«Lavoriamo a un modello sostenibile per l’intero Paese, basato sui nostri punti di forza: la capacità di esportare del sistema imprenditoriale e il livello elevato di risparmio degli italiani. Sono convinto che le condizioni ci siano. Utilizziamo questa discontinuità straordinaria per superare i nodi irrisolti del sistema».
Quanto tempo c’è a disposizione?
Più che interrogarci su quanto tempo abbiamo a disposizione credo sia il momento di concentrarci sulle decisioni che possiamo prendere subito. Cosi facendo ci troveremo preparati in autunno quando, ci auguriamo, l’emergenza sanitaria sarà superata. Dobbiamo contrastare la prospettiva di trovarci a fare i conti con un debito pubblico troppo elevato. Ricadrebbe tutto sulle prossime generazioni. Già oggi ogni bambino che nasce in Italia ha sulle spalle un debito consistente. E questo mentre la crisi dell’economia reale, delle imprese, provocata dall’emergenza sanitaria rischia di diventare crisi sociale. Le fasce del Paese che erano in condizioni precarie sono colpite dalla crisi e va evitato che l’emergenza diventi ancora più pressante. In gioco per questa parte della popolazione non c’è il benessere, ma la possibilità di una vita dignitosa. Questa è la priorità da affrontare.
Quali saranno le conseguenze?
La prospettiva è una forte accelerazione della crisi che nel giro di sei mesi potrebbe portare il numero delle persone in difficoltà gravi in Italia versoi 10 milioni. Una dimensione difficile da gestire.
Gli interventi del governo vanno nella direzione giusta?
Sta facendo quanto possibile sostenendo l’occupazione e garantendo liquidità alle aziende che ne hanno necessità. A nostra volta come Intesa Sanpaolo stiamo assicurando il massimo impegno a favore delle misure per l’erogazione della liquidità alle imprese, con garanzia pubblica. In pochi giorni le operazioni concluse e in via di completamento hanno raggiunto la cifra di 8mila. Certo, occorre considerare che il debito pubblico elevato del nostro Paese riduce gli spazi di manovra. Non siamo come Germania o Svizzera. Sono convinto che, nell’insieme, il governo stia reagendo bene all’emergenza. L’impianto complessivo dei provvedimenti c’è, sia pure migliorabile. In particolare, aggiungerei interventi a fondo perduto. I finanziamenti possono andare bene per superare le difficoltà del momento ma poi sono debiti, sia pure garantiti dallo Stato, che vanno restituiti. Il rischio è che gli imprenditori non vedano all’orizzonte una prospettiva di ripresa. È esattamente quanto occorre evitare. Per questo non basta tamponare le situazioni, occorre lavorare per il futuro, progettare il futuro attraverso una programmazione economica e sociale che incentivi la crescita demografica e sappia valutare le necessità del Paese.
Qual è la radice del problema?
Il nodo cruciale è il debito pubblico. Anche nel caso di un rimbalzo notevole del prodotto interno lordo nel 2021 e di una stabilizzazione della crescita intorno al l’1-2 per cento. Sarebbe un bel risultato. Impossibile fare meglio considerando i nostri fondamentali, a partire dall’anagrafe, perché l’Italia è un Paese con un numero sempre maggiore di anziani e un indice di natalità molto basso. Tuttavia dobbiamo essere consapevoli che, anche raggiungendo tale livello di crescita, da considerare un successo, il debito pubblico resterebbe comunque elevato. Come cercare di neutralizzarlo? In questa situazione non si può imporre alle famiglie italiane, anche a quelle con redditi da 100 mila euro, di pagare dazio con prelievi tipo imposte patrimoniali o sul reddito. Ugualmente non è accettabile pensare di fare affidamento soltanto alle soluzioni attualmente in discussione sui tavoli europei. Dobbiamo lavorare a misure in grado di farci ripartire basandoci sui punti di forza che abbiamo e che resteranno. Non possiamo pensare di uscire dalla crisi senza sciogliere nodi strutturali accumulati da decenni e mutualizzando il nostro debito a livello europeo. Non credo che gli altri Paesi siano disposti a farlo e non sarebbe neppure giusto.
C’è la possibilità di evitare il precipitare della crisi?
Occorre un progetto che preveda interventi a tutto campo, con cinque manovre portanti. Non vedo altre vie di uscita. Dobbiamo dimostrare di essere un Paese sano e virtuoso che rispetta la regola numero uno: i debiti vanno pagati. Questo vale per tutti i debitori, compresi gli Stati.
L’Italia potrà riuscirci?
La priorità è mettere in campo tutte le iniziative possibili per riportare il debito pubblico sotto controllo. L’Italia è ricca, molto più dell’Olanda e della stessa Germania. Stiamo parlando di 10 trilioni di euro, tra risorse delle imprese e risparmi delle famiglie. Il problema è che soltanto una parte minima risulta investita in titoli del debito pubblico italiano. In totale solo il 4 per cento dei titoli di Stato è nei portafogli delle famiglie italiane. E’ da qui che occorre cominciare per una svolta.
Cosa servirebbe?
Va messo a punto un nuovo strumento finanziario che serva al Paese per reggere l’urto dei mercati. Occorre creare le condizioni affinché gli italiani si convincano a spostare parte della loro ricchezza verso l’acquisto di titoli che potremmo chiamare bond sociali. Cosi ci sarebbe la possibilità, concreta, di far salire dal 5 al 10-20 per cento la parte del debito pubblico controllata dal risparmio privato italiano.
Quali potrebbero essere le caratteristiche dei bond sociali?
Rendimenti competitivi, sgravi fiscali, scudo penale per chi trasferisce capitali dall’estero trasformandosi da esportatore di capitali in propulsore della ripresa e dell’accelerazione della crescita italiana. Ci sono ancora 100-200 miliardi di euro dei risparmiatori italiani fuori dall’ ltalia. Ora è arrivato il momento di farli rientrare. I possessori potrebbero cosi dimostrare di credere nel proprio Paese. Destinare queste risorse all’acquisto dei bond sociali e al rifinanziamento delle imprese sarebbe un gesto apprezzabile e apprezzato. Nello stesso filone c’è il capitolo delle aziende che hanno trasferito la sede all’ estero per ottenere vantaggi fiscali. L’emergenza sociale e l’aumento della disoccupazione rappresentano l’opportunità di voltare pagina riportando queste aziende in Italia. È l’occasione per affermare l’orgoglio di essere italiani.
Può citare altre iniziative possibili?
La terza manovra è semplice. ln Italia vengono accantonati ogni anno 26 miliardi di Tfr, i trattamenti di fine lavoro. Perché non creare le condizioni affinché una parte venga investita in titoli pubblici esentasse? E ancora. Perché non lanciare un piano per la valorizzazione del patrimonio dello Stato e degli enti locali? Il progetto c’è e l’ho suggerito da tempo, senza particolare successo. Eppure la quarta manovra, il lancio di titoli che abbiano come sottoscrittori sia investitori istituzionali, sia famiglie e come sottostante immobili pubblici (scuole, caserme, sedi della pubblica amministrazione), permetterebbe di alleggerire il bilancio dello Stato con un altro effetto importante: avvicinare i cittadini al patrimonio immobiliare locale, che con le risorse raccolte potrebbe essere risanato e migliorato. La quinta manovra da fare è sbloccare gli investimenti su più fronti.
Quali?
Ne ricordo due. Ci sono 150 miliardi di fondi pubblici già contabilizzati per interventi sulle infrastrutture e nell’edilizia ma prigionieri della burocrazia. Faccio l’esempio dei porti, che vanno rafforzati perché sono decisivi per i collegamenti con la Cina e l’Estremo Oriente. Attiviamoci oggi. Se ci pensiamo tra un anno sarà tardi perché, nel frattempo, avremo perso quote di mercato importanti a vantaggio degli altri porti europei. L’altro filone da incentivare sono i 150 miliardi di europei promuovere la green economy, per la sostenibilità ambientale dei progetti di crescita. Non è possibile che non si riesca a farlo, che non si riesca a mettere queste risorse a disposizione di un processo di accelerazione della ripartenza. Aggiungo che, come Intesa Sanpaolo, siamo pronti a finanziarli. Sarebbe una spinta formidabile per il Paese.
La scommessa può essere vinta?
Ne sono certo. Siamo uno dei Paesi più ricchi al mondo, con un tema aperto: assicurare la sostenibilità del debito per dare una spinta alla crescita. Le cinque manovre valorizzano i punti di forza dell’Italia, permettendoci di trovare una via di uscita ed evitando di fare eccessivo affidamento alla Bce. ll progetto Italia è necessario per il futuro del Paese e può valere più degli eurobond. ll risultato sarebbe certo: il dimezzamento dello spread. Uno scenario ideale per scatenare la vera forza italiana: la piccola e media impresa che, quando il mondo ripartirà, ha le carte in regola per riprendere spazi vitali e regalarci soddisfazioni adeguate. Le imprese italiane hanno fatto un lavoro eroico e, se bene orientate, permetteranno una ripresa che potrà risultare eccezionale.
In che modo vanno aiutate?
Le aziende hanno bisogno di finanziamenti a fondo perduto. Per tenere in vita chi ha perso sei mesi di fatturato spesso non bastano aiuti che aumentano i debiti, perché i debiti vanno restituiti. Preservare la vitalità delle imprese è decisivo perché devono giocare una partita che va oltre l’Europa, sui mercati internazionali.
* Stralcio dall’intervista dell’Amministratore Delegato di Intesa S.Paolo al Sole 24 Ore