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Messori: “Il successo del PNRR può dare una svolta all’Europa”

ll Parlamento ha approvato il Recovery Fund. Come si sa non è stato un “parto”facile. Adesso comincia la grande sfida per costruire un futuro positivo per l’Italia e perl’Europa. Approfondiamo, in questa intervista, con il Professor Marcello Messori ilsignificato strategico per l’Italia e per l’Europa del PNRR. Marcello Messori èprofessore di Economia al Dipartimento di ‘Economia e Finanza’ della LUISS (Roma) eSenior Fellow della Luiss School of European Political Economy.

 

Professore, il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, dopo un parto assaicomplicato, è stato approvato ieri dal Parlamento. La Ue aveva fatto dei rilieviriguardanti la concorrenza e il fisco. Può spiegarci cosa riguarda inparticolare?

Come è ovvio, non ho informazione specifica riguardo alle interlocuzioni informali fra Commissione europea e Governo italiano in merito ai contenuti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Esaminando la parte del PNRR dedicata alle riforme, posso però sottolineare tre punti. Primo, questa parte compie rilevanti passi in avanti rispetto alla versione del PNRR di metà gennaio 2021, anche se la sfida rimane quella di attuare effettivamente le iniziative descritte in termini di riorganizzazione della Pubblica amministrazione, snellimento delle procedure giudiziarie e semplificazioni. Secondo, per fornire una valutazione specifica di ogni intervento di riforma disegnato nel PNRR, sarebbe necessario entrare nei dettagli; l’impressione da verificare è che, in vari casi, si privilegi l’aspetto quantitativo rispetto a quello qualitativo (organizzativo). Terzo, il capitolo dedicato alla concorrenza è ancora generico in quanto enuncia principi piuttosto che indicare impegni puntuali di riforma; vero è che taluni di tali impegni emergono dai progetti concreti (per esempio, quelli relativi alle telecomunicazioni). Vorrei infine notare che la riforma fiscale non può essere inscritta nel PNRR in quanto comporta impegni di bilancio permanenti (o, comunque, ben oltre l’orizzonte del 2026). Pertanto, non mi pare cogente valutare quanto è detto al riguardo nel PNRR.

 

Dunque c’è discontinuità del Piano Draghi con quello del Conte2?

Come ho già detto, vi sono forti elementi di discontinuità in termini di strategiagenerale e di attenzione alle riforme. Inoltre, le due direttrici dell’innovazione digitale e della transizione ecologica hanno contenuti più convincenti ed efficaci rispetto alla precedente versione del Piano. In particolare, nell’ambito delle innovazioni nel settore delle telecomunicazioni, le riforme e gli investimenti disegnati hanno segno opposto rispetto ai progetti proposti a metà gennaio 2021.

 

Quale idea di Italia propone il piano?

Questo è il punto più rilevante di novità rispetto alla versione precedente del PNRR. Specie se combinato con il Documento di Economia e Finanza (DEF) recentemente varato dal governo Draghi, l’attuale versione del PNRR risponde a una strategia ben definita: rafforzare il potenziale di crescita dell’economia italiana dilatando la spesa pubblica e utilizzando tutte le risorse europee, perché solo così sarà possibile rendere sostenibile sia la convergenza del nostro paese verso il nucleo forte dell’euro area sia la dinamica del debito pubblico rispetto al PIL. Si privilegia pertanto una forte spinta quantitativa agli investimenti pubblici e privati. Tale scommessa è rischiosa perché, se la selezione degli investimenti non sarà efficiente e se la loro realizzazione risulterà inadeguata, gli squilibri e i problemi dell’Italia si aggraveranno. Si tratta, comunque, di una scommessa forse inevitabile che ha, come essenziale garanzia, l’autorevolezza delle componenti governative che gestiscono la politica economica e l’uso delle risorse europee.

 

Per il direttore del Foglio, Claudio Cerasa, questo Piano di Draghi, è un capolavoro neoliberista. Non trova esagerata questa affermazione?

La chiave di lettura del direttore del Foglio è interessante, ma non mi sento di condividerla per almeno tre ragioni. Primo, non penso che la ‘ricetta’ efficace per avviare l’economia italiana su un sentiero di sviluppo sostenibile sia il neo-liberismo: i processi di innovazione, la conseguente riorganizzazione dell’apparato produttivo e le necessarie protezioni sociali richiedono una complessa combinazione fra intervento pubblico, efficiente funzionamento dei mercati, appropriata regolamentazione e efficace spesa sociale che è incompatibile con lo schema del neo-liberismo. Secondo, l’opzione neo-liberista (peraltro mai realizzata in Italia) non trova riscontro in molte parti del PNRR; come si è già detto, la parte dedicata alla concorrenza è molto generica; le semplificazioni sono attente ai vincoli e agli assetti istituzionali. Terzo, l’approccio neo-liberista non si afferma neppure per la sua componente più positiva: l’eliminazione delle protezioni pubbliche alle pervasive posizioni di rendita che connotano il nostro paese. Anche nella sua attuale versione, il PNRR include troppi progetti; e alcuni di questi progetti sono troppo esigui e troppo contingenti per accrescere l’efficienza dei mercati. Vi è poi il rischio che tale tendenza si rafforzi rispetto ai progetti finanziati dal fondo nazionale, costituito in parallelo al PNRR.

 

Parliamo della sei missioni del Piano: digitalizzazione, innovazione, competitivitàe cultura, rivoluzione verde e transizione ecologica; istruzione e ricerca ;inclusione sociale e coesione. Le chiedo:. Secondo lei tutte queste missionisono ben armonizzate? Oppure invece c’è una sproporzione. Per esempio sulSistema Sanitario, che in questa pandemia ha mostrato eccellenze ma anchelimiti enormi, non si poteva prevedere più risorse?

Non mi presterò al gioco di correggere l’allocazione delle risorse fra le sei missioni perché questo sarebbe giustificato solo se il PNRR declinasse la chiara strategia macroeconomica, su cui si fonda e di cui abbiamo già discusso (spinta alla crescita mediante spesa pubblica), in un insieme ordinato di obiettivi microeconomici. Viceversa, questa ulteriore declinazione più microeconomica non è resa esplicita, ossia non vi è una chiara gerarchia in merito alle priorità da perseguire per massimizzare il tasso macroeconomico di crescita; pertanto, sarebbero possibili e ragionevoli molte allocazioni oltre quella fissata dal PNRR. Ciò mi spinge a formulare due sole constatazioni. Primo, il PNRR soddisfa pienamente le soglie minime europee in termini di risorse destinate alla transizione ecologica e all’innovazione digitale. Qui la scommessa per l’Italia sarebbe quella di saldare le due componenti. Il PNRR compie qualche passo promettente in questa direzione; sarebbe stato ancora più efficace se avesse inserito, per esempio, gli investimenti ‘verdi’ nell’alta velocità e nei trasporti locali come fattore essenziale per la realizzazione di progetti di agglomerazione territoriale per le innovazioni digitali. Secondo, le risorse destinate al capitolo sulla sanità sono probabilmente inadeguate. Va, tuttavia, considerato che l’Italia ha ancora la possibilità di accedere alle risorse ‘non condizionate’ offerte dallo speciale fondo sanitario dell’ESM; e che molte traiettorie innovative nella produzione di ‘beni’ sanitari possono rientrare nella missione dedicata alle innovazioni.

 

Sappiamo che il Piano cammina se si fanno riforme strutturali che consentono di attuarlo. Quale delle riforme previste è la più urgente?

Faccio fatica a definire il termine ‘strutturale’, se riferito alle riforme. In ogni caso, credo che la realizzazione del PNRR richieda soprattutto riorganizzazioni puntuali della Pubblica amministrazione e un’efficace combinazione fra riforme pro-concorrenza e non distorsiva regolamentazione dei mercati in modo da superare i blocchi costituiti dalle pervasive posizioni di rendita che affliggono l’economia italiana. A quest’ultimo riguardo, il PNRR risulta debole.

 

L’Italia, in Europa, non ha una bella fama nell’ambito della buona capacità dispesa per i progetti europei. Una volta presentato, a Bruxelles, il Pnrr dovremoaffrontare il tema di come “mettere a terra” queste risorse. Un tema enorme.Come superare questo problema?

Si tratta della giusta osservazione che non basta redigere un PNRR, che risponda alle esigenze europee e che prometta il superamento di alcuni dei ‘colli di bottiglia’ nazionali. L’attuale versione del PNRR soddisfa ambedue i requisiti, nonostante i punti problematici sopra discussi. La sfida ancora più difficile è di realizzare i progetti disegnati, secondo i tempi e nei costi fissati dal PNRR. A tale proposito, sarà importante valutare la governance del PNRR che, tuttavia, necessita di dettagli essenziali. Come è noto, tali dettagli saranno definiti dopo l’invio del PNRR alla Commissione europea.

 

Ultima domanda: Lei è un europeista le chiedo: questo passaggio sul RecoveryFund può diventare strutturale per l’Europa? Ovvero si supererà definitivamente la mentalità frugale?

L’Italia è il maggior beneficiario, in termini assoluti, sia del “Recovery andResilience Facility” (RRF) che del Next Generation – EU (NG-EU). L’approvazione da parte del Consiglio della Unione europea del PNRR di tutti i paesi dell’UE rappresenta il passaggio essenziale per l’accesso ai fondi del RRF che, in totale, ammontano a quasi il 90% di quelli di NG-EU. Non è pertanto esagerato affermare che la possibilità di trasformare il NG-EU o il RRF nel primo passo di un’unificazione fiscale (e non più solo monetaria) dell’Unione europea è legata al successo del PNRR italiano in termini di disegno e – soprattutto – in termini di esecuzione. Pertanto, prima di preoccuparci degli ostacoli che saranno posti da alcuni paesi del Nord-Europa, dobbiamo acquisire la consapevolezza che l’Italia ha la responsabilità di aprire questa prospettiva di evoluzione europea. Sarebbe imperdonabile non sfruttare l’occasione.

 

Dal Sito: 

http://confini.blog.rainews.it/2021/04/28/il-successo-del-piano-nazionale-di-ripresa-e-resilienza-puo-dare-anche-una-svolta-alleuropa-intervista-a-marcello-messori/

 

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