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Lo scenario e’ immenso, come le luci e le ombre

I Vertici del G20 generalmente non si concludono con decisioni o misure stringenti, epocali, che abbiano un impatto diretto ed immediato sulla vita delle persone, ma sono occasioni di confronto politico che hanno l’obiettivo di indicare una strada condivisa su alcune priorità di azione a livello globale.  Sappiamo poi, che contano i rapporti bilaterali tra Capi di Stato di Governo e la possibilità quest’anno di incontrarsi nuovamente in presenza ha facilitato e certamente contribuito a ristabilire una dialettica dinamica e costruttiva tra paesi.

L’impegno della Presidenza italiana del G20 in un anno di lavori è stato importante, ma le distanze tra paesi su alcuni temi rimangono profonde per interessi e livelli di crescita diversi. La Presidenza italiana è riuscita a rimettere al centro il valore del multilateralismo, la necessità di tornare ad affrontare insieme innanzitutto l’impatto della pandemia e la nuova crisi economica e sociale che ne è derivata, ma anche i cambiamenti nelle nostre società, nei rapporti tra paesi, nei nuovi assetti geopolitici e gestire possibilmente con linee guida omogenee le sfide politiche, economiche, sociali, e le transizioni verde e digitale che le nazioni da sole non potranno affrontare. Multilateralismo e democrazia perché non può esserci crescita inclusiva e sostenibile senza il rispetto dei diritti fondamentali.  

Certamente il cambio dell’ Amministrazione USA ha dato un volto ed una dimensione diversa ai lavori del G20 “italiano” durante tutti gli incontri e le ministeriali di questo 2021. La pandemia ha reso la collaborazione tra Stati non solo una necessità, ma una urgenza, al di là delle schermaglie tra grandi potenze economiche. La scienza e la fragilità in campo medico in tanti paesi hanno fatto emergere chiaramente quanto sia vitale investire nella ricerca, quanto sia basilare condividere i risultati scientifici, come gli studi sui vaccini, quanto sia stato miope non dotare l’Europa di infrastrutture e produzione autonoma di beni essenziali, quanto le nostre economie, la mobilità di persone, lavoro, attività economiche siano interconnesse e quanto ci si sia trovati impreparati ad attivare un piano di prevenzione e risposta globale ad una pandemia.

In questo quadro, che richiederebbe un approccio solidaristico tra tutti, economie forti e paesi vulnerabili, non si è arrivati ad un accordo sulla distribuzione dei vaccini, prevalendo la logica di mercato. India e Sudafrica avevano proposto di sospendere temporaneamente la proprietà intellettuale dei brevetti dei vaccini Covid-19, il c.d. “TRIPS waiver” per consentire loro di produrre a costi calmierati questi vaccini e distribuirli. Quello che si è fatto in passato per i farmaci HIV. Proposta appoggiata dagli USA, dove operano le più grandi industrie farmaceutiche, ma non dall’UE, dove risiedono altri gruppi Big Pharma, sostenitrice, invece, della necessità di aumentare la produzione con investimenti mirati, ma lasciando i brevetti ed i profitti ben saldi nelle case farmaceutiche. Una spaccatura chiara, che lascia i paesi più poveri esposti ad una sempre più grave contaminazione che rischia di compromettere la ripresa globale. L’impegno del G20 di vaccinare il 40% della popolazione mondiale entro il 2022 dovrà essere monitorato, ma certo la iniqua distribuzione dei vaccini è un elemento di allarme non solo dal punto di vista sanitario, ma soprattutto sociale.  

Il G20 di quest’anno ha segnato alcuni obiettivi importanti, ma sarà necessario essere coerenti, dare un seguito normativo e di azione sia a livello mondiale che nazionale per tradurre gli impegni in progetti concreti. Una decisione importante riguarda come affrontare la nuova crisi economica, politiche espansive per incoraggiare gli investimenti e politiche di bilancio mirate, ma non restrittive. Una reazione diversa dalla crisi precedente incentrata sull’austerità e tagli al welfare nei paesi più esporti al debito pubblico. 

I Governi dei paesi industrializzati hanno messo in campo ingenti risorse straordinarie, la UE ha adottato il piano Next Generation EU, ma le risorse vanno canalizzate per progetti che assicurino una crescita sostenibile e creazione di lavoro di qualità. Il sindacato sottolinea come le diseguaglianze siano aumentate, come il divario tra paesi ricchi e poveri, che coinvolge interi continenti, rischia di far esplodere tensioni sociali profonde. L’OIL nel suo recente rapporto sulla crisi Covid-19, sottolinea come la crescita economica globale sia aumentata nel 2021, ma non sono cresciuti i posti di lavoro; soprattutto la distribuzione delle risorse finanziarie per la ripresa è iniqua e quindi ingiusta, perché riguarda solo una parte del mondo. Molti paesi stanno andando incontro ad una crisi del debito profonda che avrà conseguenze sociali gravi se non si interviene per aiutare chi è più in difficoltà.

Un impegno importante assunto al G20 riguarda la “global minimum tax”, cioè la decisione che occorre applicare una tassazione minima del 15% a tutte le imprese, nei paesi dove si realizzano i profitti. Un principio importante. Saranno le Istituzioni Finanziarie Internazionali, OCSE in primis perché da tempo lavora su questo dossier, che dovranno tradurre in un meccanismo fiscale a livello globale l’imposizione della tassa minima che riguarderà i grandi colossi dell’economia digitale, ma potrà anche essere un freno ai paradisi fiscali e ad una concorrenza iniqua basata sulle esenzioni fiscali massicce applicate alle imprese da alcuni paesi per attirare investimenti. Ci vorrà tempo per definire lo strumento transnazionale, ma l’impegno oggi è stato assunto e in qualche modo le risorse del prelievo fiscale delle imprese che oggi non versano quasi nulla alla collettività serviranno a finanziare la ripresa si spera anche di quei paesi più vulnerabili.

La transizione climatica è stata al centro anche del G20, non solo perché ha fornito la base della discussione della COP26 a Glasgow, ma perché nella definizione di un nuovo modello di sviluppo, basato sulla qualità dello sviluppo e la sostenibilità, una questione centrale è come accompagnare la transizione verde, non più rinviabile nel tempo. La sostenibilità diventa un elemento di competitività non solo una emergenza climatica, ma richiede investimenti onerosi per trasformare la produzione e le fonti energetiche. 

Purtroppo, però, mancano all’appello degli impegni concreti di riduzione delle emissioni paesi importanti, non solo per il livello di inquinamento di cui sono responsabili, ma per il ruolo geopolitico nello scacchiere internazionale, Cina e Russia, i cui leaders non sono venuti a Roma, ma anche India, Brasile, che fissano scadenze lontane. Il G20 ha ribadito che la transizione ecologica ha una dimensione sociale che deve essere sostenuta: attenzione ai posti di lavoro che si perdono, riqualificazione e riconversione delle aree più esposte per evitare spopolamento ed abbandono di territori con un impatto sociale oggi del tutto trascurato.  

 Nel pacchetto del G20 Lavoro, la Presidenza italiana ha portato al centro della discussione tre temi: l’occupazione femminile e l’empowerment delle donne; la regolazione delle nuove forme di lavoro, telelavoro, digitale, piattaforma e la sfida dell’adeguamento delle competenze; i sistemi di welfare e di sicurezza sociale in un quadro di evoluzione del rapporto di lavoro. Temi importanti e coraggiosi da aprire alla discussione in un quadro G20, considerate le diverse posizioni di partenza, tra chi vorrebbe potenziare una concorrenza aperta nel mercato del lavoro, lasciando alla flessibilità ed alla deregolamentazione di incentivare la creazione di lavoro e chi invece chiede un quadro regolatorio omogeneo nelle nuove forme di lavoro in un contesto di mobilità del lavoro che assicuri parità di trattamento, accesso alla sicurezza e tutele sociali, diritti fondamentali comuni. 

Il sindacato ha avanzato le sue proposte nel documento presentato al G20 Lavoro (qui allegato), non si può prescindere dal rafforzamento della contrattazione collettiva e delle istituzioni di dialogo sociale, dal diritto alla rappresentanza collettiva anche nelle nuove forme di lavoro che rischiano di spingere verso una individualizzazione del rapporto di lavoro e dalla garanzia di accesso ai sistemi di protezione e sicurezza sociale, che nei paesi più poveri registra una percentuale bassissima di lavoratori coperti. Le donne ed i giovani sono stati particolarmente colpiti dalla pandemia, ma l’attenzione prestata alla condizione della donna lavoratrice nel G20 Lavoro è un passo cruciale per sollecitare politiche e investimenti mirati in paesi con storie e culture diverse, che però hanno riconosciuto la priorità di monitorare con nuovi indicatori i progressi che si faranno. Vedremo come gli impegni si tradurranno in azioni, dobbiamo anche confidare nel ruolo delle organizzazioni della società civile hanno saputo essere presenti con proposte e partecipazione costruttiva.

Il prossimo anno il G20 sarà organizzato dall’Indonesia e nel 2023 dall’India. Dovranno raccogliere una sfida importante di non lasciare indietro gli impegni assunti perché i cittadini chiedono risposte concrete e soprattutto la possibilità di essere coinvolti ed ascoltati attraverso le organizzazioni di riferimento.


*Responsabile Dipartimento Internazionale UIL

 

 

 

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