In poche settimane le quotazioni delle crypto monete (ovvero quanto costa dotarsi d’un gruzzolo di moneta digitale con la stessa carta di credito con cui ordini la pizza per la sera) sono crollate di due terzi, cosicché chi a suo tempo ne ha acquistati mille euro ora fatica a rivendersele a trecento. I settecento euro mancanti sono finiti nel frattempo in tasca agli elargitori di Bitcoin e a chiunque, subodorando il crollo, se ne sia liberato a spese dei gonzi ultimi arrivati. Su questi, ha ragione Paul Krugman, si è scaricato, come in ogni piramide di Ponzi, l’intero peso della truffa.
Quanto sta accadendo alle crypto valute ci pare analogo alla vicenda dalla crescita allo schianto del Movimento 5 Stelle. Nascono pressoché contemporanei, a ridosso della crisi di politica e finanza venuta a galla nel 2008 con il fallimento Lehman Brothers e la “scoperta” che Wall Street era la Tortuga della truffa. A settembre del 2007 Grillo inscenava a Bologna il “vaffa day”, nel 2008 appariva il primo progetto di “moneta elettronica” fondata sull’allora misteriosissima blockchain, nel 2009 il Bitcoin era operativo e trovava i primi timidi acquirenti e nello stesso anno veniva fondato il Movimento da Grillo e Casaleggio che, senza bisogno di blockchain, ci metteva la sua parte di magheggi futuristi e internettiani.
La sovrapposizione cronologica non è casuale perché crypto e Movimento erano evocati dalla protesta contro i padroni del vapore, banche e politici, e proclamavano entrambi una sorta di secessione rispetto all’esistente. Le crypto si proponevano come non-moneta, libro dei conti ancorato alla blockchain al punto da lasciare a becco asciutto la intermediazione delle banche nei trasferimenti di valore; il Movimento disintermediava anch’esso a modo suo, proclamando il “tutti a casa” verso politici e banchieri.
La crisi delle secessioni parallele
Dopo una vicenda durata poco meno di tre lustri, la non-moneta e il non-partito scontano le contraddizioni delle rispettive secessioni.
I giovani sistemi di crypto monete non sono riusciti a rendersi davvero indipendenti rispetto alle dinamiche della finanza e delle banche, ma non per la rocciosa resistenza dei bacucchi, bensì perché fra il loro mondo di automatici e infallibili registri e il mondo dei conti correnti e delle banconote esiste un ponte non eliminabile perché vi transita la valuta ufficiale che corre a scambiarsi con l’equivalente in crypto e quella che all’opposto se ne scappa per cambiare in valuta corrente le crypto che possiede.
Sicché appena il flusso d’ingresso si smagrisce perché i soldi ufficiali hanno altrove dove spendersi (metti le guerre oppure la corsa nello spazio) cala la domanda delle crypto, scende il rapporto a cui si scambiano e chi fino allora ha accumulato crypto si trova a svendere il peculio. Pessimo per il portafoglio, ma ottimo per il cervello dei crypto entusiasti quando scoprono che nell’economia tutto si tiene e che a promettere di ritagliare un pezzo di realtà immune dall’ambiente circostante si fonda, senza scomodare Menenio Agrippa e le sue fole interessate, la premessa sicura d’una truffa.
Analogamente il Movimento 5 stelle è riuscito per un paio di lustri a “stare fuori” capitalizzando le “invettive” e recintandosi in quel gergo fra setta e naïveté che gli garantiva la maschera d’alieno. Ma il ponte di collegamento verso la concretezza del Paese era pronto fin dal primo istante a risucchiarlo costringendolo a pagare il cambio fra chiacchiere e “politiche”, fra il riempire le platee e comporre i punti di vista interessati che l’affollano, fra il Movimento e un Partito immerso strutturalmente nell’elettorato per trasudarne e negoziarne gli interessi.
Di fronte a questa sfida Grillo ha scansato il calice del “partito” e ha pensato di cavarsela tenendo desta l’attenzione come il Nerone di Petrolini alle prese con le folle sottostanti. Di tanto dire, alla fin fine, solo il Reddito di Cittadinanza ha piantato un fiore dove serviva comunque una foresta riuscendo a mettere radici in urgenze autentiche unite alla rivalsa dell’intero Meridione. Così dopo l’incendio di consensi del ’18 il resto è stato spegnimento e il capitale elettorale è rifluito donde negli anni precedenti s’era mosso: l’astensione, il cattivismo, l’idealismo autoreferente, i furbi di paese.
Il rischio residuale
Parallelo fra le cryptocoin e M5S è anche il rischio che le rispettive crisi spediscano in soffitta, insieme con le ubbie, anche i bisogni d’Internet e Politica diverse.
Il tonfo-truffa delle crypto monete sparge il sospetto anche sulla tecnologia blockchain che le struttura. Ed è un gran guaio perché al momento è l’unica in grado di creare spazi di Internet sostanzialmente differenti rispetto a quella di cui conosciamo difetti e pregi in quanto espansiva e piena di scoperte, incerta sul confine tra l’autentico e il tarocco, ma soprattutto coincidente col business di un pugno di giganti (Google e Meta, in primo luogo) che stanno come ragni al centro della tela di servizi di ricerca, posta e social.
La blockchain, per contro sviluppa il decentramento dell’intelligenza di sistema secondo il modello peer-to-peer del rapporto orizzontale e diretto fra gli utenti e con le risorse di calcolo sparse nei PC delle famiglie. Non per gareggiare con l’Internet delle Big Tech, perché ricerca, posta e social sono prodotti che traggono vantaggi da simili strutture monocentriche. Ma offrendo il destro a sviluppi e “distruzioni creative” molecolari nei campi della comunicazione, forse anche riguardo alla ricerca, certamente che nel rendere diretto il rapporto fra molti produttori e la clientela. Avendo capito, da parte di chi si butta a fondare le start up e le varie applicazioni che si è consumato il passo frenetico della corsa all’oro ed è la volta invece di quello più costante e soppesato che si modella sulle strutturali convenienze degli individui e delle imprese.
Continuando il racconto in parallelo, anche la crisi del Movimento 5 Stelle sta travolgendo due cose che si tengono e non meritano affatto di finire in sepoltura: l’impegno politico “civile”, distinto e complementare rispetto alla politica professionale; il valore degli scambi politico-culturali su piattaforme tecnologiche osmotiche alle strutture dei Partiti organizzati.
Nel Movimento 5 Stelle e nelle fantasmagorie di Casaleggio, c’era comunque l’intuizione di quanto sia essenziale alla democrazia il nesso fra gli eletti e gli elettori, non bastando le trombe delle ricorrenze elettorali (per non dire del tormentone dei talk show). Per cui, se il rimedio della “democrazia diretta” è una scemenza anche se avviene col marchio di Rousseau, non lo è affatto l’esigenza di dare agli individui e agli interessi il modo di riconoscersi e colloquiare con l’uso di strumenti comodi, onesti ed efficaci.
E qui, guarda il caso, rispunta la blockchain che per struttura intrinseca repelle dai tarocchi, dalle identità fasulle, dall’invasione degli spam bot cui sono invece tanto vulnerabili le strutture dell’Internet Big Tech. Negli USA, dove sempre il meglio e il peggio s’accompagnano, da un lato schiantano le crypto, dall’altro sorgono con la medesima tecnologia gruppi tostissimi di giornalismo attivo che accelerano la produzione cooperativa di pensieri politici incisivi.
Com’è regola, conviene non sprecare l’occasione di senso catastrofica. Tanto più se doppia e parallela.
*da Domani, 24/06/2022