria diretta orientandosi verso sistemi di incastro con enti territoriali di gestione delle prestazioni di welfare. L’ente bilaterale – come strumento di mutualizzazione di costi – può essere utile nel superamento dei limite delle fonti contrattuali relativo alla diffusione nelle piccole imprese.

 

Indicatore delle potenzialità  del SW è l’impegno nel  contrasto alla povertà nei vari interventi (XV): 

  1. a)la nuova Carta sociale,  in cui gli attori del SW sono protagonisti sia nei tavoli tecnici a sostegno delle amministrazioni comunali, sia nella realizzazione dei progetti personalizzati. 
  2. b)la povertà alimentare dove sono state messe in campo le esperienze di empori della solidarietà, intreccio virtuoso tra volontariato, mondo imprenditoriale, fondazioni, comuni;.
  3. c)la povertà educativa dove reti integrate hanno messo in campo esperienze di interventi di accoglienza e bonus economici di sostegno.

Comunque è diffusa la consapevolezza che il contrasto alla povertà trova come strumento congeniale il reddito minimo (REIS) ed in questa direzione vanno riorganizzate le varie misure. A riguardo viene valutata come opportunità positiva il ddl relativo alla Stabilità 2016 laddove mette a disposizione risorse da collocare in un piano pluriennale di riordino delle misure verso uno strumento unificato, semplifica le procedure di cessione gratuita dei cibi deperibili,  e in via  sperimentale  prevede  l’istituzione di un Fondo per il contrasto della povertà educativa alimentato da versamenti effettuati dalle fondazioni bancarie.(XVI)

 

Quello delle “rivitalizzate” società di mutuo soccorso (XVII) (oltre cento) può essere assunto come  indicatore di possibile espansione del SW nella sanità in termini sussidiari.  Enti, con una lunga tradizione nella mutualità in rapporto a territori e a esperienze associative, possono, da una parte, a concorrere all’obiettivo di far accedere alle prestazioni non supportate dal servizio sanitario nazionale persone non coperte da sistemi contrattuali, dall’altra, cimentarsi con servizi domiciliari di assistenza socio sanitaria. 

Le potenzialità sono attualmente espresse in modo limitato: si registra un bacino di utenza tra iscritti e familiari inferiore al milione di persone. C’è da superare la difficoltà nell’ incremento di nuovi iscritti e quindi le condizioni di sostenibilità economica. Si aggiunge a ciò la minaccia proveniente dal rapido sviluppo di mutue sanitarie “spurie”, in aggiunta alla competizione con le compagnie di assicurazione, peraltro interessate a dotarsi di proprie mutue in campo sanitario.

 

Indicatore che conferma l’espansione del SW è il settore non profit. Ha dato segni di  vitalità sul terreno  della solidarietà, dell’assistenza, dell’occupazione, in particolare femminile. Ha svolto come Terzo settore un importante ruolo di advocacy  in merito agli strumenti di contrasto alla povertà assoluta con la proposta ed il sostegno al REIS.

Le attività delle Fondazioni di origine bancaria sono senz’altro assumibili a indicatore di sviluppo del SW. Non è tanto rilevante l’incremento del loro patrimonio contabile (41 miliardi, più 1%  riferito al 2014), né il totale dei proventi (  2,271 miliardi, più 52,6%).  Rilevante è la distintiva attività istituzionale indirizzata all’ambito sociale: le erogazioni del 2014, inclusi gli accantonamenti ai fondi speciali per il volontariato, si sono attestate a 911,9 milioni di euro per 22 805 interventi ( 884,8 milioni di euro e  22 334 interventi nel 2013). Nel 2014, dopo Arte, Attività e Beni culturali (al primo posto) si colloca il welfare: 

  1. 1.settore  Volontariato Filantropia e Beneficenza con erogazioni pari a 131,7 milioni di euro e 2 812 iniziative,
  2. 2.settore Assistenza Sociale, con erogazioni pari a 123,6 milioni di euro e 2 385 interventi
  3. 3.settore Educazione, Istruzione e Formazione con erogazioni pari 120,9 milioni di euro.

 Risultati sono ancora più rilevanti visto l’incremento del 20% di tassazione introdotta dalla Legge di Stabilità per il 2015.

Altro attore che potrebbe contribuire allo sviluppo del SW sono le fondazioni di comunità (XVIII). Non esistono indagini nazionali a riguardo. Ma la composizione della governance a cui partecipano soggetti territoriali, le formazione del patrimonio, il finanziamento delle attività dirette a soggetti gestori del privato sociale territoriale configurano potenzialità interessanti nel SW.  Sono soprattutto criticità interne alla gestione, alla pianificazione strategica delle attività, alla comunicazione e al confronto delle esperienze che interdicono molte delle potenzialità.

Ulteriore indicatore dello sviluppo del SW è la crescita del numero di piattaforme di crowdfunding (XIX).  Viene riportato che nel maggio 2014 si contavano  54 piattaforme, di cui 41 attive e 13 in fase di lancio. I progetti ospitati sulle piattaforme italiane sono oltre 50 000, di cui in media circa il 35% viene finanziato. Il valore complessivo dei progetti finanziati supera i 30 milioni di euro. In Italia per ora  sono prevalenti le piattaforme lending-based (XX);  in espansione anche quelle  equity-based crowdfunding  (9 piattaforme in  fase di lancio ). In Italia esiste dal 2012 una regolamentazione di questo modello di  crowdfunding (XXI)

Ulteriore indicatore sono le fonti di finanziamenti “filantropici”  al SW , aggiuntive alla fondazioni bancarie, le donazioni individuali sono pari a 4,6 miliardi di euro,  quelle fatte dalle imprese ammontano a circa 4,4 miliardi (dati riferiti al 2011). A queste vanno aggiunte le donazioni effettuate attraverso la rete della Chiesa, per un valore di 2,6 miliardi di euro. Sono 1169  i progetti anticrisi economica  messi in atto a livello ecclesiale per contrastare la povertà. 

Il programma di Garanzia Giovani (XXII) in Italia,  al di là dei limiti complessivi,  ha riservato una parte interessante il SW: tra le misure proposte vi è il servizio civile dei giovani, prevalentemente attuato dal Terzo settore. Il programma ha messo a disposizione risorse per la copertura di 5 504 nuovi posti nel 2015.

Un ambito di ritardo di sviluppo delle potenzialità del SW è quello dei servizi alla persona a fronte dei fabbisogni collegati all’invecchiamento della popolazione, alle politiche di conciliazione lavoro famiglia, alla trasformazione dei nuclei familiari, alla necessità di sviluppo e qualificazione del lavoro di cura. Si auspica a riguardo l’istituzione di “un sistema di voucher, di buoni-acquisto convenienti per chi compra e per chi vende (privati o terzo settore) grazie a un sussidio pubblico incorporato nel buono e ad agevolazioni fiscali (come l’abbattimento Iva)” . Di fatto significa  procedere con quanto previsto dalla Legge di Stabilità 2016 e con il ddl per l’istituzione del voucher universale proposto dal senatore Santini ed altri. Rimane aperta la questione se agevolazioni e semplificazioni sono sufficienti allo sviluppo di un settore qualificato dei servizi alla persona o se non occorre una più complessa azione di sistema che preveda una governance multidimensionale (che sia nelle condizioni di gestire competenze varie) e multilivello (che metta assieme livelli istituzionali diversi) e naturalmente una partnership pubblico privato, un piano pluriennale, una dotazione di risorse dedicate, un’agenzia con capacità d’intervento nazionale, un sistema di accreditamento per gli attori della gestione economica e delle attività di formazione, un sistema di convenzioni operative.

 

In fase conclusiva, a fronte delle realizzazioni nel rapporto vengono indicate “zone d’ombra”. 

Nel Primo Rapporto sul SW 2013 ne venivano individuate cinque: i) il rischio di un “incastro distorto” fra primo e SW; ii) la difficoltà di “fare sistema”; iii) la disparità territoriale; iv) la debolezza dei meccanismi di monitoraggio e valutazione; v) l’incompiuta adesione al paradigma dell’investimento sociale.

Alcune persistono rispetto al primo rapporto: eterogeneità, frammentazione, diffusione a macchia di leopardo degli interventi, disparità fra Nord e Sud, esacerbate dalla crisi.

Altre sono nuove: gli ostacoli normativi; scarsa consapevolezza delle potenzialità; modesto investimento sulla comunicazione.

A riguardo viene sostenuta la strategia sui volani interni ed esterni.  Tra i primi sono indicati prioritariamente:  a) espansione e articolazione degli strumenti di finanza sociale, per canalizzare risorse verso gli attori e le iniziative di SW; b) la messa a punto di canali e veicoli per l’estensione delle “reti” e la diffusione di conoscenze e buone pratiche all’interno di tutto il territorio nazionale.

Tra i volani esterni: a) la realizzazione di riforme che aprano spazi e incentivino le partnership fra pubblico, privato e terzo settore, da un lato, e dall’altro facilitino lo sviluppo del welfare integrativo e assicurativo. In concreto: riforma del Terzo Settore, introduzione del voucher universale servizi alla persona, realizzazione di un fisco pro welfare, introduzione del reddito minimo garantito, attuazione del Jobs Act per quanto riguarda le politiche dell’impiego e di conciliazione vita personale – lavoro; b) l’introduzione di forme di monitoraggio e valutazione dell’impatto sociale, per orientare attori e politiche di SW e per identificare e valorizzare iniziative e sperimentazioni che siano efficienti, eque, efficaci, coerenti (e sostenibili).

 

Alcune considerazioni

In termini complessivi.

Nulla da obiettare rispetto alla categoria interpretativa del SW, sia nella definizione che nelle componenti distintive di tipo privato proposte (attori; ambiti integrativi, complementari, sussidiari, risorse; volani interni ed esterni; incastri; verifiche di coerenza).

Un apprezzamento quindi  allo sforzo di dare sistematicità e prospettive di concretezza ad un’area del welfare in una situazione di risorse pubbliche calanti e di responsabilizzazione civile.

Qualche dubbio sull’inquadramento in questa categoria di qualche esperienza/processo, ad esempio il Caso dei servizi d’infanzia del Comune di Bologna(XXIII). Non si tratta di una fattispecie di società pubblica partecipata?

La qualità integrativa, complementare, sussidiaria ha forse una necessità ulteriore nel precisare livelli di riferimento. In maniera più pressante se si enfatizza la dimensione territoriale delle reti integrate  e si contemplano processi settoriali quali la contrattazione. Questo è solo prerogativa del pubblico? Che comunque è utile supportare nelle scelte. 

E’ implicita (e condivisibile)  la considerazione del finanziamento alle politiche sociali come investimento. Ciò non è automatico nei processi di sostegno economico. Sarebbe utile un diffuso ricorso alla esplicitazione nelle analisi e alle valutazioni delle esperienze in atto.

Pur trattandosi di risorse di tipo privatistico, più o meno supportate da sistemi agevolativi pubblici, sarebbe utile – in termini complementari alla concezione di investimento sociale -privilegiare, per quanto possibile, strategie e misure proprie dell’assistenza generativa e delle sue necessità di riqualificazione / ristrutturazione. Per evitare la prassi che tutto si aggiunge.

Comunque condivisibili le proposte conclusive rispetto agli interventi legislativi.( Poi rimane lo snodo dell’interpretazione applicazione amministrativa).

 

NOTE

I – Vedi F. Maino e M. Ferrera (a cura di) (2015), Secondo Rapporto sul secondo welfare in Italia 2015, Torino, Centro di

Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi

II – Percorsi di secondo welfare è un laboratorio di ricerca nato nell’aprile 2011 su iniziativa del Centro di Ricerca Luigi Einaudi di Torino in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano. Si propone di ampliare e diffondere il dibattito sul secondo welfare in Italia studiando, approfondendo e raccontando dinamiche ed esperienze capaci di coniugare il ridimensionamento della spesa pubblica con la tutela dei nuovi rischi sociali, in particolare attraverso il coinvolgimento crescente di attori privati e del terzo settore.

 

III – Vedi   http://secondowelfare.it/primo-rapporto-2w/primo-rapporto-sul-secondo-welfare.html

IV – Nell’introduzione del rapporto si ricorda che:  “In un’inchiesta del Corriere, Dario Di Vico intendeva attribuire un nome a una nuova generazione di politiche sociali, sviluppate al di fuori del perimetro pubblico, che «intrecciando le esperienze degli enti locali, delle fondazioni e delle aziende può aspirare ad aggiungere cinque punti di Pil di spesa sociale ai 27 finanziati ora dal welfare statale». Negli anni successivi, l’espressione si è progressivamente arricchita sul piano concettuale ed empirico ed è oggi diventata un’apprezzata categoria interpretativa, sempre più spesso utilizzata nel nostro dibattito pubblico”

 

VI – Cross border = transfrontalieri

 VII – Da Wikipedia. “Il social impact bond, conosciuto anche come Pay for Success Bond, è uno strumento finanziario finalizzato alla raccolta, da parte del settore pubblico, di finanziamenti privati. La remunerazione del capitale investito tramite questi strumenti è agganciata al raggiungimento di un determinato risultato sociale. In un modello di Social Impact Bond realizzato correttamente, il raggiungimento del risultato sociale previsto produrrà infatti un risparmio per la Pubblica Amministrazione e quindi un margine che potrà essere utilizzato per la remunerazione degli investitori.

L’idea dei Social Impact Bond è stata promossa e sviluppata da agenzie ed individui alla ricerca di soluzioni al paradosso per cui è possibile conseguire ingenti risparmi di fondi pubblici prevenendo o intervenendo nelle prime fasi in cui si generano i problemi sociali o sanitari, piuttosto che gestendo le fasi di crisi. Se non che è spesso difficile se non impossibile reperire finanziamenti per realizzare tali interventi.

In Gran Bretagna, il Prime Minister’s Council on Social Action (un gruppo di consiglieri del Governo Britannico esperti di innovazione provenienti da diversi settori) è stato chiamato nel 2007 ad esplorare modelli alternativi per finanziare azioni di intervento nel settore sociale. Il Gruppo ha iniziato a sviluppare l’idea del Social Impact Bond ed il lavoro è stato seguito con interesse da diverse organizzazioni”.

 

VIII –  vedi l’introduzione di M. Ferrera

 IX – Incastri virtuosi sono definibili quelli che non sostituiscono ciò che già c’è, contribuendo così a duplicare e frammentare l’offerta, ma quelli che perseguono l’integrazione e la complementarietà ampliando la gamma dei servizi, il grado di flessibilità degli interventi, la capacità di risposta ai bisogni con una forte attenzione al tema della sostenibilità. Vedi M.Ferrera. Citato.

X –  I contenuti del Secondo Rapporto sul secondo welfare sono i seguenti. Cliccando sui singoli titoli ci si collega al testo. 

INTRODUZIONE

Introduzione
di Maurizio Ferrera

 IL CONTESTO

  1. 1.Secondo welfare e territorio: risorse, prestazioni, attori, reti
    di Franca Maino

PROTAGONISTI STRUMENTI E POLITICHE

  1. 2.Il welfare aziendale in Italia: tempo di una riflessione organica 
    di Giulia Mallone
  2. 3.Bilateralità e welfare contrattuale: quale ruolo per i territori? 
  3.       di Federico Razetti
  4. 4.La mutualità di territorio: le società di mutuo soccorso nella sanità integrativa
    di Barbara Payra
  5. 5.Il sostegno alla domanda di servizi alla persona e alla famiglia 
    di Simone Cerlini e Alessandro Venturi
  6. 6.Reti territoriali per la conciliazione e alleanze locali in Lombardia
    di Michela Gobbo e Franca Maino
  7. 7.I servizi per l’infanzia comunali nella crisi e il caso del Comune di Bologna
    di Stefano Neri
  8. 8.Lotta alla povertà e secondo welfare 
    di Chiara Agostini
  9. 9.Gli empori della solidarietà nel contrasto alla povertà alimentare
    di Chiara Lodi Rizzini
  10. 10.Lost in implementation? Limiti e prospettive della Garanzia giovani in Italia
    di Patrik Vesan
  11. 11.Fondazioni di comunità e imprese: una sinergia che fa bene ai territori
    di Lorenzo Bandera
  12. 12.Buone pratiche di progettazione partecipata: il sistema delle cure a domicilio a Novara 
    di Franca Maino
  13. 13.Social impact bond: nuovi schemi negoziali tra misurazione d’impatto e finanza strutturata 
    di Giulio Pasi

LE PROSPETTIVE

Conclusioni: bilancio e prospettive
di Franca Maino e Maurizio Ferrera 

 XI – Vedi Giulia Mallone. Citata.

 XII – Vedi Giulia Mallone. Citata.

 XIII – Vedi. M.Conclave, Stabilità 2016 e politiche sociali, in Newsletter Nuovi Lavori n.162 del 10/11/2015.

 XIV – Vedi Federico Razzetti. Citato 

 XV – Per quanto riguarda la lotta alla povertà, vedi Chiara Agostini, citata. Per gli empori della solidarietà vedi Chiara Lodi Rizzini, citata.

 XVI – Vedi M.Conclave, citato.

 XVII – Vedi Barbara Payra, citata. 

 XVIII – Vedi Lorenzo Bandera. citato

 XIX – Da Wikipedia .  “Le piattaforme di crowdfunding sono siti web che facilitano l’incontro tra la domanda di finanziamenti da parte di chi promuove dei progetti e l’offerta di denaro da parte degli utenti. Le piattaforme di crowdfunding si possono distinguere in generaliste, che raccolgono progetti di ogni area di interesse, e verticali (o tematiche), specializzate in progetti di particolari settori”. Per quanto riguarda la regolamentazione delle piattaforme vedi http://www.italiastartup.it/wp-content/uploads/2013/08/equity_crowdfunding_1.pdf

XX –  Il lending-based crowdfunding consiste nella raccolta di denaro tramite internet, e nella sua erogazione in forma di prestito ad un’ampia serie di mutuatari, a fronte di un corrispettivo finanziario. La raccolta viene intermediata da una piattaforma web, remunerata per l’attività di analisi, selezione, distribuzione dei finanziamenti e per il servizio di incasso delle rate pagate dai soggetti finanziati.  Il modello lending-based  ha due specificazioni:a) il modello classico prevede che il finanziatore presta direttamente il denaro a ciascun mutuatario (sia pure con l’ausilio della piattaforma);b) il modello totalmente intermediato dalla piattaforma prevede invece che il finanziatore investa in un veicolo che eroga il credito ai vari mutuatari, assorbendo i rischi di insoluto e gestendo le relative azioni di recupero.

Si tratta del modello di crowdfunding che ha la maggior maturità in termini di esperienze internazionali e già una discreta stabilità a livello normativo. In Italia, trattandosi di intermediazione creditizia, l’attività è sottoposta alla normativa sul credito e alla vigilanza della Banca d’Italia. Vedi www.crowdfundinginitaly.com.

XXI – Si parla di “equity-based crowdfunding” quando tramite l’investimento on-line si acquista un vero e proprio titolo di partecipazione in una società: in tal caso, la “ricompensa” per il finanziamento è rappresentata dal complesso di diritti patrimoniali e amministrativi che derivano dalla partecipazione nell’impresa. Vedi http://www.consob.it/main/trasversale/risparmiatori/investor/crowdfunding/index.html

 XXII – VediPatrik Vesan. Citato.

XXIII – Vedi Stefano Neri. Citato

 

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