Conferenza mondiale dell’Onu sui cambiamenti climatici Cop25 in corso a Madrid rischia un nulla di fatto. I quasi 200 Paesi riuniti nella capitale spagnola non hanno finora trovato un compromesso accettabile sui temi più complessi e divisivi, a cominciare dall’articolo 6 dell’Accrdo di Parigi sulla regolazione globale del mercato del carbonio, che rappresenta uno dei nodi più complicati da sciogliere. Nonostante la trattativa a oltranza, infatti, le posizioni sono al momento molto distanti e le questioni più critiche dovrebbero essere a questo punto rinviate all’appuntamento di Bonn nel giugno 2020.
I nodi del negoziato
La plenaria che si è aperta nella mattinata di domenica 15 dicembre e che avrebbe dovuto assicurare il via libera al documento finale, dovrebbe quindi sancire l’assenza di un’intesa sui tasselli più importanti che sono tre: il mercato dei crediti del carbonio, come detto, la cosiddetta “ambizione”, cioè l’aumento da parte di ciascun paese degli impegni nazionali (sottoscritti nel 2015 a Parigi) per il taglio dei gas serra (Ndc) entro il 2030 e, infine, gli aiuti per le perdite e i danni subiti dai Paesi vulnerabili (loss and damage).
Le richieste dei Paesi vulnerabili
Gli impegni dei singoli governi (che devono essere in linea con l’innalzamento medio della temperatura globlae di 1,5 gradi entro 2100 rispetto al periodo preindustriale) vanno presentati alla Cop 26. Ma lo scontro nasce dal fatto che gli Stati vulnerabili chiedono la garanzia che questi sforzi siano formalizzati entro ottobre 2020 al segretariato dell’Unfcc (la Convenzione quadro dell’Onu sui cambiamenti climatici), in modo da preparare un rapporto per la Cop 26 (che si terrà a Glasgow l’anno prossimo) e valutare così l’eventuale gap tra gli impegni trasmessi e quelli necessari per centrare gli obiettivi.
Anche l’Italia ancora al palo
Già 73 Paesi li hanno definiti o hanno indicato l’intenzione di rafforzarli, altri 11 hanno invece avviato il processo. Quanto all’Italia, al momento non è nella lista ma il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha assicurato «che il nostro Paese ci vuole essere, ci deve essere».
La spaccatura sul mercato dei crediti del carbonio
L’altro nodo riguarda la regolazione del mercato globale del carbonio. C’è infatti ancora una grande distanza sul meccanismo di calcolo: i Paesi sono spaccati in due perché c’è chi vorrebbe un “doppio conteggio” sia a carico di chi vende e di chi compra. E, dunque, la spaccatura ha impedito alla trattativa a oltranza di trovare un punto di caduta condiviso sul meccanismo di valutazione.
La posizione degli Usa
L’ultima tassello su cui, al momento, non c’è intesa è quella della revisione degli aiuti per i “loss and damage” (perdite e danni) subite dai Paesi più deboli. Questi ultimi chiedono infatti 50 miliardi di dollari l’anno fino al 2022, da aggiungere ai 100 miliardi l’anno al 2020 ed estesi almeno al 2025 per una ricostruzione e una ripresa economica. Ma gli Stati Uniti, che pure hanno avviato l’iter per uscire dall’accordo di Parigi, stanno ostacolando il confronto su questo punto e non vogliono che ci sia alcuna richiesta di garanzie nei loro confronti.
Il mancato accordo ha naturalmente scatenato la delusione di tutti i movimenti ambientalisti da Greenpeace, che parla di «esito inaccettabile» al Wwf, fino a Legambiente. E anche Greta Thunberg, la giovane attivista ispiratrice del movimento “Fridays For Future” ha espresso tutto il proprio rammarico su Twitter: «Sembra che la Cop 25 stia fallendo proprio ora. La scienza è chiara, ma viene ignorata. Qualunque cosa accada, non ci arrenderemo mai. Abbiamo appena iniziato».
*24 ore news 15/12/2019