Lo sviluppo dello Stato sociale è stata la grande riforma di qualità del nostro sistema economico, realizzata nel vivo del miracolo economico degli anni 60-70, come risultato delle lotte sindacali e delle riforme dei governi di centro-sinistra.
Nella fase del suo sviluppo successivo, di fronte ai nuovi problemi di regolazione, ha incontrato freni e difficoltà in seguito alla svolta neoliberista dei governi Berlusconi, contrassegnata da rallentamento della crescita, contrazione dei finanziamenti, e calo della sensibilità sociale.
La fase successiva, relativa al Covid, con i relativi limiti di crescita e di disponibilità finanziaria, ha confermato e ampliato tali difficoltà. Nel welfare attuale, il fatto più evidente è la progressiva contrazione di ruolo della sanità pubblica di fronte all’aumento della domanda quanti-qualitativa di salute della popolazione in via di invecchiamento. Il suo ruolo, sempre più necessario e determinate, appare fortemente condizionato dalle mutate priorità politiche del governo di destra e dai limiti della finanza pubblica.
La rincorsa del sistema scolastico verso una più diffusa uguaglianza di opportunità, iniziata con la scuola media unica e proseguita con la crescita dei livelli superiori fino all’università, segna il passo, tanto da soggiornare ancora agli ultimi posti in Europa. Permane una situazione di incertezza e di preoccupanti previsioni del sistema pensionistico, privo di una visione prospettica e tanto più di una riforma strutturale tesa a renderlo compatibile con le trasformazioni del lavoro e della crescita dell’anzianità dei cittadini.
Questo quadro di difficoltà si completa con una diffusa precarietà e povertà del lavoro, pure privo di una strategia condivisa di gestione delle sue profonde trasformazioni strutturali. L’intero assetto del welfare è inoltre condizionato dal livello di crescita economica del Paese, sia nell’evoluzione della domanda di servizi e nella possibilità di finanziamento.
L’attuale contrazione della crescita italiana appare un dato contraddittorio che rende più difficile una politica di riforma e di qualificazione dei vari aspetti della Stato sociale. Su questo piano il governo Meloni, nonostante l’eccezionale disponibilità di risorse del Pnrr europeo, non è riuscito ad avviare una politica di sviluppo, e, in materia di welfare, si è limitato a qualche piccolo ritocco di carattere marginale e propagandistico, accompagnato da pochi spiccioli di finanziamento.
Si sta creando perciò un ulteriore scostamento tra la limitata spesa effettiva e la possibilità di soddisfare i bisogni crescenti che sollecita un rinnovato impegno della politica. In tal senso, si fa strada nei cittadini la convinzione che una migliore cura della persona rimane un parametro fondamentale della qualità della nostra società e, nello stesso tempo, una importante leva di crescita economica e di integrazione sociale.
Nella nuova fase che si apre, lo stato sociale dovrebbe diventare un ambito essenziale della qualità della politica di fronte ai mutati ed accresciuti bisogni di cura e di assistenza di una popolazione che invecchia. Urgono in particolare alcuni interventi tesi ad affrontare i numerosi problemi dei servizi pubblici che negli ultimi tempi si sono aggravati.
I servizi di comunità, riguardanti i minori, gli anziani, i disabili e i migranti, nella loro qualità e diffusione sul territorio, dovrebbero diventare l’ossatura fondamentale di un nuovo modello di welfare, anche attraverso l’inserimento di processi di digitalizzazione e Intelligenza Artificiale.
Altri aspetti essenziali di questo modello dovrebbero essere la razionale distribuzione dei servizi pubblici sul territorio, la distinzione tra spesa pubblica e welfare, frutto della integrazione tra intervento pubblico, privato, terzo settore e partecipazione dei singoli.
Dato il suo valore concreto di uguaglianza, qualità umana e realizzazione solidale dello sviluppo, la politica dello stato sociale, strutturalmente integrata nella crescita economica, dovrebbe diventare uno dei tratti distintivi dell’Italia di domani. Chi riuscirà ad affrontare e vincere tale sfida, avrà sperimentato una via non precaria del governo del Paese, e il percorso su cui far crescere una nuova classe dirigente idonea a conferire nuovo valore e dignità alla politica.