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Meno Neet, ma sempre troppi *

Due studenti di teologia discutono se sia lecito o meno fumare mentre si studia la Bibbia in seminario. Per avere un parere terzo su chi abbia ragione, decidono di andare dal loro padre spirituale.

“Padre – chiede il primo – è lecito fumare mentre si studia la Bibbia in seminario?”

“No di certo”, sentenzia scandalizzato il loro Padre spirituale.

Tornando indietro i due studenti commentano la risposta.

“Hai posto male la domanda” lo rimprovera il secondo studente. “Domani provo a rifargliela”.

Il giorno dopo il secondo studente incontra il Padre spirituale.

“Anche quando fumo è bene studiare la Bibbia?”

“È sempre bene studiare la Bibbia!”

Molte volte lo stesso fenomeno presenta contemporaneamente due aspetti contrastanti. È questo il caso delle ultime notizie a proposito dei neet (chi non studia e non lavora).

In questo giorni abbiamo appreso che il loro numero è sceso di un milione negli ultimi due anni e che oggi sono circa 2,1 milioni (dato Istat). Un milione in meno non è cosa da poco.  Un segnale importante e per certi versi sorprendente, in assenza di precise politiche mirate a incidere su questo fenomeno. Anche se, sullo sfondo, resta il fatto che questo dato, seppur in netto calo, inchioda comunque l’Italia al terzo posto in Europa per percentuale di Neet, dietro soltanto a Grecia e Romania. Un esercito di ben 2 milioni di giovani in queste condizioni rimane un numero enorme, soprattutto considerando che solo 700 mila di questi sono disoccupati, cioè persone che attivamente cercano lavoro ma non lo trovano, mentre 1,4 milioni hanno proprio smesso di cercarlo. In questo numero è racchiuso un disagio profondo, che incentivi economici o flessibilità normative concesse alle imprese non possono da soli risolvere. Perché occorre sottolineare anche questo, ossia che il grandissimo calo dei Neet, soprattutto dal 2021 a oggi, non dipende dalle politiche occupazionali del Governo, qualunque Governo si consideri, ma più semplicemente dalla ripresa dell’economia, che ha riattivato la domanda di lavoro anche a vantaggio dei più giovani.

 Nei fatti, sempre più imprese non utilizzano il contratto di apprendistato, non si è affrontato il tema dei tirocini, non si sta facendo nulla in termini di orientamento, la rivitalizzazione del nostro sistema educativo non è tra le priorità di nessun partito. I giovani sono sempre più lasciati da soli. Ma il tema non è delegabile alla sola politica. Non vi è nel Paese un’attenzione concreta a questi temi, il lavoro non è più oggetto di desiderio, ma solo fatica da cui fuggire, ci si aspetta che anche su questi temi intervengano le imprese. Speranza vana, anche perché le aziende non possono caricarsi sempre sulle spalle il peso delle carenze delle istituzioni e delle famiglie. 

Occorre uno sforzo ideale e collettivo. Guardiamo quindi con simpatia ai dati positivi che arrivano, ma senza dimenticarci che la strada è ancora lunga e che va progettata e implementata insieme. I neet sono una delle grandi sfide del mondo del lavoro. Dobbiamo rilanciare esperienze attive di orientamento e di formazione tecnica e professionale rivolta ai più giovani. Dobbiamo mettere il tema all’ordine del giorno.

Non ricordo più chi ebbe a dire che la vista col tempo migliora. Perché i giovani vedono meglio, ma gli anziani guardano lontano. Ma se questi smettono di farlo, anche chi vede bene non sa dove guardare.

 *da HRonline, n,8 2024

**Presidente ECA, Università Statale di Milano

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