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Musacchio: “A Montreal si ridefiniscono gli equilibri delle mafie italiane”

Da qualche anno ormai è in corso una guerra di mafia in Canada tra le cosche di origini italiane. Proviamo a far luce su questi aspetti con Vincenzo Musacchio, criminologo e docente di strategie di lotta alla criminalità organizzata transnazionale al RIACS di Newark.

Professore, prima di entrare nel vivo della questione ci fa comprendere meglio qual è la storia delle mafie italiane in Canada?

Partirei da un punto fermo. Di tutte le organizzazioni criminali che operano in Canada, la mafia è sicuramente la più nota. La prima mafia strutturata risale agli anni settanta e fu scoperta a Montreal. Il capo era Joe Bonanno proveniente da una famiglia mafiosa americana. Dalla metà degli anni ottanta, Montreal ha avuto una famiglia criminale dominante. Era guidata dal siciliano Nick Rizzuto e poi dal figlio Vito. Un’altra famiglia è stata gestita da Frank Cotroni, calabrese, fino alla sua morte nel 2004. Già in quegli anni esistevano conflitti interni tra siciliani e calabresi nell’organizzazione di Montreal. Dal 2014, nasce una nuova faida per la supremazia mafiosa a Montreal. Coinvolge alcune cosche mafiose calabresi dell’Ontario e alcuni elementi dissidenti della famiglia Rizzuto in Quebec. Dalla Calabria recentemente sono arrivati anche altri esponenti della ‘ndrangheta che assieme alla fazione calabrese già esistente oggi si contendono fette di mercato criminale nel mondo mafioso di Montreal. 

Alla luce di questa premessa, quindi, cosa sta accadendo adesso in Canada, può fare un po’di luce soprattutto sulle ultime vicende criminali?

Come emerge chiaramente dalla breve premessa storica, lo scenario criminale canadese è particolarmente complesso. Convivono in esso mafiosi siciliani e calabresi. In passato con la supremazia dei primi sui secondi, poi alla pari e adesso ritengo che i calabresi vogliano avere l’egemonia. È in corso una guerra, che definirei fisiologica, per il potere, per cui, si è tornati a sparare, a uccidere, a regolare i conti per stabilire chi comanderà nel prossimo futuro. 

Su quali basi asserisce questa sua opinione?

Partirei da un’analisi criminologica basatasu circostanze oggettive: una lunga serie di omicidi consumati sul territorio, sfociati nelle ultime settimane in due esecuzioni di notevole rilievo. Quello di Claudia Iacono, nota nuora dello storico boss Moreno Gallo (ucciso nel 2013), e quello di Francesco Del Balso, capomafia di spicco a Montreal. Siamo di fronte ad un boss della cd. “componente siciliana” in Canada, anche se di recente in affari con la mafia dei motociclisti (free riders detti Hells Angels). Lo stesso Leonardo Rizzuto, rimase ferito in una sparatoria, riuscendo incredibilmente a salvarsi. La Iacono era invece la moglie di Antonio Gallo, figlio di Moreno Gallo, un tempo importante membro della cosiddetta “fazione calabrese” della mafia di Montreal, eliminato dai clan rivali dieci anni fa. Questi omicidi messi in fila credo parlino da soli.

Secondo lei quindi siamo di fronte ad una guerra solo per il potere?

Secondo me, incrociando i vari omicidi credo che a questo punto si possa proprio dire di sì. È nei fatti una guerra tra cosche locali. È bene precisare però che non sono affatto coinvolte Cosa Nostra e Ndrangheta come molti potrebbero essere indotti a credere. La faida si colloca, infatti, nell’ampio contesto delle piazze di spaccio e traffico degli stupefacenti, in cui i clan si contendono consistenti fette di “mercato” e ingenti guadagni. Non è un caso che siamo di fronte al nono omicidio dell’anno a Montreal e alla terza sparatoria eclatante legata alla mafia negli ultimi sessanta giorni. Nonostante il mercato sia ampio e i guadagni altissimi, i contendenti non riescono a trovare un accordo, per cui, l’unica via percorribile resta quella militare.

Non eravamo più abituati a una mafia che regolasse i conti con la violenza, cosa sta accadendo?

Le nuove mafie, di cui spesso parlo, hanno ormai incluso nel metodo mafioso la corruzione sostituendola dove sia possibile alla violenza e all’intimidazione. Ciò tuttavia non significa affatto che abbiano abbandonato la violenza. Quest’ultima è diventata l’extrema ratio quando tutte le vie diplomatiche messe in campo abbiano fallito. Paolo Borsellino sosteneva che l’uso delle armi da parte delle mafie fosse un sintomo di debolezza. In questo caso specifico ritengo che la violenza sia semplicemente la conseguenza del fallimento della via diplomatica. Una volta assestate le nuove posizioni di comando, tornerà la tranquillità e le mafie saranno nuovamente invisibili.

Secondo lei come si potrà evolvere questa faida in corso in Canada?

Penso ci saranno ancora regolamenti di conti fino a quando tra i contendenti uno avrà vinto. Questo non significa che il perdente scomparirà, ma soltanto che perderà il primato. Le mafie dopo una guerra avviano sempre e comunque la via diplomatica per stabilizzare i nuovi assetti. Dobbiamo soltanto augurarci che questa faida non degeneri ulteriormente lasciando sul terreno ancora tanti morti.

Secondo lei il Canada è ha gli strumenti idonei per affrontare questo tipo di situazioni e questa tipologia di mafia che torna a essere violenta?

Credo che la criminalità organizzata in Canada continuerà a porre in essere gravi minacce politiche, economiche, sanitarie e alla sicurezza pubblica attraverso il coinvolgimento in una serie di attività criminali. Il traffico illecito di stupefacenti, in particolare, continuerà a fornire ai gruppi della criminalità organizzata la principale fonte di guadagni illeciti. Sebbene il Canada abbia finora compiuto notevoli progressi nella lotta alle mafie, resta ancora molto da fare. La stessa Commissione Antimafia Canadese afferma che occorrerà al più presto un approccio strategico riguardante la lotta al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, l’attuazione di una strategia nazionale coordinata ed efficace contro le mafie più evolute, il rafforzamento del programma di protezione dei testimoni e dei collaboratori di giustizia e una maggiore formazione di polizia e magistratura nella gestione di casi complessi. Credo, tuttavia, che oggi nessuno Stato possa combattere da solo la moderna criminalità organizzata, per cui il ruolo della cooperazione internazionale diventa essenziale. Il Canada nei prossimi anni avrà bisogno di collaborazioni con i paesi ad alto rischio di criminalità mafiosa come l’Italia, gli Stati Uniti e la Colombia.

Vincenzo Musacchio, criminologo forense, giurista, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). È ricercatore indipendente e membro dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ottanta. È tra i più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali. Esperto di strategie di lotta al crimine organizzato. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto europeo di mafia albanese e i suoi lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche da commissioni legislative in ambito europeo.

Dal sito: www.rainews.it 

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