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L’immigrazione aumenta davvero la criminalità?

L’immigrazione e la criminalità sono tornate temi centrali durante la campagna per le elezioni presidenziali negli Stati Uniti. La convinzione che l’immigrazione aumenti la criminalità è una delle credenze più radicate e longeve nell’opinione pubblica, sia negli Stati Uniti sia altrove. Questo mito, nato oltre un secolo fa, resiste ancora oggi nonostante numerose prove contrarie.

Ad alimentare questa percezione ci sono figure politiche come Donald Trump, che hanno fatto di questa narrativa un punto focale delle loro campagne elettorali. Fin dal suo annuncio di candidatura nel giugno 2015, Trump ha costantemente associato immigrazione e crimine. In quell’occasione, dichiarò: “Quando il Messico manda la sua gente, non manda i migliori. Manda persone con molti problemi… Portano droga, portano crimine”.

Nel corso degli anni, Trump ha intensificato questa retorica, costruendo una narrazione che associa l’immigrazione a una minaccia per la sicurezza pubblica. Durante la fase finale della sua recente campagna presidenziale, ha affermato:

“I media corrotti sono indignati perché io continuo a parlare di criminalità dei migranti e dell’epidemia di crimini dei migranti. È la cosa peggiore che sia successa al nostro Paese negli ultimi cinquant’anni. Stanno conquistando le nostre piccole città”.

Secondo un sondaggio del Pew Research Center, l’immigrazione e la criminalità sono tra le prime tre priorità per gli elettori di Trump, subito dopo l’economia.

Cosa dicono i dati? Gli studi sul tema dimostrano che non esiste un legame causale tra immigrazione e aumento della criminalità. Studi condotti negli Stati Uniti, sia più datati sia più recenti, così come analisi su Italia e Regno Unito, confermano che l’immigrazione non ha un impatto significativo sui tassi di criminalità.

Un nostro studio ha analizzato quindici anni di dati relativi ai flussi migratori e ai tassi di criminalità in 216 regioni di 23 Paesi europei. I risultati? Nessun collegamento significativo tra i livelli di immigrazione e i tassi di criminalità. Anzi, utilizzando metodi statistici rigorosi, emerge che, anche in aree con un’immigrazione sostanziale, i tassi di criminalità non aumentano. In alcuni casi, addirittura diminuiscono leggermente.

Un caso emblematico è rappresentato dal Cile. Tra i primi anni Duemila e il 2010, la popolazione straniera è triplicata, grazie a un periodo di forte crescita economica. Tuttavia, nonostante l’intensificarsi delle preoccupazioni pubbliche e l’aumento della domanda di sicurezza privata, non vi è stato alcun aumento dei tassi di criminalità. La differenza tra percezione e realtà è stata attribuita principalmente a una copertura mediatica intensa e selettiva, che ha amplificato le paure della popolazione.

Perché percezione e realtà divergono? Una delle principali ragioni per cui il mito che l’immigrazione alimenti la criminalità persiste è l’influenza dei media e della retorica politica. Durante le campagne elettorali, una copertura selettiva e messaggi mirati possono amplificare le paure dell’opinione pubblica. In questo contesto, il ruolo dei media è cruciale. Titoli sensazionalistici, spesso basati su eventi isolati, possono creare una narrativa che rafforza stereotipi e pregiudizi. Questa dinamica è particolarmente evidente negli Stati Uniti, dove figure come Trump hanno capitalizzato su questa paura per guadagnare consensi elettorali.

Ma perché la realtà non rispecchia la percezione? Un’ipotesi è che le popolazioni immigrate siano spesso troppo piccole per alterare significativamente i tassi complessivi di criminalità. Inoltre, può verificarsi un fenomeno di “sostituzione” nei mercati locali della criminalità, in cui gli immigrati sostituiscono i residenti locali in alcune attività illegali senza aumentare il volume complessivo di crimini.

Alcuni studi hanno anche esplorato come fattori esterni, come lo status legale (il permesso di soggiorno) o le scarse opportunità economiche, possano contribuire alla sovrarappresentazione degli immigrati nelle statistiche criminali.

Immigrazione e criminalità: una questione complessa. Non è corretto affermare che i migranti non siano coinvolti nella criminalità. In molti Paesi, gli immigrati sono spesso sovrarappresentati nelle carceri. Tuttavia, questa sovrarappresentazione non porta necessariamente a un aumento generale dei tassi di criminalità. Le nostre ricerche evidenziano che permessi di lavoro legali e impieghi stabili sono direttamente collegati a una riduzione dei tassi di criminalità. Ad esempio, in Italia, quando ad alcuni immigrati dell’Europa orientale sono stati concessi permessi di lavoro legali, i loro tassi di criminalità sono scesi di oltre il 50%.

Uno studio condotto negli Stati Uniti nel marzo 2024 ha rilevato che gli immigrati di oggi hanno molte meno probabilità di essere incarcerati rispetto agli anni Sessanta. Questo declino è stato attribuito a migliori opportunità lavorative e a strutture familiari più stabili tra gli uomini immigrati.

Politiche che fanno la differenza. I risultati delle ricerche indicano che politiche inclusive possono ridurre significativamente la criminalità. Garantire uno status legale agli immigrati non solo facilita l’integrazione economica e sociale, ma porta anche a una riduzione dei comportamenti devianti. Al contrario, misure restrittive che criminalizzano gli immigrati irregolari o impediscono loro di lavorare possono paradossalmente aumentare la criminalità. Quando gli immigrati non hanno accesso al mercato del lavoro legale, sono più vulnerabili a forme di sfruttamento o attività illecite per sopravvivere.

Espandere l’accesso al lavoro legale, in particolare per richiedenti asilo e gruppi vulnerabili, potrebbe favorire comunità più sicure e coese. Questo approccio è supportato da ricerche che mostrano come la stabilità economica sia un deterrente fondamentale per la criminalità.

Verso politiche basate sulle evidenze. Mentre gli Stati Uniti e altri Paesi definiscono il loro approccio all’immigrazione, dare priorità alle evidenze causali rispetto alle narrazioni basate sulla paura può aprire la strada a politiche che avvantaggiano sia gli immigrati sia le comunità che li accolgono.

Promuovere la partecipazione economica, affrontare le percezioni errate e investire nell’integrazione sociale rappresentano strumenti chiave per costruire società più giuste e sicure. Solo superando le narrazioni basate sulla paura e guardando ai dati si potrà realmente comprendere e valorizzare il ruolo degli immigrati nelle nostre società.

In conclusione, l’immigrazione non è una minaccia per la sicurezza pubblica, ma una risorsa che, se ben gestita, può arricchire e rafforzare il tessuto sociale ed economico di un Paese.

*da Il Mulino 12/02/2025

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