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Myanmar, campo da gioco dei grandi autocrati

Il Myanmar, incastrato tra Cina e India, ha attirato sempre più l’interesse di Putin e del vassallo Lukashenko, entrambi alleati di Pechino, con l’obiettivo di costruire una alleanza globale per un sistema multipolare, antioccidentale e antidemocratico. 

Un progetto di dominio strategico del mondo che mira non solo a consolidare il Myanmar come stato autoritario, vassallo, ma soprattutto ad usarlo come trampolino di lancio per i propri interessi geopolitici nel Sudest asiatico. 

I porti sono in fase di sviluppo in Myanmar, come il porto profondo di Kyaukphyu, fortemente voluto da Pechino nello Stato Rakhine, a poca distanza dall’INS Varsha, quartier generale del Comando navale orientale dell’India, progettato per ospitare sottomarini a propulsione nucleare, e il porto profondo pianificato da Putin nel sud del Myanmar, a Dawei,  che diventerà il più grande polo industriale e commerciale dell’Asia sudorientale.  

Questi porti non saranno solo corridoi economici; ma potenziali avamposti militari, basi navali o logistiche, consentendo a Cina e Russia di proiettare la propria potenza militare nell’Oceano Indiano e trasformando il Myanmar  in un trampolino per operazioni militari, di spionaggio o di attività informatiche, verso il Mar Cinese Meridionale e oltre, mettendo a repentaglio la libertà di navigazione, la stabilità regionale e il diritto internazionale.

Lo scorso ottobre Myanmar ha condotto esercitazioni navali con la Cina, e a novembre esercitazioni navali con la Russia, oggi principale partner di difesa del Myanmar, superando la Cina. Agli inizi di maggio di quest’anno, l’ambasciatore birmano all’ONU, ha denunciato che la giunta militare intenderebbe usare a scopi militari la centrale nucleare, che l’agenzia atomica russa Rosatom sta progettando vicino alla capitale Naypyidaw.

Dopo oltre tre mesi dal violento terremoto, che ha devastato una vasta area del paese, nonostante le enormi donazioni raccolte, mentre la maggioranza della popolazione non ha ricevuto i necessari aiuti e sopravvive ancora in tende di emergenza, la grande preoccupazione del capo della giunta è quella di riconquistare una impossibile legittimità internazionale. 

Per questo ha deciso di indire elezioni illegali il prossimo dicembre, il cui riconoscimento dipende dal rafforzamento delle alleanze internazionali. Una strategia che, seguendo l’esempio dell’amico Putin, ha bisogno da un lato di strangolare la resistenza democratica, che controlla oltre il 60 % del paese, bombardando a tappeto persino le aree del terremoto, e incendiando villaggi, scuole, ospedali, monasteri pieni di sfollati. Dall’altro ha bisogno di mostrare un volto rassicurante a livello internazionale. 

Così, tre giorni dopo il violento sisma, Min Aung Hlaing, è volato a Bangkok, per il vertice dei paesi BISMEC, dove dopo quattro anni di isolamento, ha preso parte alla foto opportunity con i primi ministri di Thailandia, India, Bangladesh, Sri Lanka e Buthan.  Bingo!

Poi a giugno, senza interrompere i bombardamenti, ha organizzato il “Forum per la Pace” alla presenza di diplomatici ed “esperti internazionali” dei paesi amici, tra cui Alexander Dugin, stratega di Putin. Senza attenderne le conclusioni, è volato in Russia e poi in Bielorussia, dove, nel quadro dell’Eurasian Economic Union (EAEU) ha firmato accordi economici e per la fornitura di armi e droni, fondamentali a bombardare i villaggi che può raggiungere via terra con le sue truppe.  

La prospettiva delle elezioni ha riacceso anche l’iniziativa dei cosiddetti esperti, diplomatici, accademici pseudo negoziatori di pace che vedono prospettarsi un nuovo spazio per strategie mediatorie, post elezioni, rifiutate dalla maggioranza della popolazione, che lotta per un cambiamento sistemico con un controllo civile, sulle forze armate, un governo democratico e federale e la perseguibilità dei responsabili dei crimini di guerra e contro l’umanità. 

Nessuno nella resistenza democratica vuole un ritorno allo status quo pre-golpe, nel quale i militari hanno il controllo politico ed economico sul paese. Così, l’opposizione alle elezioni illegali e all’alleanza della giunta militare con i paesi autocratici sarà fondamentale per ostacolare la costruzione di un polo di potere regionale autoritario, che potrebbe minacciare non la sovranità dei paesi confinanti, destabilizzare la sicurezza regionale e sfidare il già più che precario ordine internazionale. 

A rafforzare la giunta, ci si è messo anche Trump, con l’invio della lettera ciclostile sui dazi, che così come è stata scritta, ha di fatto riconosciuto l’autorità della giunta, offrendo un grande assist ad un paria come il generale golpista.  Ma questa è un’altra storia.

*Segretaria Generale ITALIA-BIRMANIA.INSIEME

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